AOSTA «Che sostegno elettorale, promesso, accettato ed effettivamente assicurato dai componenti del locale di Aosta, vi sia stato anche in occasione delle elezioni del 2018 in Valle d’Aosta, appare obiettivamente riscontrato dall’esito delle indagini» e i «candidati sostenuti» erano consapevole della «loro appartenenza all’organizzazione criminale» ma non c’è prova dello scambio. Così le motivazioni della richiesta di archiviazione dell’inchiesta Egomnia fimata dalla Dda di Torino su un presunto scambio elettorale politico mafioso alle elezioni regionali del 2018. Tra i 23 indagati anche gli ex presidenti della Regione Antonio Fosson, Laurent Vierin e Renzo Testolin, l’ex assessore regionale Stefano Borrello, l’ex consigliere regionale Luca Bianchi, il ristoratore Antonio Raso, Roberto Di Donato e Alessandro Giachino, oltre all’ex presidente della Regione Augusto Rollandin.
Antonio Raso, Roberto Di Donato e Alessandro Giachino sono tra i condannati in primo e secondo grado nel processo sull’inchiesta Geenna su una locale di ‘Ndrangheta in Valle d’Aosta. Secondo il pm Valerio Longi della Dda di Torino le «utilità procurate» dopo la competizione elettorale «e normalmente in costanza di carica, costituiscono il tipico esempio sintomatico dell’esistenza dell’accordo» tra politici e ‘ndranghetisti. Tuttavia di ciò «difetta la prova» dato che «non erano trascorsi che pochi mesi dalle elezioni del maggio 2018 al gennaio 2019», quando erano scattati gli arresti dell’operazione Geenna, «l’indagine madre», che aveva avuto «un impatto considerevole sulla situazione in Valle d’Aosta, anche solo impedendo ai soggetti attinti dalle misure cautelari di perpetuare quei contatti ampiamente emersi» nel corso dell’inchiesta Egomnia.
Per la Dda «non vi era stato, dunque materialmente il tempo» perché si manifestassero «quei comportamenti sintomatici, in termini di utilità procurate o di disponibilità manifestata, di un accordo preesistente alla competizione elettorale». Mancando gli elementi della preesistenza di un accordo «per il voto di scambio, difetta la prova logica dell’esistenza di tale accordo, non essendo evidentemente sufficiente la prova del sostegno elettorale da parte di persone appartenenti alla ‘Ndrangheta decise ad orientare il consenso elettorale, forti della propria riconosciuta appartenenza».
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