VIBO VALENTIA La Corte Suprema di Cassazione ha confermato, ancora una volta, la misura degli arresti domiciliari per Antonio Mancuso, classe ’38 di Nicotera (difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo) e già condannato – in primo grado – per le estorsioni ai danni del tabaccaio Zappia. Per la Cassazione, infatti, che ha dichiarato avverso il rigetto dell’Appello al Tribunale di Catanzaro del 3 marzo del 2022, la richiesta del carcere è stata dichiarata inammissibile, accogliendo invece le motivazioni del difensore di Antonio Mancuso.
Il 21 dicembre dello scorso anno la Corte d’Appello di Catanzaro (Anna Maria Saullo presidente, a latere Assunta Maiore e Giuseppe Perri) aveva accolto l’istanza presentata dalla difesa, disponendo i domiciliari per l’anziano presunto boss della ‘ndrangheta vibonese. A pesare sulla decisione, infatti, le precarie condizioni di salute di Antonio Mancuso e un quadro clinico complicato per via di diverse patologie, oltre che una recente caduta che ha richiesto una stabilizzazione vertebrale. Uno stato di salute insomma «incompatibile con il regime detentivo», un quadro condiviso anche dai giudici che hanno ritenuto di non «poter condividere quanto affermato dall’appellante» anche perché il giudizio di incompatibilità di Antonio Mancuso con il carcere si fonda anche «sul prevedibile aggravamento in modo irreversibile delle sue condizioni di salute».
Lo scorso 1 aprile, invece, il Riesame aveva respinto un altro ricorso della Procura generale, perché il 25 dicembre 2021, durante un controllo dei carabinieri di Nicotera, lo stesso Antonio Mancuso era stato trovato, in casa, in compagnia di altre persone: la moglie, le tre figlie Rosaria, Mariateresa e Annarita, oltre al genero, coniuge di una delle figlie. Una presenza “giustificata” dall’esigenza «di prestare al padre le cure di cui necessitava». Secondo i giudici, però, la presenza dei familiari nell’abitazione di Antonio Mancuso «era effettivamente finalizzata all’assistenza» in ragione «della patologia che lo affligge», e non essendo stata accertata invece «alcuna diversa condotta sintomatica di un contrasto con le esigenze cautelari da soddisfare». (Gi. Cur.)
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