RENDE Un “cold case” risolto dopo oltre 17 anni. Per l’omicidio di Lisa Gabriele, avvenuto la sera del 7 ottobre 2005, è stato infatti arrestato Maurizio Mirko Abate, 50enne, ritenuto il presunto responsabile insieme ad un’altra persona, rimasta ignota. Il 50enne, appartenente all’epoca dei fatti alla Sottosezione della Polizia stradale di Cosenza Nord, è stato arrestato dai Carabinieri del Comando Compagnia di Rende, in esecuzione di un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale emessa dal gip del Tribunale di Cosenza che ha accolto le richieste della Procura della Repubblica di Cosenza. Il 50enne, inoltre, è accusato di condotte continuative di spaccio e cessione di sostanza stupefacente del tipo marijuana, nei confronti del figlio. Dopo le prime indagini, infatti, il caso legato all’omicidio di Lisa Gabriele era stato archiviato nell’ottobre del 2009.
La prima svolta avviene il 22 ottobre del 2018 quando in Procura viene recapitato un esposto anonimo nel quale si ripercorreva la vicenda della morte di Lisa Gabriele e venivano indicati particolari noti soli agli inquirenti, peraltro veritieri. I primi riscontri, operati dai carabinieri di Rende, hanno consentito alla Procura della Repubblica di riaprire le indagini. Sono state così effettuate ulteriori acquisizioni documentali, una lunga serie di intercettazioni telefoniche ed ambientali, plurime escussioni di persone informate sui fatti, nuove consulenze medico legali espletate attraverso la riesumazione del cadavere della vittima. E le risultanze di questa nuova fase investigativa, complessivamente valutate, hanno consentito di verificare, in maniera più approfondita, quanto raccolto nella prima fase, colmando alcune lacune investigative, e facendo emergere un quadro indiziario significativamente grave e tale da collegare il reato contestato all’indagato.
Il corpo di Lisa Gabriele venne ritrovato a breve distanza dall’auto della vittima e, intorno, erano state disseminate alcune finte prove: due scatole di psicofarmaci, una bottiglia di whisky e un biglietto di addio. Una messa in scena per simulare un suicidio. Tutto falso. L’autopsia rivelò subito che la ragazza era morta per soffocamento ma, nonostante tutto, il caso fu archiviato. E riaperto nel 2019 anno grazie a una lettera anonima che racconta del coinvolgimento di un uomo delle forze dell’ordine nell’assassinio mascherato da suicidio. «Abate è totalmente estraneo ai fatti contestati – aveva sostenuto al Corriere della Calabria l’avvocato Marco Facciolla – come dichiarato nel corso dell’interrogatorio fornito agli investigatori».
Le indagini hanno consentito, infatti, di inquadrare l’omicidio nell’ambito di una relazione sentimentale intrattenuta dalla vittima con l’uomo, già impegnato in altra stabile relazione, ritenuta sbilanciata, ossessiva e connotata da episodi di reiterate violenze e brutalità – come anche da dichiarazioni di un collaboratore di giustizia – emersi dalle dichiarazioni di persone informate sui fatti che hanno tratteggiato un quadro degradato fatto anche di serate a base di sesso, droga e perversioni; ricondurre il plausibile movente dell’omicidio all’esasperata volontà dell’indagato di interrompere la relazione allontanando definitivamente da sé la vittima, determinata a frequentare l’uomo nonostante la moglie di quest’ultimo avesse partorito un figlio ed alla luce del rischio che la moglie sapesse della relazione extraconiugale sottraendogli, così, il neonato; ricostruire con buona approssimazione l’ultimo periodo di vita della vittima, connotato dai tentativi della vittima di trattenere nella relazione l’uomo, temendo, tuttavia, di subire ancora violenze ed arrivando a temere per la propria vita anche a seguito di strani accadimenti quali danneggiamenti all’autoveicolo ed ai cavi elettrici dell’abitazione della vittima nonché la morte sospetta della cagnolina deceduta appena dieci giorni prima di Lisa; intercettare frasi ritenute parziali ammissioni dell’indagato ed altre propalazioni di parenti dell’uomo fortemente indizianti; intercettare conversazioni con linguaggio criptato attestanti l’acquisto, la suddivisione e l’occultamento del narcotico e lo spaccio dello stupefacente. È stata utilizzata anche la cassetta delle lettere come deposito temporaneo dove la droga poteva essere prelevata dal figlio avvisato dal padre circa l’arrivo di una “bolletta” o “raccomandata”; accertare plurimi acquisti di marijuana (denominata “gelato”) effettuati dall’uomo e conseguenti cessioni in favore del figlio a cui veniva sequestrato dai Carabinieri di Rende, il 29 agosto 2020, una modica quantità di stupefacente del tipo marijuana.
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