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Fatture per lavori mai eseguiti. Milioni per la ‘ndrangheta dalla ristrutturazione dell’Arena di Verona

Il sistema per riciclare denaro e trasferirlo alle cosche Arena e Grande Aracri svelato dalla Dda di Venezia. I nomi degli imprenditori coinvolti

Pubblicato il: 19/10/2022 – 11:13
Fatture per lavori mai eseguiti. Milioni per la ‘ndrangheta dalla ristrutturazione dell’Arena di Verona

VERONA Giorgio Chiavegato, “lo Zio” nelle intercettazioni, avrebbe fatturato una media di 150mila euro in più ogni mese alla fondazione lirica dell’Arena di Verona. Con quel denaro avrebbe pagato le false fatture emesse da una rosa di imprese, che a loro volta attraverso lo stesso meccanismo rimettevano il danaro alla Riillo Srl, società degli imprenditori calabresi Francesco e Pasquale Riillo. Questa impresa, senza aver mai eseguito alcun lavoro trasferiva poi le somme a «soggetti calabresi collegati alle cosche». La ricostruzione del meccanismo attraverso il quale la ‘ndrangheta si era infiltrata nei lavori edilizia è contenuto nelle 95 pagine dell’ordinanza che ha portato in carcere tre imprenditori su richiesta della Dda di Venezia.

Il meccanismo: sovraffatturazioni, i finti lavori e la rete di imprese

La ’ndrangheta, secondo l’accusa, si sarebbe arricchita grazie ai lavori di manutenzione e allestimento dell’Arena di Verona, sovra fatturati per milioni di euro dall’imprenditore veronese Giorgio Chiavegato. Il resto – racconta il Mattino di Padova – lo faceva una rete di imprese-cartiere intestate a prestanome in provincia di Verona, create per emettere false fatture (per evadere il Fisco) e far arrivare il danaro ai Riillo, che avrebbero avuto il compito di far giungere poi i soldi a referenti delle famiglie ’ndranghetiste Arena-Nicosia e Grande Aracri di Isola Capo Rizzuto e Cutro. Il tutto in danno all’Erario e alle casse pubbliche della Fondazione lirica, che per anni avrebbe così pagato fatture sovrastimate.

Due milioni di euro nei conti di persone legate alla ‘ndrangheta

Tra il 2012 e il 2016 – secondo la ricostruzione della guardia di finanza – imprese riconducibili a Chiavegato avrebbero bonificato a Riillo Srl poco meno di 5 milioni di euro, oltre 2 dei quali confluiti poi nei conti di soggetti affiliati alle cosche. A consegnare il danaro da riciclare sarebbe stato Domenico Mercurio: «Il mio compito ogni mese era andare (da Chiavegato, ndr) con una cartellina», ha raccontato lo stesso Mercurio secondo quanto riportato dal Mattino di Padova, «c’era il mese da 80 mila e quello da 200 mila. All’istante si emetteva una fattura da parte nostra alle aziende di Chiavegato, maggiorata del 35% (22 di Iva e 13 per ulteriore guadagno). Quindi con 150 mila euro in un colpo solo c’era guadagno di 50 mila». Il 17,5% restava a Mercurio (che ne spendeva il 10 per acquistare il danaro dai fornitori); il restante ai fratelli Riillo, con una percentuale del 3-4% alle famiglie ’ndranghetiste. Per l’imprenditore veronese, vantaggi fiscali per imposte sui redditi e Iva detratta su spese mai fatte. Questa è l’accusa.
Chiavegato – secondo il gip – avrebbe proseguito nelle sue operazioni sino a quest’estate: il «sistema-Chiavegato sta replicandosi con nuove società, sotto la sua supervisione». Continuando a lavorare per l’ente lirico attraverso prestanome, ritiene la Procura.

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