In Calabria è datato il problema dei cosiddetti «camici imboscati». Lo indica il decreto commissariale numero 128 del 2015, che recepì uno specifico accordo siglato dal commissario governativo per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese e da diverse rappresentanze sindacali.
La mattina del 13 novembre 2015, l’ingegnere Massimo Scura, che da otto mesi era il commissario alla Sanità calabrese, incontrò nel suo ufficio alcuni sindacalisti degli infermieri, appartenenti a Cgil, Cisl, Uil, Fials, Fsi e Nursing Up. Era arrivato il momento – si legge nell’accordo sottoscritto al termine della riunione – della «regolamentazione del fenomeno delle inidoneità e idoneità con limitazioni alle mansioni del personale sanitario», per garantire «l’utilizzo appropriato» delle risorse umane del comparto. Le parti concordarono che le aziende sanitarie disponessero «la “rotazione” annuale degli incarichi ai medici competenti», cioè i responsabili dei giudizi di inidoneità piena o parziale del personale sanitario, e che potessero affidare detti «incarichi a soggetti esterni». «Gli accertamenti sanitari prodotti dai medici competenti – figura nel testo di quell’accordo – devono supportare il datore di lavoro nel processo di identificazione delle soluzioni organizzative più adeguate» per ogni dipendente. Il senso era che il medico competente certificasse «con chiarezza le mansioni» assegnabili «al singolo lavoratore, allegando prescrizioni dettagliate, necessarie ad individuare le soluzioni organizzative» per consentire «al dipendente di esprimere al meglio la propria professionalità». Di conseguenza, ogni azienda del Servizio sanitario della Calabria venne richiamata a «utilizzare in modo conforme le prescrizioni del medico competente» e ad allocare «funzionalmente il lavoratore all’interno» della propria organizzazione.
Soprattutto, nell’accordo in questione venne introdotto il divieto, per l’intera durata «dell’inidoneità certificata», di utilizzare il personale sanitario in «attività rientranti nel ruolo amministrativo». Inoltre, fu stabilito il rientro obbligatorio del «dipendente nella precedente posizione funzionale, aI termine del periodo di inidoneità o prescrizione temporanea». Infine, le parti convennero che, entro 30 giorni dalla notificazione del relativo provvedimento, venisse reinquadrato nella categoria e nel ruolo di pertinenza il personale sanitario che avesse ricevuto l’inidoneità permanente da parte della «Commissione collegiale» di competenza.
L’ingegnere Scura ci racconta perché si giunse a quell’intesa. «Il mio primo obiettivo da commissario era quello di migliorare i Livelli essenziali di assistenza, che nel 2014 erano fermi a 137 punti. Avevo quindi l’esigenza di aumentare i servizi in qualità e quantità, sicché mi era indispensabile assumere sanitari. A tal proposito intervenni con un decreto del 2015, che consentì di reclutare centinaia di figure professionali e 41 unità di personale per la Cardiochirurgia pubblica di Reggio Calabria, compreso il primario. Quando ti proponi di avere nuove risorse umane, devi anche prendere in considerazione l’efficienza e la produttività del personale esistente».
«I due ospedali di Praia a Mare e di Trebisacce erano stati chiusi nel 2010 dal commissario Giuseppe Scopelliti. Nel complesso, lì – rimarca Scura – c’erano circa 240 sanitari che non avevano quasi nulla da fare, visto che nei due stabilimenti era rimasto poco: servizi di poliambulatorio e di primo soccorso. Dopo questa prima, rapida analisi, decisi di quantificare la percentuale di sanitari non idonei o parzialmente inidonei in tutta la regione. Accertai, quindi, che in Calabria costoro erano quasi il doppio della media nazionale e in provincia di Reggio addirittura il triplo. Il fenomeno era talmente evidente che urgeva una regolamentazione. Quindi si raggiunse quell’accordo con i sindacati, che accolsero in modo favorevole le mie proposte».
«Malgrado i fatti, i sindacati dei medici – continua l’ex commissario alla Sanità calabrese – rifiutarono la firma dell’accordo. Si sentivano probabilmente sminuiti, anche perché l’intesa introduceva la rotazione dei medici competenti, di norma nominati dalle aziende sanitarie. Se un medico competente resta in carica per dieci anni, può perdere la propria obiettività, dati i legami che stabilisce nel tempo. Ci può essere il compagno di partito, l’amico, il compare e così via. Se tu li ruoti una volta all’anno, ne limiti la discrezionalità».
«In quanto agli infermieri, è fisiologico che dopo anni diventino inidonei, anche parzialmente. Ma non devono essere loro ad occuparsi delle esigenze di base del malato; per questo ci sono gli Oss. Arrivato in Calabria, ne trovai soltanto 50 – rammenta Scura – a fronte dei 2000 che dovevano esserci. Disposi di comprare dei sollevatori e avviai le assunzioni degli operatori socio-sanitari. Molti infermieri ne svolgevano i compiti; altri infermieri si erano “imbucati” negli staff delle direzioni ospedaliere o della direzione generale, sul presupposto che lavorare in un ufficio è molto meno faticoso che lavorare in corsia. Questa era la situazione, perciò l’accordo serviva per garantire legalità nell’utilizzo del personale, per evitare furbate. Quindi, per scongiurare che qualcuno si imboscasse negli uffici, introducemmo nell’accordo forme di disincentivazione, in modo che i sanitari inidonei alle loro mansioni non potessero accedere ai miglioramenti contrattuali riservati agli idonei. Con alcuni infermieri chiusi ogni rapporto perché si erano blindati negli staff aziendali. A Locri nemmeno il direttore dell’ospedale riusciva a spostarli. Ai tempi c’erano coperture politiche o sindacali, soprattutto politiche e in provincia di Reggio Calabria».
«Poi – prosegue Scura – facemmo l’accordo con l’Inps, allora diretto da Tito Boeri, per l’accertamento delle inidoneità dei sanitari. Così escludemmo ogni possibilità di utilizzo improprio del medico competente. Peraltro, con questa soluzione l’inidoneità veniva definita in tempi più brevi, nel giro di poche settimane. All’inizio l’Inps lo faceva gratuitamente, poi pagammo in parte in natura, cioè fornendo specialisti delle aziende sanitarie, in parte con risorse economiche, laddove non c’era la disponibilità di specialisti».
Scura conclude l’intervista giudicando «molto positivamente l’accordo regionale per l’utilizzo di 497 medici cubani nella sanità pubblica, perché sono preparatissimi e interi settori sono attualmente scoperti». Plaude, infine, al lavoro del commissario e presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, specie per l’istituzione dell’Azienda Zero e per il concreto avvio della fusione tra il policlinico universitario e l’ospedale di Catanzaro. (redazione@corrierecal.it)
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