BOLOGNA «Abbiamo posto all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione due passaggi della sentenza che non ci hanno convinto, riguardanti alcuni reati di intestazione fittizia che sono la nuova arma utilizzata dalle mafie imprenditrici per incidere sul tessuto socio-economico anche con riguardo all’utilizzo strumentale degli stessi per favorire l’associazione mafiosa». Lo dice il procuratore generale reggente di Bologna Lucia Musti, che insieme al sostituto pg Beatrice Ronchi ha firmato due ricorsi per alcune posizioni di imputati nel processo ‘Grimilde‘, importante procedimento contro le cosche di ‘ndrangheta infiltrate in Emilia.
Il 16 giugno la Corte di Appello ha giudicato 40 imputati, confermando l’accusa di associazione mafiosa, riducendo qualche pena e pronunciando qualche assoluzione. Ora la Procura generale chiede alla Cassazione di annullare alcune decisioni.
Da un lato, le assoluzioni di Antonio e Cesare Muto, delle parenti Domenica Parrinelli, Rosetta Pagliuso, Rossella Lombardo e del commercialista Donato Agostino Clausi da alcune ipotesi di intestazione fittizia: sul punto il ricorso rileva come la sentenza di Appello sia manifestamente illogica e sottolinea contraddittorietà intrinseche del provvedimento, che peraltro non ha tenuto conto, per i Pg, di precedenti pronunce.
Il secondo ricorso chiede poi di annullare i proscioglimenti per prescrizione per Salvatore Grande Aracri, accusato in concorso con la moglie Carmelina Passafaro e il padre Pietro Passafaro di reati legati ad alcune società. In questo caso la Corte di Appello non ha riconosciuto l’aggravante mafiosa, con la conseguente riduzione dei tempi di prescrizione. Ma per la Procura generale, tra l’altro, è evidente che le imprese in questione fossero legate ad altre di cui era stata già riconosciuta la ‘mafiosità’.
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