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L’udienza

“Modello Riace” alla sbarra, riprende il processo contro Lucano

Udienza a Reggio in corte d’Appello all’ex sindaco. In primo grado è stato condannato a 13 anni e 2 mesi dal Tribunale di Locri

Pubblicato il: 25/10/2022 – 19:16
di Maria Teresa Ripolo
“Modello Riace” alla sbarra, riprende il processo contro Lucano

REGGIO CALABRIA Riprenderà domani a Reggio Calabria il processo d’Appello a Domenico Lucano, l’ex sindaco di Riace condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi di reclusione dal tribunale di Locri nell’ambito dell’inchiesta “Xenia”. Davanti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, presieduta dal giudice Giancarlo Bianchi (giudici relatori Davide Lauro e Massimo Minniti), nel corso delle scorse udienze sono state lette le motivazioni del ricorso presentato dai difensori di Lucano e delle altre persone condannate insieme a lui con l’accusa di aver utilizzato i fondi destinati all’accoglienza per trarre vantaggi personali. Associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Queste, a vario titolo, le accuse della Procura di Locri che ha attaccato in toto il sistema alla base del celebre “Modello Riace”.
Per domani è prevista la requisitoria dei sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari.
Lo scorso 6 luglio era stata riaperta l’istruttoria e disposta l’acquisizione, ai fini decisori, della documentazione prodotta in appello dalla difesa di Lucano. I legali dell’ex sindaco, Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, hanno chiesto e ottenuto di far entrare in giudizio d’appello la perizia redatta dal consulente della difesa Antonio Milicia contenente 5 intercettazioni, tra queste un’intercettazione ambientale registrata ma mai entrata negli atti del processo di primo grado e che, secondo Daqua e Pisapia, proverebbe «l’insussistenza di metà processo».
Secondo la difesa, quella di Lucano è una «innocenza documentalmente provata» poiché l’obiettivo dell’ex sindaco di Riace «era uno solo ed in linea con quanto riportato nei manuali Sprar: l’accoglienza e l’integrazione. Non c’è una sola emergenza dibattimentale (intercettazioni incluse) dalla quale si possa desumere che il fine che ha mosso l’agire del Lucano sia stato diverso». Nelle motivazioni d’appello i legali rilevano che in sentenza c’è stato un «uso smodato delle intercettazioni telefoniche, conferite in motivazione nella loro integralità attraverso la tecnica del copia/incolla». Intercettazioni che, in molti casi, secondo gli avvocati, sarebbero inutilizzabili. (redazione@corrierecal.it)

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