REGGIO CALABRIA “In soccorso” della sanità privata colpita dagli effetti del Covid 19. È questo l’obiettivo di una proposta di legge presentata dal presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso, dal vicepresidente dell’assembla Pierluigi Caputo e dal presidente della terza commissione Sanità Michele Comito: la proposta di legge, dal titolo “Riconoscimento dei maggiori oneri derivanti dall’emergenza Covid-19 sostenuti dagli erogatori privati accreditati, nel triennio 2020-2022, e liquidazione dei conseguenti ristori economici”, è stata già assegnata per l’esame di merito alla stessa terza commissione e alla seconda commissione Bilancio del Consiglio regionale per il parere finanziario.
«Durante il periodo emergenziale – scrivono Mancuso, Caputo e Comito nella relazione illustrativa della proposta di legge regionale – si sono susseguiti numerosi atti – sia a livello nazionale che regionale, ed attualmente continuano ad esserne adottati ulteriori, anche dalle singole Aziende sanitarie provinciali – aventi carattere urgente e straordinario, volti a contenere gli effetti dei contagi. L’emanazione di questi provvedimenti restrittivi comporta, per gli erogatori privati accreditati, da un lato un aumento considerevole dei costi e, dall’altro, una notevole riduzione dei ricavi. Infatti, le strutture sanitarie private accreditate devono sopportare i maggiori costi connessi agli adeguamenti strutturali ed organizzativi specificamente previsti dalla sopravvenuta normativa emergenziale di riferimento, oltre a quelli relativi all’obbligatoria acquisizione della dotazione di dispositivi di protezione individuale. Conseguentemente le strutture sanitarie private accreditate hanno, loro malgrado, dovuto sopportare tutti i relativi costi connessi alla dotazione di Dpi e dagli adeguamenti strutturali ed organizzativi specificamente previsti dalla sopravvenuta normativa emergenziale di riferimento».
I promotori del testo sostengono che «questi aggravi di spesa sono stati e continuano ad essere a totale carico degli erogatori privati, dal momento che questi ultimi sottoscrivono con le Asp di appartenenza rituali contratti di acquisto per prestazioni ex articolo 8-quinquies del dlgs 502/92; tali contratti rispondono alla disciplina dettata dal Dca 81/2016 (riguardante i requisiti strutturali ed organizzativi) e dalla tariffa di riferimento che è quella contenuta nel Dca 15/2016 (a tutt’oggi rimasto immutato). Detti Decreti commissariali non potevano certamente prevedere costi da Covid-19, con la conseguenza che gli erogatori hanno dovuto subire per legge ulteriori imposizioni derivanti dalle norme di prevenzione e contenimento del Covid-1 che hanno generato un forte aggravio di spesa in capo a questi ultimi e del tutto imprevisti ed imprevedibili».
Inoltre Mancuso, Caputo e Comito rilevano che «le strutture private accreditate del comparto sanitario durante la pandemia hanno dovuto fare fronte alla diminuzione delle entrate causata da una forte riduzione delle prestazioni erogate in convenzione. Queste strutture, inoltre, hanno dovuto ottemperare, come tutti, alle disposizioni sul distanziamento, che ha ridotto ulteriormente la loro capacità ricettiva ed il numero degli ospiti facendo aumentare le spese di assistenza e diminuire le entrate. La contrazione delle attività registrata dalle strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate, rispetto ai volumi di prestazioni contrattualizzati, è scaturita dai provvedimenti di sospensione delle attività sanitarie o recanti misure per il distanziamento sociale e il contenimento della diffusione del virus, emanati dal Governo centrale e dalla Regione durante la pandemia, che hanno determinato la progressiva riduzione delle presenze. Tutte le misure restrittive – ivi compresi i provvedimenti di chiusura temporanea, notoriamente adottati durante il periodo emergenziale – hanno determinato, pertanto, una sensibile diminuzione della produzione e del conseguente fatturato».
Da qui dunque la necessità, per i promotori della legge, della liquidazione dei ristori economici alla sanità privata, liquidazione che tuttavia – garantiscono nella relazione Mancuso, Caputo e Comito, sarà a costo zero per le casse della Regione. «Dall’attuazione delle disposizioni della presente proposta di legge – si legge a questo proposito nella relazione all’articolato – non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale. Tutti i costi da Covid-19 (Dpi e minor fatturato) da riconoscersi sin dall’inizio dell’emergenza pandemica e fino al perdurare di episodi riconducibili alla stessa trovano piena copertura finanziaria e, precisamente: i maggiori oneri derivanti dall’emergenza Covid -19 sostenuti dagli erogatori privati accreditati, trovano copertura nelle erogazioni ministeriali rese in favore della Regione; i ristori da minor fatturato non costituiscono aggravio di spesa, trattandosi di importi già precedentemente stanziati a copertura degli accordi e dei contratti di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 502 per i rispettivi anni di riferimento e, pertanto, possono essere erogati alle strutture sanitarie private accreditate e contrattualizzate aventi diritto nel rispetto dell’equilibrio economico finanziario regionale». (redazione@corrierecal.it)
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