COSENZA Il nome di Diego Zappia negli ambienti criminali calabresi si lega all’omicidio di Giuseppe Canale, il boss di Gallico di Reggio Calabria ucciso il 12 agosto del 2011. Zappia, per l’omicidio di Canale, è stato condannato a 10 anni di reclusione.
In merito all’associazione mafiosa Zappia era stato assolto nel processo “Erinni”, ma le sue dichiarazioni avevano portato a nuove accuse nei suoi confronti. Davanti al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e al pm Amerio, il pentito aveva ammesso di essere stato «affiliato alla ‘ndrangheta» e di essere stato «formalmente battezzato tra il 2008 e il 2009».
Nei suoi terreni di Castellace, Oppido Mamertina e Lubrichi, inoltre, Zappia, tra il 2010 e 2011, avrebbe ospitato, secondo l’accusa contestatagli dalla Dda reggina, «riunioni di ‘ndrangheta volte a programmare e pianificare l’omicidio di Giuseppe Canale».
In carcere, oltre alle doti ricevute, Zappia riferisce – in un lungo interrogatorio finito nell’inchiesta “Reset” – delle dinamiche criminali cosentine. «Sono a conoscenza del fatto che il vibonese e il cosentino fanno parte del mandamento tirrenico che risponde al Crimine di Polsi. La ‘ndrangheta è articolata in tre mandamenti che cambiano ogni tre o quattro anni: uno per la Piana, uno per Reggio Centro e uno mandamento jonico». Conclusa l’analisi preliminare, Zappia parla della mala cosentina. «A Cosenza non c’è un locale di ‘ndrangheta, Michele di Puppo risponde al locale di Rosarno: ha ricevuto le doti nel carcere di Palmi, da miei compaesani». Tuttavia – precisa il pentito – «questo non significa che non ci sono ‘ndranghetisti a Cosenza, per non essendoci un locale affermato». Zappia cita più volte Di Puppo, che ha avuto modo di conoscere nel 2014 durante la permanenza nel carcere di Siracusa ed è proprio l’esponente dell’omonimo gruppo criminale rendese a confessare al collaboratore reggino di possedere la dote di “Stella“, di poco inferiore a quella di “Mammasantissima”. «Me lo disse in confidenza, in virtù del rapporto di amicizia che si era creato».
Il racconto prosegue e si arricchisce di un particolare interessante. «Michele di Puppo mi disse che Nicolino Grande Araci aveva intenzione di raccogliere tutti i locali del catanzarese e del cosentino vicini a lui per fare un “Crimine”, non so dire se a Cutro o a Cirò», confessa Zappia. Che continua: «Di Puppo voleva aprire un locale di ‘ndrangheta a Rende o a Cosenza e già ne aveva parlato con i rosarnesi quando si trovava ristretto nel carcere di Palmi». E i rosarnesi – secondo il racconto del pentito – si sarebbero mostrati disponibili all’accordo. «Michele Oppedisano, gli aveva detto che quando si sarebbero trovati fuori dal carcere e si sarebbe costituita la cupola della ‘ndrangheta, avrebbero aperto il locale a Rende o Cosenza con un carissimo amico di Di Puppo, che lui mi disse chiamarsi Francesco Patitucci». Questo rapporto sinallagmatico tra Zappia e Di Puppo, porterà quest’ultimo a vestire i panni del cerimoniere in occasione del conferimento della dote di “Trequartino” all’amico reggino.
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