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Tecnologia e tradizione. La storia dell’azienda Nesci tra vino, olio e bergamotto

Le origini alla fine dell’800. La riscoperta dei terreni grazie all’esperienza del fondatore della ditta. E la “chicca” delle etichette

Pubblicato il: 19/10/2022 – 8:24
Tecnologia e tradizione. La storia dell’azienda Nesci tra vino, olio e bergamotto

LAMEZIA TERME La passione che si trasforma in lavoro. Prosegue così l’esperienza dell’azienda agricola Nesci di Palizzi, oggi specializzata nella coltivazione del bergamotto, dell’ulivo, delle vigne e quindi nella produzione di vini, al centro della nuova puntata di “Coltiviamo Capolavori”, l’approfondimento de L’altro Corriere Tv in onda mercoledì sera. Ospite di Saveria Sesto in studio, la titolare dell’azienda Alberta Nesci a raccontarne la storia.

Le origini dell’azienda

«Ho deciso di lasciare l’università e proseguire nelle orme di mio padre nell’azienda agricola di famiglia – ha esordito l’imprenditrice – quindi di iniziare a conoscere il mondo del vino e dell’impresa, facendo gavetta anche in altre aziende. La storia della famiglia Nesci quando si insedia a Palizzi alla fine del 1800, inizia con la coltivazione del gelsomino, poi passa al bergamotto, coltura su cui inizialmente si concentra mio padre».

Il bergamotto

«Oggi produciamo le varietà “femminello” e “castagnaro”. Il bergamotto è un frutto a cui dedichiamo 20 ettari. Si raccoglie tra dicembre e gennaio e viene destiniamo al consorzio Unionberg. La raccolta è tutta manuale e locale. Nel tempo si sono sviluppate, attraverso studi approfonditi, tutte le utilità dell’agrume – ha spiegato Alberta Nesci – dalla buccia all’interno. Mentre prima il bergamotto era utilizzato quasi esclusivamente nella cosmesi, quindi nei profumi, nel tempo anche grazie agli chef del territorio, ne sono state scoperte le potenzialità gastronomiche. Viene poi utilizzato nei succhi, nelle marmellate e nelle confetture, ovvero nel comparto agroindustriale, fino ad arrivare al mercato del fresco». 

L’uliveto

L’uliveto dell’azienda si sviluppa su un’area di 13 ettari. «Quando mio padre si è insediato a capo dell’azienda – ha aggiunto Alberta Nesci – ha deciso di sviluppare anche le tipicità del posto, ripristinando il terreno e reimpiantando l’uliveto. La mia fortuna è stata quella di aver avuto un padre docente universitario: grazie al suo impegno siamo andati alla riscoperta dei terreni e come utilizzarli al meglio»

Il vigneto

Da quegli studi sono nati i vigneti «impiantati tra quindici e diciassette anni fa. La nostra – ha sottolineato la titolare dell’azienda – è una terra di vini rossi e così mio padre ha deciso di piantare una parte del vigneto con il Calabrese nero, un’altra col Merlot. Cinque anni fa abbiamo iniziato a dedicarci anche ai bianchi con il vigneto calabrese Pecorello ed il Mantonico, tipico della nostra zona».

La cantina

L’azienda è oggi prevalentemente dedicata alla produzione di vini ad indicazione geografica tipica, rossi, bianchi e rosè.
La prima vendemmia è datata 2015. «Abbiamo iniziato i lavori del restauro della cantina nel 2012 e poi analizzato nel tempo anche il cambiamento climatico che sta posticipando la vendemmia: la nostra prima vendemmia è iniziata ad inizio agosto 2015, poi ha iniziato a traslare a metà agosto, oggi siamo giunti a fine settembre. Sulla cantina – ha sottolineato Alberta Nesci – abbiamo attuato un’opera di restauro e conservazione di un catoio del 1898. Oggi alterniamo la tecnologia che abbiamo deciso di utilizzare come aiuto alla mano dell’uomo con tini in acciaio e l’area delle botti. Tutti i tini sono singolarmente refrigerati».

Il packaging

Anche per quel che concerne il packaging, la storia è singolare. «Le etichette sono una chicca – ha detto – tutte a chilometro zero come il 99% dell’azienda. Sono dei disegni di un nostro prozio che abbiamo ritrovato nella libreria durante una riunione di famiglia per decidere proprio un packaging che ci rappresentasse. Da qui abbiamo associato i disegni ai nomi dei vini, alcuni di fantasia, altri dedicati ai membri de famiglia. Tra questi ci sono il nostro Chapeaux, merlot in purezza che ha ottenuto tanti riconoscimenti e Olimpia».
L’imprenditrice ha rivelato come siano nati, ad esempio, il Frasané, diminutivo del padre, Francesco Saverio Nesci o il Mega dall’unione delle consonati dei nomi delle sorelle Nesci.

Le difficoltà

Un po’ come in tutte le aziende ed in tutti i settori, la congiuntura storica non sta concedendo periodi favorevoli. «Una delle maggiori difficoltà – ha concluso Alberta Nesci – a cui andiamo incontro e la ricerca costante di personale, di giovani pronti a ritornare ai lavori di un tempo, all’agricoltura attraverso la manodopera specializzata. Le altre difficoltà sono poi connesse agli aspetti energetici, a costi di produzione elevati a causa dei consumi di energia. Ma stiamo programmando di investire nel solare, anche per un futuro più sostenibile». (redazione@corrierecal.it)

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