COSENZA Il carcere, secondo la Costituzione, è luogo di rieducazione e non solo di pena. Raccontare il carcere è assai difficile, narrare le emozioni di chi li vive da dentro è un esercizio evidentemente complicato. Per un’analisi profonda occorre partire dal concetto di pena. La privazione della libertà è la punizione, anche se – ribadiscono i Garanti dei diritti delle persone private della libertà – la pena non deve minare la dignità della persona e non deve prevedere l’aggiunta di nessuna ulteriore punizione, sia essa fisica o psichica.
«La situazione delle carceri calabresi riflette sicuramente l’andamento nazionale, possiamo dire innanzitutto che i circa 2700 detenuti dislocati su 12 istituti penitenziari in Calabria non hanno superato il limite massimo della capienza, ma è evidente che il sovraffollamento all’interno delle carceri è un dato ormai oggettivo e reale», racconta al Corriere della Calabria, l’avvocato Luca Muglia Garante Regionale dei Diritti delle persone private della libertà. Non solo celle sovraffollate, un altro tema evidentemente importante per numeri e dati drammatici riguarda i suicidi in cella. «Sono innumerevoli le vite perse dall’inizio dell’anno – continua Muglia – morire di carcere è diventato purtroppo quasi la quotidianità. Da questo punto di vista, il supporto alle persone detenute con fragilità psicologiche e patologie psichiatriche deve cambiare. Questo è assolutamente importante, fondamentale». Ma non basta. «Poi è necessario sicuramente ridurre le situazioni di vulnerabilità all’interno delle carceri per non aggiungere un surplus di sofferenze esistenziali». Gli istituti penitenziari sono popolati anche da un esercito, ormai spuntato, di poliziotti penitenziari. «La carenza di organico è sotto gli occhi di tutti – sostiene Muglia – e si riflette su tutte le altre problematiche, compresi i suicidi. Il problema dell’osservazione dei detenuti che hanno particolari problematiche richiede necessariamente una presenza costante e quindi cercherò di parlare con il provveditore, con il dipartimento del Ministero, per sollecitare l’implementazione degli organici». La chiosa, il Garante la dedica alla riforma Cartabia. «Che introduce delle pene finalmente sostitutive, ma anche i programmi di giustizia riparativa, aprendo un discorso molto interessante che richiede una rete permanente di collaborazione tra tutte le persone coinvolte in questa materia».
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