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l’analisi

Corigliano Rossano e la (scarsa) cultura sportiva. Pochissime discipline e nessuna visione educativa

Lo sport è delegato ai privati. Mancano i progetti a scopi pedagogici e contro le devianze (in un generale decadimento dei valori)

Pubblicato il: 16/10/2022 – 13:55
di Luca Latella
Corigliano Rossano e la (scarsa) cultura sportiva. Pochissime discipline e nessuna visione educativa

CORIGLIANO ROSSANO La querelle innescata da Guglielmo Caputo e Flavio Stasi nei giorni scorsi dovrebbe indurre a riflettere ed a porsi un paio di domande: ma le amministrazioni comunali di Corigliano e Rossano, città unica dal 2018, cosa hanno prodotto in termini sportivi? Quanto hanno investito in cultura dello sport declinata come valore sociale?
Il rappresentante di FdI, già assessore a Rossano e “figlio d’arte”, ha punzecchiato il sindaco sulla necessità di una piscina comunale, magari da allocare nella cittadella dello sport prevista dall’amministrazione in carica nell’area adiacente all’anfiteatro “Maria De Rosis”. Il sindaco ha replicato ricordando come le amministrazioni di centrodestra non abbiano mai «intercettato nemmeno 5 euro per sbaglio», facendo la conta delle risorse acquisite sotto la sua guida.
Polemiche spicciole che però vanno a battere su quel nervo eternamente scoperto: l’educazione dei giovani allo sport come strumento per tramandare valori quali rispetto, collaborazione, risultato, integrazione e appartenenza, competizione, emozione, disciplina e costanza, impegno e sacrificio, motivazione, autostima, etica.

Calcio, solo calcio

Nei decenni precedenti, lo sport era sinonimo esclusivo di calcio. E l’unica forma di entertainment era la “domenica del pallone”, con club come Rossanese e Corigliano a farla da padrone e poche altre piccole realtà nelle categorie minori a contorno.
Anche nel caso del calcio, però, i due club non hanno mai realmente investito nei settori giovanili, avvertiti più che altro come un fastidio perché imposti dalle leghe oppure un’opportunità per produrre fatturato piazzando giovani promesse nelle categorie superiori.
Oggi quel modo di fare calcio è sostanzialmente scomparso mentre finalmente iniziano a prendere piede altre discipline, ma comunque di nicchia, che non colmano il gap educativo a causa dell’esiguità dei numeri.

Gli altri sport

Storicamente il volley è ben radicato. Non c’è, però, una piscina pubblica. Niente nuoto, dunque, lo sport più completo per eccellenza. L’unica opportunità per praticarlo in una vasca olimpionica o semiolimpionica pubblica, la offre la “vicina” Villapiana – un “attimo” fuori mano – che quest’anno aprirà con calma. Il tennis, vanta pochi campi disponibili, ma anche grazie alla moda del padel sta rivivendo una seconda giovinezza. Sono attive alcune belle realtà che riguardano le arti marziali ed a Rossano è possibile praticare la scherma sin da giovanissimi, ma poi poco altro. Niente atletica leggera, nessun impianto a disposizione se non l’anello deteriorato dello stadio Brillia per il quale l’amministrazione Stasi ha recepito dei finanziamenti e rarissimi esempi – tra alti e bassi – di ginnastica in alcune sue forme. Il basket, ancora, è ormai una micro realtà dopo l’epopea della Chico Basket degli anni ’80 mentre il “culto” del corpo è affidato alle tante palestre.
Insomma, la città non è certo fucina di atleti per le discipline olimpiche. Perché di fondo manca la “cultura” e le carenze sono evidenti anche in chi dovrebbe facilitarne la pratica, perfino come deterrente per le devianze giovanili. Manca, in sostanza, una politica dello sport ed una visione collettiva.
Gli amministratori di questi decenni, impegnati in ben più redditizie attività in termini di consenso, hanno sempre sottovalutato l’importanza e la valenza sociale dello sport. Bastava mettersi a posto la coscienza (sportiva) approfittando di qualche finanziamento utile a realizzare strutture da dare in gestione (alcune di queste, peraltro, andate in malora a causa dell’incuria, di lavori mai terminati o di bandi di affidamento mai pubblicati, ma questa è un’altra storia).

Sport e entertainment

Dal punto di vista dello spettacolo, invece, decaduti tutti i club di calcio e volley, l’entertainment è affidato alle piccolissime realtà, tutte militanti nelle categorie inferiori. Il calcio non è mai approdato tra i professionisti, ed anche in questo caso bisognerebbe interrogarsi sui motivi per cui Rossanese e Corigliano, pur sfiorandola, non abbiamo mai giocato in Serie C, a dispetto delle migliaia e migliaia di spettatori. Il volley, dopo la cavalcata del Corigliano conclusa con l’approdo in serie A1 è relegato nelle categorie regionali e locali ed anche il calcio a cinque, con il culmine massimo di due club in Serie A negli stessi anni – l’Odissea 2000 ed il Fabrizio C5 – si è eclissato nell’oblio. Tutte realtà e club, comunque, gestiti da imprenditori-magnati che col tempo si sono disimpegnati.  

Eppur si muove

Qualche segnale, però, arriva. Nel primo fine settimana di ottobre in città si è tenuto il primo evento sportivo promosso dal Comune. Che i tempi stiano cambiando è presto per dirlo, da apprezzare è però la buona volontà per aver organizzato il primo Co-Ro week sport con all’interno una maratona di 17 chilometri – partenza a Corigliano e arrivo a Rossano – e l’esibizione delle associazioni sportive cittadine nelle vie e nelle piazze centrali, che hanno “messo in mostra” le loro attività soprattutto per i bambini. Segnale, quindi, positivo sotto il profilo sportivo dopo oltre tre anni di amministrazione a guida Flavio Stasi. Tra l’altro è l’unico sindaco degli ultimi decenni a concedersi qualche ora di sport (calcetto).

La somma

Volendo tirare le somme, non è eresia sottolineare come Corigliano Rossano non sia minimamente in linea con gli standard nazionali, tantomeno paragonabile alle altre grandi città calabresi e quasi completamente priva di tradizione e cultura dello sport, inteso come strumento educativo, con quelle pochissime discipline praticabili rimesse ad iniziative private.
I campioni come Rino Gattuso e Daniele Lavia – che si sono formati fuori – sono modelli ed esempi rarissimi, ma figli esclusivi del loro innato talento. Insomma, se è vero che il livello di civiltà dei popoli si misura anche nello sport, la terza città della Calabria “gioca” ancora tra i “dilettanti”. (l.latella@corrierecal.it)

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