CORIGLIANO ROSSANO Se serpeggia il malessere diffuso è evidente che qualcosa non va. E non perché non ci sia stato tempo o il percorso sia stato affrettato – checché ne pensi chi si è svegliato solo a qualche settimana dal referendum del 22 ottobre 2017, e dopo oltre cinque anni di dibattiti e discussioni – ma per le conseguenze di un processo malgovernato.
È bene mettere subito i puntini sulle “i”. Se la fusione tra Corigliano e Rossano è fortemente rallentata sulla tabella di marcia – a distanza di oltre tre anni e mezzo dall’insediamento della prima amministrazione eletta ed a quasi cinque dalla sua istituzione avvenuta il 31 marzo 2018 – e sui social si rianimano i malumori degli antifusionisti, parti di responsabilità sono da addebitare a Flavio Stasi ed ai suoi assessori che non hanno mai mosso un dito per dare l’esempio, formare ed “educare” la popolazione.
Azioni di governo col bilancino, assessori ponderati in base alla carta d’identità, stesso metro di giudizio utilizzato per i dirigenti “nominati”, per l’organizzazione degli eventi estivi, nemmeno una “celebrazione” durante uno di questi ultimi quattro “31 marzo” oppure per mille altre decisioni quotidiane assunte dal primo cittadino nelle vesti dell’equilibrista che non scontenta nessuno. Ed invece ha scontentato tutti. Ha scontentato i fusionisti che continuano a credere in un futuro migliore e nei benefici a lungo termine ma restano ai margini del progetto perché mai coinvolti da un sindaco contrario al processo. Scontenti sono gli antifusionisti – qualcuno dei quali ipotizza anche un ritorno al passato – che addebitano tutti i problemi alla fusione, soprattutto quelli atavici, come se la fusione stessa con un colpo di bacchetta magica, colmasse decenni di mancata manutenzione delle strade o le falle nelle reti idriche colabrodo.
Insomma, rispetto a quello che la fusione deve essere, a Corigliano Rossano non si muove una foglia. L’ordinaria amministrazione è spesso spacciata per straordinaria al motto social – un ossimoro – #fatigameccitt (lavoriamo in silenzio). L’autorevolezza politica fuori dalle mura è impalpabile e gli unici benefici arrivano solo grazie alla forza demografica (come l’elevazione delle forze di polizia e dell’agenzia Inps, il treno Frecciargento, le risorse finanziarie ad hoc che nessuno sa come vengano investite, per citarne alcune).
E tutto questo mentre in città, là fuori, fuori dalla bolla social, molte cose non funzionano. La città «normale» annunciata da Stasi sui palchi non si percepisce. Gli uffici comunali fanno enormi difficoltà a comunicare tra loro e ad erogare servizi ai cittadini, tutti i progetti sono ancora sulla carta ed i pregiudizi storici aleggiano nell’assoluto silenzio in cui è piombata Corigliano Rossano. Nessuno parla più di politica – se non la ristrettissima cerchia degli addetti ai lavori, molti dei quali già in campagna elettorale per il 2024 – nessuno apre dibattiti, nessuno si confronta su nessun tema: le responsabilità maggiori dell’Amministrazione Stasi sono proprio queste. Le restanti potrebbero essere ascritte – in parti uguali – alla politica cittadina di ogni colore che si risveglia solo prima delle campagne elettorali, ai sindacati, alle parti sociali, alle associazioni, ai movimenti ed a tutti gli sherpa.
Eppure si sarebbero potuti promuovere forum, incontri, convegni, dibattiti pubblici sul tema fusione, assemblee studentesche, appuntamenti fissi in cui analizzare pro e contro, provando a coinvolgere la popolazione, utili a capire come migliorare il cammino.
Nulla di tutto questo. Serpeggiano, al contrario ipotesi di barricate, invettive, lotte corporative soprattutto da quella politica che dovrebbe unire ed invece continuare a dividere. Ed invece basterebbe chiedere ai giovani, ai giovanissimi, ancora fuori dalle dinamiche dei “grandi”, scevri da pregiudizi e non contaminati da condizionamenti. Basterebbe chiedere a loro “di dove sono”: sono di “Corigliano Rossano”. (l.latella@corrierecal.it)
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