ROMA Tra le ipotesi al vaglio del Governo sulla strategia per affrontare la pandemia di Covid, spiega in una nota la Fondazione Gimbe, c’è lo stop all’obbligo vaccinale per il personale sanitario e il reintegro dal 1° novembre dei sanitari no-vax sospesi. «Il potenziale impatto in termini di sanità pubblica sarebbe modesto – spiega la Fondazione – sia perché la misura viene anticipata di soli due mesi rispetto alla scadenza fissata, sia perché riguarda un numero esiguo di professionisti». «Ben diverso – rileva il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta – l’impatto in termini di percezione pubblica di questa ‘sanatoria’ e delle relazioni con la stragrande maggioranza dei colleghi che si sono vaccinati per tutelare la salute dei pazienti e la propria, anche al fine di garantire la continuità di servizio. Peraltro, al di là di una scelta individuale incompatibile con l’esercizio di una professione sanitaria, si tratta di persone che hanno spesso seminato disinformazione pubblica sui vaccini, elevandosi a ‘paladini’ del popolo no-vax, a volte con evidenti obiettivi di affermazione politica individuale». «Se da un lato il loro reintegro lancia un messaggio profondamente antiscientifico – sottolinea la Fondazione – va ricordato che a livello locale possono essere stabilite disposizioni per affidare ai professionisti no-vax reintegrati attività diverse da quelle clinico-assistenziali, senza configurare demansionamento».
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