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Inchiesta “Reset”, il risultato del Riesame e il futuro della comunità cosentina

Annullato circa il 15% delle ordinanze. L’accusa regge davanti al Tribunale della libertà. Gli sviluppi dell’inchiesta della Dda di Catanzaro

Pubblicato il: 12/10/2022 – 6:59
di Fabio Benincasa
Inchiesta “Reset”, il risultato del Riesame e il futuro della comunità cosentina

COSENZA Oltre 200 arresti, coinvolti pezzi grossi della mala cosentina, i gruppi storici che gestiscono i business illeciti a Cosenza e nell’hinterland bruzio e ancora amministratori, imprenditori e assessori comunali. L’inchiesta denominata “Reset“, coordinata dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, è esplosa nel mese di settembre. Un terremoto giudiziario che ha scosso l’intera comunità cosentina e offerto uno spaccato (talvolta) inquietante. Una zona grigia che avrebbe inquinato costantemente l’economia legale di interi territori. L’associazione criminale ‘ndranghetistica – sottolineano i magistrati antimafia di Catanzaro – «si avvale della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva allo scopo di commettere una serie eterogenea ed indeterminata di delitti». E qui il riferimento chiaro è a tutti coloro che avrebbero contribuito ad arricchire il patrimonio e la forza dei sette gruppi criminali appartenenti ad un vero e proprio “sistema”. Nel lungo elenco di reati non manca nulla: estorsioni, usure, esercizio abusivo del credito, danneggiamenti, reati in materia di armi e munizionamento, delitti contro la persona, contro il patrimonio, contro la Pubblica Amministrazione, traffico di stupefacenti, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza delittuosa in attività economiche, intestazione fittizia di beni. E nel calderone è finito anche il libero esercizio del voto, in particolare in occasione delle consultazioni elettorali del comune di Rende del maggio 2019, con contributo diretto – secondo l’accusa – da parte della cosca D’Ambrosio e di altri associati «per il prevalere della lista che ha sostenuto la candidatura a sindaco di Rende di Marcello Manna», oggi “sospeso” ma tornato in libertà dopo che il Riesame ha deciso di accogliere il ricorso presentato dai legali Carratelli e Caiazza. Per Manna erano stati disposti i domiciliari, a Rende si è insediata la terna commissariale che avrà il compito di verificare eventuali ingerenze della criminalità nella macchina amministrativa.

Gli esiti del Riesame

L’accusa ha sostanzialmente retto in questa prima fase. Il Tribunale della libertà ha deciso di annullare le ordinanze emesse nei confronti di alcuni indagati. Un dato che si avvicina ad una percentuale del 15%. È il caso, ad esempio, di Alberigo Granata (dal carcere in libertà), accusato di associazione a delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio. Tuttavia, resta in piedi nei suoi confronti l’accusa di intestazione fittizia di beni. E ancora, hanno lasciato il carcere Andrea Bruni, Oscar Fuoco, Mario Perri, Remo Florio ed altri. Annullamento della misura degli arresti domiciliari per Rosina Arno, Maria Rosaria Ceglie e altri indagati.
Restano in carcere e dunque il Riesame ha respinto i ricorsi per le ordinanze emesse nei confronti di Roberto Porcaro (uno dei vertici della cosca Lanzino), Andrea Mazzei (secondo l’accusa, avrebbe aiutato uno dei “gruppi” malavitosi di Cosenza a lucrare sui fondi della misura “Resto al Sud”,), Francesco De Cicco, assessore comunale “sospeso” di Cosenza, l’imprenditore Ariosto Artese e i fratelli Michele e Umberto Di Puppo, al vertice dell’omonimo gruppo criminale.
In attesa di conoscere il proseguo giudiziario dell’inchiesta, sarà opportuna una profonda analisi da parte degli organi sani dell’hinterland bruzio. Un territorio che mostra l’evidente necessità di riscattarsi, eliminando o quantomeno contenendo le sacche tossiche e inquinanti. Non sono accettabili le richieste estorsive nei confronti di commercianti ed imprenditori, alcuni dei quali hanno mostrato i muscoli scegliendo di non piegarsi dinanzi alle reiterate e minacciose richieste di pagamento riferite alla “tassa non dovuta”, il pizzo. Ridare speranza a chi ha deciso di investire in Calabria, di vivere quasi in trincea, pare doveroso. Così come è opportuno segnalare coloro che scelgono di assecondare il crimine, di sposare condotte illecite, di provare l’esperienza criminale che rende schiavi delle organizzazioni egemoni sul territorio. (redazione@corrierecal.it)

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