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Demansionamento e trasferimenti “punitivi”, Eni condannata dal Tribunale di Crotone

Un ingegnere vince contro il colosso dell’energia. «Danno da straining», l’ente deve risarcire 14.500 euro. Le motivazioni della sentenza

Pubblicato il: 13/10/2022 – 10:32
Demansionamento e trasferimenti “punitivi”, Eni condannata dal Tribunale di Crotone

CROTONE Una serie di comportamenti scorretti che, seppur non si traducano nell’ipotesi di mobbing, hanno portato alla condanna di Eni nel giudizio promosso da un dipendente, A. S. (difeso dall’avvocato Giulietta Catalano), davanti al Tribunale di Crotone. I fatti accaduti tra il 2012 e il 2016 – il trasferimento presso la sede di San Donato Milanese, l’allontanamento presso la sede di Eni Algeria, il ritardato rientro in servizio presso lo stabilimento della Ionica gas di Crotone, il demansionamento – compongono il quadro che porta alla condanna del colosso degli idrocarburi per un totale di 14.563 euro. 

Il danno da straining

Per il giudice non si può parlare di danno di mobbing ma da straining – l’adozione di condizioni lavorative “stressogene” seppure non vi sia un intento persecutorio idoneo a unificare gli episodi in modo da potersi configurare una condotta di mobbing. Si tratta di una fattispecie definita «più tenue» (rispetto al mobbing) nelle motivazioni della sentenza. In ogni caso, «la dequalificazione professionale subita dall’ingegnere S., lungi dall’aver trovato giustificazione in processi di riorganizzazione aziendale (…) ha avuto un’intensità tale da essere stata intercettata da tutti i colleghi di lavoro e, all’esito dell’espletata Ctu medico-legale, è stata ritenuta causalmente ricollegabile alla condizione di stress e di frustrazione personale e professionale» riscontrata sul ricorrente.

Il demansionamento

Qualche esempio: i documenti provano che A. S., «al suo rientro presso la sede della Ionica gas di Crotone, in data 22.10.15, fosse stato assegnato alla mansione di “Specialista Controllo Impianti”». Il fatto è che «nonostante avesse ottenuto la posizione di “specialista controllo impianti”, di fatto, veniva svuotato finanche di questo ruolo tecnico». Lo provano, per il Tribunale di Crotone, le testimonianze riportate nel giudizio. 
«Al rientro in sede presso Ionica Gas – dice uno dei colleghi –, non ci è stato comunicato da alcuno dei dirigenti dell’azienda le mansioni specificamente svolte dal ricorrente, né tantomeno ci è stato comunicato, in presenza di specifiche problematiche, di rivolgerci all’ingegnere S. in qualità di Specialista». Un altro testimone, invece, spiega: «So che ha svolto un periodo di lavoro all’estero, poi tornato nella sede di Crotone. Al rientro non era più responsabile di unità ed è stato assegnato ad altro reparto della manutenzione». Tutti i testi sentiti, insomma «hanno confermato di non essersi mai interfacciati, per il periodo oggetto di causa, con l’ingegnere S. nella sua qualità di “Specialista Controllo Impianti”».
Non passa neppure la versione dell’Eni secondo la quale il dipendente «avesse in realtà svolto compiti di “Focal Point contract administrator”, del tutto equiparabili alla categoria di appartenenza». Questa ricostruzione, infatti, «non ha trovato alcun riscontro probatorio, non solo perché tramite la comunicazione aziendale del 19/10/2015 (cfr. doc.17 fascicolo ricorrente) S. veniva formalmente investito del ruolo di “Specialista Controllo Impianti” senza riferimento alcuno alla mansione di contract administrator, ma soprattutto perché, come dedotto dalla stessa resistente nella memoria di costituzione, “non esiste una posizione professionale denominata contract administrator” e, conseguentemente, un parametro astrattamente utilizzabile da questo giudice per valutarne l’equivalenza delle mansioni rispetto allo stesso livello e categoria legale di inquadramento di Specialista Controllo Impianti». 

La determinazione del danno

Riguardo alla determinazione del danno, il giudice «condivide le argomentazioni poste alla base della consulenza tecnica redatta dal Ctu, cui l’Ufficio ha richiesto di quantificare la lesione dell’integrità personale del ricorrente – per l’ipotesi di sua riconosciuta derivazione dalle condotte datoriali – in forza della quale “il presunto demansionamento, a cui l’interpretazione del giudicante darà la definitiva interpretazione, è compatibile ed idoneo, secondo la criteriologia medico-legale, a provocare la patologia in diagnosi, non essendosi evidenziato che il signor A. S. soffrisse di forma ideopatica o già presente, in considerazione della proporzionalità rispetto alla comprovata valenza psico-traumatica dell’evento lesivo riferito”, con conseguente accertamento in capo all’ingegnere S. di un pregiudizio pari al 5% e clinicamente riconducibile a “disturbo somatiforme indifferenziato lieve e disturbo dell’adattamento cronico lieve”». (redazione@corrierecal.it)

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