VIBO VALENTIA Due imputati rinviati a giudizio, ma soltanto perché hanno rinunciato alla prescrizione. Per tutte le altre persone coinvolte nel processo per l’inchiesta sull’Aterp di Vibo Valentia, invece, la “corsa” giudiziaria finisce qui: in 14 non rinunciano alla prescrizione e il gup del Tribunale dichiara il non luogo a procedere. Questo l’esito dell’udienza sul caso nato da un’inchiesta della Procura di Vibo riguardo all’acquisto della sede dell’Aterp: la richiesta di rinvio a giudizio risale al gennaio 2018. A processo vanno Nicola Barbuto, 75 anni, e Nicola Bosco, 81 anni, entrambi ex revisori dei conti dell’Aterp ed entrambi difesi dall’avvocato Diego Brancia. A loro viene contestato il reato di abuso d’ufficio perché avrebbero omesso di esercitare i poteri di controllo su due delibere adottate dall’Aterp, la numero 167 e la numero 227 del 2010.
Giuseppe Gentile, 78 anni, di Cosenza, ex assessore e consigliere regionale di Forza Italia;
Domenico Pallaria, 63 anni, di Curinga, manager della Regione Calabria;
Nazzareno Guastalegname, 72 anni, proprietario dell’immobile in cui ha sede a Vibo l’Aterp;
Antonino Daffinà, 61 anni, di Vibo, ex commissario dell’Aterp di Vibo esponente di Forza Italia;
Giuseppe Maria Romano, 73 anni, di Tropea, ex direttore generale dell’Aterp;
Michele Montagnese, 77 anni, di Vibo Valentia, ex sindaco di Vibo Valentia;
Antonino Stagno, 50 anni, socio di Guastalegname;
Emilio Minasi, 69 anni, di Cosenza;
Luciano De Pascali, 64 anni, di Vibo Valentia;
Giuseppe Raffele, 54 anni, ex direttore tecnico dell’Aterp;
Antonio Capristo, 63 anni, ex manager della Regione Calabria;
Serafino Fiamingo, 46 anni, di Zungri;
Giuseppe Pepe, 76 anni, di Vibo (ex revisore dei conti dell’Aterp).
La vicenda, che risale ai primi anni della giunta Scopelliti, era stata svelata dal Corriere della Calabria con una serie di articoli a partire dal novembre del 2014. Al centro di tutto c’è il tesoretto dei fondi ex Gescal, un fondo che inizialmente contava circa 277 milioni di euro di cui oggi, stando alla ricognizione effettuata dalla Regione, ne sono rimasti spendibili solo 6. L’ipotesi è che parte di questa riserva milionaria, alimentata per anni dalle buste paga dei lavoratori e destinata all’edilizia residenziale pubblica, sia stata dispersa per operazioni poco chiare, come quella al centro dell’inchiesta relativa all’acquisto della sede dell’allora Aterp vibonese.
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