COSENZA Si è concluso con l’evento “Codice a Sbarre”, la giornata di studi organizzata dalla Camera penale di Cosenza e dedicata all’ergastolo ostativo ed ai diritti dei detenuti. Due sessioni intense che hanno coinvolto numerosi relatori.
Il carcere non è solo un luogo di pena, ma evidentemente uno spazio in cui intraprendere un percorso di rieducazione. Lo sancisce l’articolo 27 della Costituzione italiana: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte». Il percorso della detenzione deve tenere presente la funzione rieducativa della pena, «è un principio ispiratore delle attività dell’amministrazione penitenziaria», dice al Corriere della Calabria, Gerardo Guerriero provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria. «Sarebbe importante se questo principio – continua – venisse applicato anche dagli altri organismi che insieme al carcere dovrebbe contribuire a dare a queste persone una speranza di una vita diversa, un’opportunità. Mi riferisco all’amministrazione scolastica, molto presente in Regione». Secondo Guerriero bisognerebbe incentivare «la formazione professionale, magari coinvolgendo il terzo settore, il volontariato, tutte quei soggetti che possono aiutare gli operatori di penitenziaria a realizzare il principio costituzionale della rieducazione». Garantire l’armonia negli istituti penitenziari, non equivale a rendere più agevole la vita di chi è costretto dietro le sbarre. «Nella fase acuta del Covid – dice Guerriero – i contatti dei detenuti con le famiglie sono stati complessi, ma grazie alle videoconferenze siamo stati in grado di gestire le situazioni di lontananza e l’assenza di contatto diretto. È stato un grandissimo aiuto, ora stiamo continuando su questa strada». Per il provveditore regionale, infine, «un detenuto sereno è sicuramente più facile da gestire». «Questo è un indirizzo che anche dall’amministrazione centrale abbiamo ricevuto – chiosa – e che cerchiamo di applicare tutte le strutture del territorio».
In Italia, nell’ultimo anno, il numero dei suicidi in carcere è lievitato rispetto al 2021 ed ha raggiunto quota 72. «Nel carcere di Cosenza non si registra un’alta incidenza di suicidi. Si è verificato solo un caso di un detenuto straniero di nazionalità russa risalente a due anni e mezzo fa per problematiche familiari, legate alla distanza. Lo stesso detenuto non ci aveva reso edotti sulla sua condizione», racconta al Corriere della Calabria il direttore dell’istituto penitenziario “Sergio Cosmai”, Maria Luisa Mendicino. Sul personale, invece, pesa come un macigno l’atavica carenza di organico. «C’è carenza di personale, come accade in tutti gli istituti. Si stanno effettuando diversi concorsi sia per quanto riguarda la polizia penitenziaria e sia per quanto riguarda gli altri profili: giuridico e pedagogico». Nonostante tutto, il penitenziario di Cosenza «va avanti con numerose attività». «Tre giorni fa al Teatro Rendano, abbiamo messo in scena un bellissimo spettacolo teatrale ed è già una prova di ciò che si fa all’interno del carcere di Cosenza», aggiunge la direttrice. Che poi precisa: «Qualsiasi intervento posto in essere all’interno dell’istituto penitenziario per quanto attiene il trattamento del soggetto detenuto non può produrre effetti anche al di fuori delle mura carcerarie. Se uscito dal penitenziario, il detenuto non viene adeguatamente sostenutosi ritroverà in una comunità certamente cambiata».
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