Poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, attore e drammaturgo, considerato tra i maggiori intellettuali italiani del Novecento. Esiste un legame speciale tra Pier Paolo Pasolini e la Calabria. Un rapporto nato a partire dal 1959, quando per il mensile milanese diretto da Arturo Tofanelli “Per Successo” accettò di realizzare un reportage da pubblicare a puntate sui litorali italiani in piena stagione balneare. Al volante della sua Fiat Millecento, accompagnato dal fotografo Paolo Di Paolo, iniziò il suo viaggio nella regione e poté apprezzare i meravigliosi paesaggi di una terra allora ancora quasi completamente sconosciuta e conoscere più da vicino quei calabresi che definì «banditi», ma che in realtà considerava «emarginati della società», come ebbe modo di spiegare in seguito.
Sono diversi gli intellettuali calabresi con cui Pasolini ebbe rapporti di amicizia e professionali. Tra questi Francesco Leonetti, Leonida Repaci, Mario Gallo con il quale collabora scrivendo testi per i suoi documentari. Era di famiglia calabrese Ninetto Davoli, che accompagnò a lungo la sua vita e partecipò a gran parte della sua filmografia, erano calabresi la Madonna giovane de Il Vangelo (Margherita Caruso) e San Tommaso (il partigiano Rosario Migale). In quegli anni Pasolini conobbe vari esponenti della cultura regionale, tra cui lo scrittore serrese Sharo Gambino e il regista e sceneggiatore vibonese Andrea Frezza. Questi lo accompagnarono alla scoperta delle realtà contadine dell’entroterra della Calabria centrale.
I rapporti tra Pasolini e la Calabria non furono, però, sempre idilliaci. Proprio durante il suo viaggio nella regione l’intellettuale ebbe occasione di visitare Cutro che definì «il paese dei banditi». Ricevette così una querela da parte del sindaco, il democristiano Vincenzo Mancuso, ma ebbe modo di spiegare che il termine non era stato utilizzato in modo dispregiativo. Pasolini, infatti, scrisse lettere aperte e accettò incontri chiarificatori con intellettuali e studenti cutresi. Per lui – spiegò – «il termine “banditi” voleva dire “emarginati”, uomini banditi dalle classi dominanti che li sfrutta». Tornò infatti a girare spesso in Calabria, proprio a Crotone e nelle vicinanze, alcune parti di Comizi d’amore (1963) e Il Vangelo secondo Matteo (1964, le scene del lago Tiberiade).
Esiste però un legame ancora più profondo e speciale tra l’intellettuale e scrittore friulano e un piccolo borgo arroccato nell’entroterra vibonese, la frazione di Ariola del comune di Gerocarne. Proprio in questo lembo di terra abitato da cinquecento anime, Pasolini contribuì di tasca propria alla costruzione di un ponte che potesse unire Ariola alla vicina (ma difficile da raggiungere) Arena. L’intellettuale donò la somma di cinquantamila lire per aiutare a costruire il desiderato collegamento, oggetto di contestazioni e malcontento con le istituzioni locali. Pasolini raccolse le voci degli abitanti di Arena, che grazie a lui fecero il giro della regione, ma in ultima istanza fu proprio lui a donare la cifra che permise di costruire il ponte su un vallone fino ad allora percorribile soltanto a piedi. Oggi di quel ponte rimangono solo le rovine, ma resta anche un gesto che Gerocarne non dimenticherà mai. Nell’anno del centenario della nascita di Pasolini “La Cineteca della Calabria” e il Comune di Gerocarne in collaborazione con l’associazione Nish, organizzano una serie di manifestazioni che prendono il via, dal 21 di ottobre, con la mostra fotografica, curata da Eugenio Attanasio e Antonio Renda Pasolini. Nella ricorrenza verrà inaugurato il ponte che unisce le due frazioni, oggi carrabile e intitolato al poeta friulano da sempre vicino a quelli che definiva «emarginati». (redazione@corrierecal.it)
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