Lo vedo spesso quando qualcuno, per le più svariate ragioni, ha qualcosa da farsi perdonare… Vero o supposto che ciò sia, la presunzione di finire per diventare in effetti qualcosa di diverso da ciò che si proclama d’essere, marginalizza ed accresce il sospetto. È un po’ quel che accade con noi garantisti quando, non di rado, dai giustizialisti, siamo sospettati, nelle battaglie per il diritto penale democratico, d’occhieggiare agli interessi dei delinquenti piuttosto che batterci per la tutela dei diritti. Ora penso che possiamo tutti convenire sul fatto che la provenienza politica di Fratelli d’Italia sia radicata nel pensiero di destra e, purtroppo, anche nell’esperienza fascista. Non voglio certo affermare che si sia in presenza di un nuovo partito fascista (di cui tutti sanno essere ancora vietata la ricostituzione), né che si possa dire di un pericolo per la tenuta democratica del nostro Paese: voglio dire, però, che questa forza politica, la quale siede degnamente nel Parlamento della Repubblica, essendo “nell’arco costituzionale” (chi afferma il contrario esprime un giudizio che qualificherei antistorico), ha ordinariamente, come del resto ha negli anni avuto, né più e nemmeno che la stessa dignità degli altri partiti, i quali contribuiscono alla vita democratica dell’Italia. Ma qui sta il punto. Ogni forza politica ha il dovere di conservare intatta la propria identità e così ha fatto e farà anche Fratelli d’Italia, erede, dopo tante vicissitudini (ed anche alcune pubbliche abiure),di un’esperienza storica devastante per il nostro Paese, l’esperienza della privazione dei diritti e delle libertà fondamentali, della dittatura fascista. Anche a me, per la verità, sono venuti i brividi, nel vedere Ignazio La Russa, l’avvocato che esibisce i busti del Duce del fascismo, seduto sullo scranno di Enrico De Nicola, Meuccio Ruini, Cesare Merzagora, Amintore Fanfani, Giovanni Spadolini, ma, ciò non ostante (seppure si poteva certamente individuare qualcuno con una storia personale diversa…), ho pensato che è ormai tempo di superare quella pregiudiziale antifascista sulla quale pure è stato costruito il patto fondamentale degli italiani, solennemente sancito nella nostra Costituzione. E ciò perché la nostra è una democrazia matura, la quale non può correre alcun rischio di ribaltamento d’istituzioni presidiate da adeguate immunità, giuridiche e non. Ma penso che una forza politica la quale è stata investita dal corpo elettorale della responsabilità di governare un Paese che, nella propria storia, non ha mai messo nelle mani di quella cultura le proprie sorti, abbia il dovere di operare uno sforzo finalizzato ad unire al massimo la nostra comunità, assicurando un quid pluris in termini di dialogo ed affidabilità democratica, ciò che risultò scontato per settantaquattro anni in continuo per le forze politiche antifasciste e per quelle eredi della resistenza. E’ il minimo che si può – ed a mio avviso si deve – pretendere da una destra moderna e di governo. Ma, per carità, non si cada nell’estremismo di chi pensa di aver raggiunto le postazioni di comando e possa perciò decidere tutto da sé, né ci si opponga, con pari estremismo, ad incendiare gli animi per il sol fatto che un popolo, chiaramente stremato ed insofferente rispetto ad una politica che ha tradito ogni aspettativa, ha voluto cambiare, guardando ad una guida conservatrice ed assegnando a questa il governo del Paese. Sulla competenza, lasciamo stare: quello è un altro discorso… e ne ho già scritto. Ad esempio fa un po’ sorridere un candidato premier con un diploma dell’Alberghiero che si propone di formare un governo di alto profilo… Non è per caso che l’alto profilo dovrebbe averlo in primo luogo il Presidente del Consiglio dei Ministri? Ma si sa, Raimondi abbaia alla luna.
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