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La modernità di don Giussani (e la “nostalgia” per la sua opera)

A Lamezia Terme un evento dedicato al secolo dalla nascita del religioso. Ecco perché la sua figura andrebbe ripresa anche in Calabria

Pubblicato il: 03/11/2022 – 17:59
di Emiliano Morrone
La modernità di don Giussani (e la “nostalgia” per la sua opera)

LAMEZIA TERME «Vi invito ad accompagnarmi nella profezia per la pace». È il messaggio che lo scorso 15 ottobre Papa Francesco ha rivolto in piazza San Pietro a numerosi appartenenti a Comunione e Liberazione, giunti a Roma per il centesimo anno dalla nascita di don Luigi Giussani.
Chi era quel prete, spesso confuso con la stessa fraternità che aveva fondato tra il ’69 e il ’70, nota anche per l’organizzazione del Meeting di Rimini, cui intervengono esponenti del governo e vertici dell’economia, della finanza e dell’industria?
Di là dalla memoria del centenario, che senso ha, oggi, chiamare in causa Giussani, che operò nel Novecento delle grandi guerre, del radicamento del pensiero della «Scuola del sospetto», del dubbio come prospettiva esistenziale, del terrorismo, delle stragi impunite e dell’unificazione monetaria dell’Europa, ormai sganciata dalle proprie radici cristiane? Prima di salire al soglio pontificio, nel febbraio del 2005 il cardinale Joseph Ratzinger rammentò che il sacerdote lombardo si era impegnato «a ridestare nei giovani l’amore verso Cristo “Via, Verità e Vita”». Ratzinger mise in fila termini in conflitto con il presente della religione capitalistica, delle incertezze, delle illusioni e delle morti in diretta oppure nell’ombra.
A Lamezia Terme, per venerdì 4 novembre è in programma un evento dedicato al secolo dalla nascita di don Giussani. Intitolato «Il Gius innamorato di Cristo e del mondo», l’appuntamento è previsto alle ore 18 nella parrocchia di San Giovanni Battista. Parleranno Antonio Saladino, esponente storico dei ciellini calabresi, Concetta Rijillo e don Giuseppe Montano. Nel corso dell’iniziativa, daranno la loro testimonianza padre Antonello Erminio, guida dei missionari vincenziani in Italia, l’avvocato Roberto Gerosa e la scrittrice Carmen Giussani.
È proprio il Papa ad aver sottolineato la modernità di Giussani, quando lo scorso 15 ottobre ne ha ricordato «la paternità sacerdotale appassionata nel comunicare Cristo», la storia di «servitore di tutte le inquietudini e le situazioni umane che andava incontrando nella sua passione educativa e missionaria».
«La Chiesa – è il pensiero del pontefice – riconosce la sua genialità pedagogica e teologica, dispiegata a partire da un carisma che gli è stato dato dallo Spirito Santo per l’“utilità comune”. Non è una mera nostalgia ciò che ci porta a celebrare questo centenario, ma è la memoria grata della sua presenza: non solo nelle nostre biografie e nei nostri cuori, bensì nella comunione dei santi, da dove intercede per tutti i suoi». «I tempi di crisi – ha detto il Papa ai militanti di Comunione e Liberazione – sono tempi di ricapitolazione della vostra straordinaria storia di carità, di cultura e di missione; sono tempi di discernimento critico di ciò che ha limitato la potenzialità feconda del carisma di don Giussani; sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario alla luce dell’attuale momento ecclesiale, come pure delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea. La crisi fa crescere. Non va ridotta al conflitto, che annulla».
Ancora, Papa Francesco ha ricordato «alcuni aspetti della ricca personalità di don Giussani: il suo carisma, la sua vocazione di educatore, il suo amore alla Chiesa». «Come – ha proseguito Bergoglio – disse alle sue esequie l’allora cardinale Ratzinger: “Sempre don Giussani ha tenuto fisso lo sguardo della sua vita e del suo cuore verso Cristo. Ha capito in questo modo che il cristianesimo non è un sistema intellettuale, un pacchetto di dogmi, un moralismo, ma che il cristianesimo è un incontro; una storia d’amore; è un avvenimento».
Riecheggiava, nelle parole di Benedetto XVI, un pezzo della critica heideggeriana alla metafisica. «Don Giussani attraeva, convinceva, convertiva i cuori – ha spiegato Papa Francesco – perché trasmetteva agli altri ciò che portava dentro dopo quella sua fondamentale esperienza: la passione per l’uomo e la passione per Cristo come compimento dell’uomo». «Don Luigi – ha aggiunto Francesco – aveva una capacità unica di far scattare la ricerca sincera del senso della vita nel cuore dei giovani, di risvegliare il loro desiderio di verità». E ancora, secondo il Papa «don Giussani è stato un sacerdote che ha amato tanto la Chiesa», perché «anche in tempi di smarrimento e di forte contestazione delle istituzioni, ha sempre mantenuto con fermezza la sua fedeltà alla Chiesa, per la quale nutriva un grande affetto – amore! –, quasi una tenerezza, e nello stesso tempo una grande riverenza, perché credeva che essa è la continuazione di Cristo nella storia».
Nel discorso di Papa Bergoglio emerge con chiarezza l’intenzione di attualizzare la figura e l’opera di don Giussani, che andrebbero riprese pure, e forse soprattutto, in Calabria. Se non altro per la pratica della carità, come riferimenti per coinvolgere nel concreto le ultime generazioni; specie in questo tempo di sentita mancanza di esempi, di percorsi, di obiettivi condivisi. (redazione@corrierecal.it)

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