BOLOGNA Francesco Grande Aracri «è il simbolo concretizzato, il vertice massimo della ‘Ndrangheta in Emilia e ne detta le strategie. Tutti i sodali si sono uniformati. Ha modellato la ‘Ndrangheta su questo territorio in forme che potessero proliferare, in ogni settore, soprattutto economico. Ha deciso che le dimostrazioni più brutali dovessero essere messe da parte, trasferite in altri territori che avrebbero purtroppo assorbito meglio le strategie violente». Lo ha sottolineato il pm della Dda di Bologna Beatrice Ronchi nella prima parte della sua requisitoria del processo “Grimilde”, in corso a Reggio Emilia per 22 imputati, tra cui il boss della famiglia di origine cutrese e il figlio Paolo.
Al centro ci sono le infiltrazioni delle cosche in regione e in particolare la situazione di Brescello, il primo e unico comune sciolto per mafia in Emilia-Romagna. Per Ronchi «l’Emilia non avrebbe digerito azioni eclatanti, bisognava parlare lo stesso linguaggio. Quello della ricchezza ottenuta tramite scorciatoie – linguaggio che l’emiliano poteva comprendere – mimetizzandosi nella società civile». La pm ha ricordato che da poco sono uscite le motivazioni della Cassazione sul maxiprocesso “Aemilia” che attestano il fenomeno della ‘Ndrangheta emiliana come «gruppo mafioso autonomo supportato da ampia dotazione di uomini e mezzi».
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