Saverio, 22 anni, affetto da autismo, Aldo 15 anni, Mattia 12 anni, morti tra le fiamme tra la notte di venerdì 21 e sabato 22 ottobre a Catanzaro in una palazzina popolare del quartiere Pistoia. Papà Vitaliano Corasoniti (nome e cognome identitario del capoluogo) 42 anni e il figlio Antonello 14 i rimasti intossicati e ricoverati in Rianimazione a Catanzaro. Mamma Rita Mazzei sta ai grandi ustionati di Bari, la piccola Zaira Mara di 10 anni al Santobono di Napoli.
Una tragedia che ricorda sinistramente il rogo di Primavalle degli anni 70, quando dei compagni incoscienti per dare una lezione al segretario missino di zona incendiarono la porta di casa provocando la morte dei due figli.
Quartiere Pistoia. Una sorta di Bronx urbano per luogo comune e stereotipo giornalistico. Nessuno sembra sapere che il Bronx di New York dalla metà degli anni 80 in termini economici e sociali si è trasformato in una zona di riscatto grazie alla cultura hip-hop e ai numerosi musei di che attirano turisti. Ma quella è New York.
A Catanzaro la vita di Aranceto, Corvo e Pistoia è ancora quella da Bronx Sud.
Nel 1984 furono smantellate le baraccopoli dei rom per trasferirli senza alcuna mediazione in queste palazzine nate male e cresciute peggio. Una città a macchia di leopardo tra il Lido e il Centro Storico. In circostanza dell’incendio poche ore dopo una sparatoria ha lasciato tre feriti a terra in strada a pochi metri della casa bruciata nella palazzina popolare. Un tempo negli slums di periferia a fronte di una tragedia ogni contesa si fermava. Per rispetto e per antica solidarietà.
A Pistoia si è persa la pietas. Al Corvo anche.
Quartieri di poveri. Quelli che vanno al Politeama e che bazzicano la Movida del Lido vitaiola ignorano la giungla urbana della loro città.
I Corasoniti risultano poverissimi, emarginati e abbandonati. Sotto tutela di assistenti sociali con pochi mezzi. Una vita grama.
La famiglia aveva subito un raid nei loro 40 metri quadri di solitudine urbana. I soliti ignoti erano entrati in una casa precedente spaccando tutto e imbrattando le mura di rosso. Nella nuova magione ottenuta dopo mille odissee avevano messo una porta blindata per paura. Mamma Rita il 25 settembre su Facebook aveva scritto: «Mentre i miei figli stavano entrando nell’ascensore qualcuno l’ha staccato dal contatore generale». Le tv del dolore hanno mostrato un biglietto del papà sulla stessa vicenda.
Guerre di poveri. Con prevaricazioni per prendere case senza diritti.
Un sistema di porte girevoli che ha radici antiche a Catanzaro. Negli anni Cinquanta furono molti i tuguri che davano la possibilità di avere una giusta casa popolare. Anche qui c’erano le porte girevoli dei poveri. Un ufficiale pubblico arrivava per certificare l’inagibilità di abitazione, ma il tugurio rimaneva aperto ad altri disperati. Un ripetuto guadagno sulla povertà ospitava altri derelitti in attesa di altre case popolari. È la storia di Fondachello, della Grecia, del Carmine, dei bassi di via Poerio.
Storie che si prendono per mano con le tante delibere, annunci, promesse dei tempi nuovi e dei nuovi quartieri. Era il 2015 quando si annunciava un progetto preliminare per la riqualificazione delle aree urbane degradate dei quartieri Aranceto, Corvo e Pistoia. Due milioni di euro per la realizzazione di interventi mirati alla riduzione della marginalità e del disagio sociale, oltre che al miglioramento della qualità del decoro urbano. I risultati non sono stati brillanti. Non esiste certezza della proprietà privata a via Isonzo. Poche indagini giornalistiche su soldi annunciati e mai compresi dove finiscono. Magari un po’ di spettacolo con Vittorio Brumotti di “Striscia la notizia” che in bicicletta mostra lo spaccio e la criminalità di quartiere con il solo intento di farsi minacciare per far crescere l’audience. Solo cronaca nera. La Dia ha acquisito in anni recenti una sorta di prezziario per acquistare il voto nella comunità rom che vive nelle case popolari della periferia sud. Merce di scambio per politici di ogni colore. Una Scampia della criminalità nomade al servizio della ‘ndrine, piazze di spaccio controllate, zone sovrastate da discariche di auto scassate.
Era il 2003 quando Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro scriveva in un libro: «I tempi, rispetto al passato, sono diversi, tant’è che l’Amministrazione comunale ha proiettato un maggiore interesse nei confronti dei quartieri a sud della città, con una visione più realistica per il loro inserimento nel contesto dello sviluppo socio-economico dell’intero assetto territoriale del capoluogo». Il nuovo sindaco progressista Nicola Fiorita invece dice: «Ci siamo girati dall’altra parte, abbiamo lasciato indietro gli ultimi in tutti questi anni, quasi che non ci riguardassero i drammi quotidiani che si consumavano tra le mura degli insediamenti popolari».
Alla politica delle chiacchiere e degli annunci, al giornalismo dei luoghi comuni, al voltarsi dall’altra parte non possiamo che dare zero.
A chi è condannato a vivere a via Isonzo e alla sventura della famiglia Corasoniti diamo una carezza solidale. È poco, lo so. Almeno noi aggiungiamo le scuse per la generale indifferenza. Scrive un esperto di periferie: «Gli emarginati hanno gli dei del caos dalla loro parte».
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Nel 1957 i contadini di Ariola, oggi Gerocarne, si ribellarono allo Stato rifiutandosi di pagare le tasse perché non avevano acqua, luce e per andare a lavorare attraversavano un fiume. Pier Paolo Pasolini si recò in visita in quel luogo. Mandò 50000 lire per far costruire un ponte di legno sopra il fiume. Oggi quel ponte è intitolato a Pier Pasolini. Nove a chi ha scritto questa bella pagina di memoria.
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Nella nuova serie di Boris il solito scalcagnato cast deve girare una vita di Gesù. Le comparse vengono scelte tra i calabresi perché il loro dialetto è una sorta di versione hard del palestinese. Sette agli sceneggiatori per considerazione linguistica. Nel cast della serie anche due attori i reggini Alessio Praticò e Peppe Piromalli. Otto di incoraggiamento. I talent calabresi non sono solo comparse.
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