COSENZA Domani, la Corte Costituzionale tornerà a trattare «l’ergastolo ostativo», la norma interessa circa 1.200 detenuti e il Governo, in queste ore, è alle prese con la discussione sul delicato tema. Il tempo stringe, considerata l’ordinanza dell’aprile 2021 con la quale la Corte Costituzionale ha stabilito che l’ergastolo ostativo, è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione. Al Parlamento, visti anche i problemi legati al Covid, aveva dato una proroga alla precedente scadenza fissata a maggio 2022 di altri sei mesi per varare un nuova legge. Il tempo ormai è scaduto e domani la Corte si riunirà per discutere del tema. Intanto, la Camera Penale di Cosenza ha organizzato una giornata di studi dedicata proprio all’ergastolo ostativo, ai suoi effetti ed ai diritti dei detenuti. Ai lavori, ha preso parte anche Mario Spagnuolo, procuratore di Cosenza.
«È un momento di riflessione importante, una giornata di studi che va a collocarsi in un momento storico anche questo estremamente significativo: il tema dell’educazione stativo è complesso e probabilmente riguarda i filosofi del diritto ancor prima degli operatori», dice Spagnuolo al Corriere della Calabria. Che poi analizza il rapporto fra pena e colpa. «Oramai la pena nel nostro sistema giuridico ha una funzione più simbolica che effettuale, resta un problema di fondo è cioè quello di conciliare un principio costituzionale, quello della rieducazione dei condannati, con il fine pena mai. Da una parte vi sono le esigenze di sicurezza sociale determinate soprattutto dai condannati per gravissimi reati di criminalità organizzata e dall’altra, l’esigenza del recupero dell’individuo a fronte di questo atteggiamento pan penalistico del nostro legislatore che tende a dilatare la sfera del penale e soprattutto la sfera delle pene sempre più afflittive». Senza scendere in campo indossando la bandiera dei garantisti o quella dei manettari, vi è senza dubbio un’altra questione spinosa che si lega al tema dell’ergastolo: la questione morale. «Noi abbiamo un principio costituzionale che è quello del recupero del detenuto e poi vi è il principio costituzionale del rispetto della dignità dell’individuo», sottolinea il Procuratore. Che aggiunge: «Abbiamo assistito a condannati a pene definitive nei cui confronti non sono state concessi alcun tipo di benefici e sono stati lasciati morire in carcere da vegetali, mi chiedo che senso abbia». «Ripeto – chiosa Spagnuolo – dal punto di vista della afflittività della sanzione penale il senso è zero, dal punto di vista, invece, della efficacia simbolica della pena il discorso diventa più complicato e probabilmente non attiene alla sfera dell’operatore giurisdizionale, ma afferisce al mondo delle istituzioni e della politica». (redazione@corrierecal.it)
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