MILANO Nessuna violenta aggressione o minaccia né tantomeno calca e caos, con attimi concitati e tifosi che si spostano in massa verso le uscite, sabato sera allo stadio Meazza di Milano durante la ritirata dagli spalti della Curva Nord ordinata dai capi ultrà nerazzurri in seguito all’omicidio di Vittorio Boiocchi, ammazzato da due killer sotto casa nel quartiere Figino, periferia Ovest di Milano. E’ quanto risulta al momento dalle indagini della Digos, che sta passando in rassegna i filmati delle telecamere a circuito chiuso di San Siro di due sere fa. Certo, qualche schiaffo o insulto è partito e non è escluso che il ‘codice’ degli ultrà sia stato fatto valere a discapito di qualcuno che, pur conoscendolo, si sia opposto uscendone così danneggiato. Per ora però non ci sono elementi per una indagine penale e non ci sono formali denunce necessarie per aprire un fascicolo. La polizia sta comunque proseguendo ad esaminare i video per capire cosa è davvero accaduto sugli spalti, anche in vista dell’emissione di eventuali Daspo.
E inoltre attende che qualcuno si faccia avanti con un esposto.
«FC Internazionale Milano condanna con fermezza qualsiasi episodio di coercizione avvenuto sabato sera al secondo anello verde dello stadio di San Siro», fa sapere dal canto suo il club neroazzurro che ha espresso anche «totale solidarietà» ai tifosi e ribadisce la «totale collaborazione» con le forze di polizia. Intanto il pm Paolo Storari, che coordina le indagini condotte dalla Squadra mobile, ha disposto l’autopsia, attesa per i prossimi giorni, sul corpo di Boiocchi.
Non si esclude alcuna pista, considerato il curriculum criminale di tutto rispetto del 69enne. Inquirenti e investigatori stanno sondando ogni aspetto della sua vita e dei suoi contatti: dai traffici su biglietti e parcheggi, di cui in una intercettazione si era vantato di guadagnare 80 mila euro al mese – per questo si passeranno al setaccio anche i suoi conti correnti -, allo spaccio di droga, dalle estorsioni alla connivenza prima della mala del Brenta, poi con Cosa nostra e, infine, con la ‘ndrangheta. Un lungo elenco di reati per i quali ha avuto 10 condanne definitive e un totale di 26 anni e 3 mesi di carcere già espiati, a cui si aggiungono 5 anni di Daspo e una misura di prevenzione della sorveglianza speciale per altro violata l’altra sera.
Il suo nome per altro è spuntato in un’altra inchiesta della Procura milanese, non ancora chiusa, che riguarda il periodo prima del Covid: è sua la voce che si sente in alcune intercettazioni ambientali da cui emergono possibili ricatti alla società nerazzurra sul business dei biglietti.
Intanto prosegue l’esame delle poche telecamere della zona in cui è avvenuto l’omicidio e sono stati ascoltati una serie di testimoni, tra cui i familiari e l’amico di Boiocchi che l’altra sera lo ha accompagnato in moto a casa: l’uomo avrebbe spiegato di non aver visto nulla. Gli altri, invece, pur trovandosi in via Zanzottera, da quanto si è saputo, avrebbero visto “brandelli” della scena dell’assassinio del capo ultrà ferito a morte da due dei cinque colpi esplosi da una semiautomatica calibro 9X21, uno al fianco e l’altro al collo, da due uomini in sella a uno scooter e ai quali ora si sta dando la caccia.
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