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Dal carcere di Cosenza i consigli di Patitucci per il suo vice: «Sparisci prima della sentenza»

Nei colloqui in carcere le “strategie” criminali («digli di non farsi arrestare»), il disprezzo per i pentiti e le richieste per la festa di compleanno con vista sulla cella. «Voglio dieci batterie…

Pubblicato il: 01/11/2022 – 7:04
di Pablo Petrasso
Dal carcere di Cosenza i consigli di Patitucci per il suo vice: «Sparisci prima della sentenza»

COSENZA «Ohi Ro’!! Diciaci a… di stare attento, di non farsi arrestare», dice Patitucci a sua moglie. «Gliel’ho detto già ieri sera…», risponde lei. «Digli… non s’è raccomandato altro». Pare la preoccupazione un po’ surreale di un genitore per il figlio scapestrato. E invece sono gli ordini un boss per il suo vice, stando alla sintesi dei militari della finanza. È dai colloqui carcerari che arriva(va)no le indazioni impartite dal boss Francesco Patitucci a Roberto Porcaro. Lunghe chiacchierate con la moglie del capo, Rosanna Garofalo, riferite quasi in tempo reale all’uomo indicato come “facente funzioni” alla guida del clan egemone a Cosenza. Gli investigatori ascoltano in quei colloqui richieste insistenti sulle attività e lo stato di salute di Porcaro e registrano un paio di ordini perentori: «evitare di essere arrestato» e «rendersi irreperibile nei giorni immediatamente precedenti la sentenza di primo grado relativa all’omicidio di Luca Bruni, che vedeva coimputati Patitucci e lo stesso Porcaro». Interessamento pensato a uso e consumo delle attività della cosca. «Per Patitucci – appuntano i militari della Guardia di finanza nell’informativa finale dell’inchiesta Reset – era essenziale che Porcaro rimanesse in libertà per gestire e controllare le attività criminali nel territorio bruzio» in base alle sue direttive. Imbasciate, notizie sui nuovi pentiti, anche le indicazioni per una festa di compleanno improvvisata: molti dei dialoghi sono incentrati su quelle che gli inquirenti ritengono indicazioni sulle strategie criminali ma c’è anche altro nelle parole del boss che si descrive come un perseguitato. 

In carcere arriva la notizia del pentimento di Impieri

In carcere arriva la notizia del pentimento di Impieri
Luciano Impieri

Il 15 marzo 2018 l’argomento di conversazione è spinoso. Rosanna Garofalo informa Patitucci del pentimento di Luciamo Impieri. Il boss sulle prime si gira verso il posto di Polizia e cambia discorso, poi fa una domanda a un parente che ha accompagnato la moglie in visita. E questi risponde «che secondo gli articoli di stampa il pentimento di Impieri era precedente al momento in cui la notizia era stata divulgata». Patitucci, però, «blocca immediatamente il discorso e si gira nuovamente verso gli agenti presenti nei pressi della sala colloquio, aggiungendo “sono gatti loro…”». La notizia, però, torna al centro di un colloquio del 26 marzo, quando Patitucci chiede nuovamente ragguagli sul pentimento di Impieri. Il boss «tranquillizza la moglie dicendo che non gli importa di queste cose e aggiungendo: “C’anni dì (cosa devono dire)” e ordina alla moglie di rispondere a tono se qualcuno dovesse dirle qualcosa». All’altro parente presente in sala colloqui il capoclan chiede «cosa si dica a Cosenza circa il pentimento di Impieri». «Sempre roba di giornali», è la risposta. Poi gesticola, «dicendo che forse questa persona conosce lui di vista, ma lui non lo conosce». La moglie, invece, dice, riferendosi al pentito, «che parla solo per vantarsi e pavoneggiarsi». 

Le istruzioni per la festa di compleanno con i fuochi d’artificio

Le istruzioni per la festa di compleanno con i fuochi d’artificio davanti al carcere di Cosenza

