È passato ormai un anno dalle elezioni regionali che hanno visto il trionfo del centro destra e di Roberto Occhiuto alla guida della nostra Regione.
Tra i nodi più intricati da sciogliere, che il Governo regionale si è trovato davanti, c’è sicuramente quello della sanità. Un sistema sanitario al collasso, senza alcun tipo di principio o di fine. Commissariato dal duemila dieci, ben dodici anni, preda succulenta per le classi politiche clientelari che si sono succedute nel corso degli anni.
Tutto questo è stato, per l’ennesima volta, messo in risalto dalla trasmissione di Italia 1 “Le Iene”, che nella puntata di martedì 11 ottobre, tra i tanti temi si è occupata anche della sanità calabrese.
Dire che lo spettacolo che si è materializzato agli occhi del telespettatore è indecente, è dire poco.
Certo la Calabria non è solo quella mostrata nel servizio. Anche noi abbiamo i punti di eccellenza, anche noi abbiamo personale qualificato nelle strutture, ma quello mostrato dalle Iene è purtroppo la realtà dei fatti, in gran parte delle nostre strutture sanitarie. Menefreghismo, pressapochismo e non rispetto dei compiti per i quali si è stati assunti. Cittadini costretti ad attese infinite anche per un semplice prelievo o ad una visita di controllo, a vantaggio della sanità privata che ovviamente naviga in ottime acque.
Come dare torto poi, se i concorsi vanno deserti, se come sede di lavoro si rischia di essere destinati in una struttura fatiscente, dove le basilari regole di sicurezza sono del tutto assenti? Chi di noi vorrebbe lavorare in un posto come l’ospedale di Scilla ad esempio. Vuoi mettere lavorare in strutture come il San Raffaele, il Gemelli o qualsiasi altro posto che non sia un ospedale calabrese?
C’è poi la questione dell’eccesso di medici nell’Asp di Reggio Calabria. Com’è possibile che in una Regione dove stanno per arrivare 500 medici da cuba, ci sia un’Asp che conta 1200 medici a vario titolo per soli 220 posti letto. Forse una redistribuzione su base regionale potrebbe tamponare, almeno temporaneamente, la carenza di personale. Sempre che si tratti di medici. Perché quelli visti nel servizio tutto sembrano essere tranne che medici.
La patata della sanità è davvero bollente e i tanti troppi anni di commissariamento e clientelismo, l’hanno resa del tutto ingestibile e forse insanabile.
Purtroppo quando la cosa pubblica viene scambiata come una macchina produttrice di false promesse, posti di lavoro e non di governo e di benessere per i cittadini, questo è il risultato. Uno spettacolo indecente.
Spiace dirlo ma la colpa è anche di noi gente di Calabria: diciamocelo, ci piace piangerci addosso continuando a preferire il servilismo alla libertà. Tanto le cose non cambieranno mai, ripetiamo come un mantra, ma se avessimo il coraggio di reagire, forse tutto questo potrebbe cambiare. Reagire però significherebbe anche doversi “sudare” le cose, che sia il posto di lavoro o altro, e questo tanto conveniente potrebbe non essere.
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