Qualche tempo dopo, il 16 aprile, Rosanna Garofalo comunica a Patitucci «l’incidente motociclistico di Roberto Porcaro». Circostanza che il boss non prende bene. «Si posiziona alla sinistra della moglie – appuntano gli investigatori – e una volta seduto chiede ulteriori informazioni sullo stato di salute della persona che ha avuto l’incidente». «Non è in pericolo di vita», gli spiegano. La notizia provoca le imprecazioni di Patitucci, preoccupato per le sorti del proprio vice. Le sue condizioni, tuttavia, migliorano, almeno stando alle intercettazioni riversate nell’informativa. Il 2 maggio, infatti, Patitucci dà indicazioni alla moglie: sono le istruzioni per una terza persona, che per i finanzieri è proprio Porcaro, «in ordine all’orario in cui doveva fare esplodere i fuochi d’artificio in occasione del compleanno di Patitucci che cadeva il lunedì successivo, 7 maggio». Il boss vuole fare le cose in grande e chiede «l’impiego di una decina di batterie». Lei chiede «a che ora?» e lui risponde «alle otto, alle nove», poi «sembra dare indicazioni sulla posizione della sua cella». Infine si rallegra del trasferimento al carcere di Cosenza, dove, «a causa delle poca rigidità dell’istituto penitenziario, si sentiva “ai domiciliari”». «Qua sembrano i domiciliari, ti vedo tutti i giorni», è la frase sottolineata dagli inquirenti. 
Appena uscita dal carcere, Rosanna Garodalo si dirige verso casa di Porcaro «per informarlo del contenuto del colloquio e per richiedere l’approntamento dei fuochi d’artificio».  
Arriva la fatidica data e, puntuali, i fuochi vengono trasportati davanti al penitenziario e fatti esplodere «nonostante il transito di un’autovettura delle forze dell’ordine». Porcaro e Patitucci riescono anche a scambiarsi un saluto a distanza.  

Il consiglio a Porcaro. «Sparire due giorni prima della sentenza»

Qualche giorno dopo è di nuovo tempo di discutere dei guai giudizia del boss. Oggetto della conversazione è il processo per il delitto Lenti-Gigliotti del 1986. «Mi trovo in due processi (l’altro è quello per l’omicidio di Luca Bruni, per il quale Patitucci è stato condannato a 30 anni in primo grado e assolto in appello, ndr) che non c’entro né dalla porta né dalla finestra – sbotta –. Mi ci hanno messo là, per la frittuliata da capocchia che è stato il sabato e vanno trovando la domenica… questo, che cazzo me ne fregava a me che si pentiva Luca Bruni? Ma stiamo scherzando davvero? Solo per il fatto che c’ero io fuori, che gli altri erano latitanti, chi ci poteva essere prezzemolo ogni minestra? Raggiriamo Patitucci». Raggiro o meno, Patitucci ha un consiglio da far recapitare al suo vice dalla propria moglie, che «doveva riferire a Porcaro di rendersi irreperibile due o tre giorni prima del giorno della sentenza. In sostanza – si legge nell’informativa – Porcaro doveva rendersi latitante in vista di una possibile condanna poiché evidentemente l’organizzazione criminale degli “italiani” non poteva permettersi la carcerazione contemporanea di Patitucci e del suo erede designato». 

La testa di maiale vicino a casa del boss

Ancora nel 2018, questa volta il 10 agosto, la tensione si alza. I parenti di Patitucci gli riferiscono del rinvenimento di una testa di maiale all’interno di un’auto rubata nei pressi della sua abitazione. E riconducono il gesto «al timore che Patitucci potesse decidere di collaborare con la giustizia». Questione delicatissima per il malinteso senso dell’onore di un “capo”. Che, infatti, chiede ai suoi familiari «una smentita pubblica (da commissionare agli avvocati, ndr) in ordine all’eventualità del suo pentimento». 
«È uscito un articolo di giornale, però non era vero, il quale riportava che sotto casa vostra avevano lasciato una macchina rubata con una testa di maiale tagliata», riassume un parente. 
«Ma cose da pazzi! Ma questi sono pazzi», risponde Patitucci. 
Tocca poi alla moglie spiegare meglio: «Dicono che è un messaggio per Patitucci qualora avesse intenzione di pentirsi e altro».
«E non avete detto all’avvocato di fare la smentita?», domanda il boss. Che continua: «Queste sono tutte manovre. Chi ha tolto fuori la calunnia quando mi hanno arrestato… le persone che mi hanno calunniato hanno suggerito a Lamanna di accusarmi, a Impieri di accusarmi, a quest’altro “cacaticchio” che dicano abbia fatto dichiarazioni (…) Pulicanò, un certo Pulicanò. Un ragazzo che io conosco così (…) Gliel’ho scritto all’avvocato l’altro giorno… due estranei procedimenti, due estranei processi, tutti e due: quello di Luca Bruni e quello che mi stanno facendo fare a forza. (…) Questa è tutta una manfrina… non ho la prova, non ho la prova ma è un film che io ho già visto dall’inizio alla fine». (p.petrasso@corrierecal.it)

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