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Cosa cambia (e cosa no) con la proroga del Decreto Calabria: non c’è una scadenza per il commissariamento

I dubbi nati dal comunicato di Palazzo Chigi e le previsioni della normativa. Quali sono i prossimi passi per i manager e Azienda Zero

Pubblicato il: 09/11/2022 – 8:03
di Emiliano Morrone
Cosa cambia (e cosa no) con la proroga del Decreto Calabria: non c’è una scadenza per il commissariamento

Diversi lettori di Corriere Suem ci hanno chiesto di chiarire se nell’ultimo decreto Calabria sia prevista la fine del commissariamento regionale per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi sanitari. In particolare, il loro dubbio è nato da un comunicato stampa di Palazzo Chigi, nel quale, con riferimento alle decisioni assunte nel Consiglio dei ministri del 4 novembre scorso, figurano prorogate «per un periodo di 6 mesi le misure relative al settore sanitario della Regione Calabria, con particolare riferimento al termine del Commissariamento». Ciò, riporta il comunicato, «al fine di consentire alla regione di proseguire le attività avviate in relazione al personale degli enti del Servizio sanitario regionale, completare il consolidamento della struttura manageriale della sanità e avviare a pieno regime l’Azienda Zero quale struttura di governance della sanità regionale».

Fissato il termine del commissariamento della Sanità calabrese?

Con proprio decreto legge, lo scorso venerdì 4 novembre il governo ha prorogato la durata delle «misure eccezionali per il sistema sanitario della regione Calabria», modificando l’«articolo 7, comma 1, del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2020, n. 181». Nello specifico, sul dichiarato presupposto di «straordinaria necessità e urgenza» dell’intervento governativo, nel citato articolo «le parole “24 mesi” sono» state «sostituite dalle seguenti: “30 mesi”».
In pratica, per ulteriori sei mesi il governo ha mantenuto in capo al commissario Occhiuto i poteri aggiuntivi – tra cui la nomina dei commissari al posto dei direttori generali delle aziende del Servizio sanitario regionale – contenuti nella summenzionata legge di conversione numero 181 del 2020. Nello specifico, per come riassunto nel comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli obiettivi dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni sono: consentire alla Calabria di ridurre la carenza di personale nelle aziende pubbliche della salute e di riorganizzare quello già in servizio; favorire la stabilità del management sanitario; permettere che funzioni a pieno regime l’Azienda Zero, istituita lo scorso 14 dicembre e, dal maggio del 2022, diretta da Giuseppe Profiti, già presidente e amministratore delegato dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Il governo non ha fissato un termine al commissariamento della Sanità calabrese, al contrario di quanto da giorni si legge nelle bacheche social di diversi utenti della Calabria. Allo scadere dei sei mesi della proroga deliberata dal Consiglio dei ministri, il Servizio sanitario calabrese resterà ancora nelle mani del governo, tramite il commissario delegato, Roberto Occhiuto, che è insieme presidente della Regione Calabria.

Perché il commissariamento rimane?

L’articolo 120 della Costituzione prevede, tra l’altro, che il governo possa sostituirsi a organi delle Regioni «quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali». La legge, precisa lo stesso articolo, «definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione».
Sul sito del ministero della Salute viene chiarito che «i programmi operativi di riorganizzazione, di riqualificazione, di potenziamento del Servizio sanitario regionale (successivamente chiamati Piani di rientro) nascono con la Legge finanziaria del 2005 (Legge 311/2004) e sono allegati ad accordi stipulati dai Ministri della salute e dell’economia e delle finanze con le singole Regioni». «I Piani – si legge sul sito dello stesso ministero – devono contenere sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) per renderle conformi con la programmazione nazionale e con il vigente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di fissazione dei Lea, sia le misure per garantire l’equilibrio di bilancio sanitario. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, i Piani di rientro proseguono secondo programmi operativi di durata triennale».

Il monitoraggio sull’attuazione del Piano di rientro – in Calabria avviato nel 2009 e dal 2010 gestito dal commissario del governo – è affidato al Comitato per la verifica dell’erogazione dei Lea e al Tavolo di verifica degli adempimenti. In sostanza, allo stato la Sanità calabrese può uscire dal regime commissariale soltanto se si avvicina al rientro dal disavanzo e se viene certificato l’aumento del punteggio dei Lea, nel 2019 sceso a 125. I relativi tempi non saranno brevi, specie perché è in corso una ricognizione sui bilanci (non ancora approvati) delle aziende sanitarie e la possibilità di coprire le carenze di organico è limitata da parametri oggi inadeguati, che andrebbero rivisti.

Perché i due governi di Conte vararono il primo e il secondo decreto Calabria?

L’incontro tra Oliverio, Cotticelli e Schael

Il primo decreto Calabria, numero 35 del 30 aprile 2019, poi convertito dalla legge numero 60 del 25 giugno 2019, ha una storia che molti calabresi non conoscono. Nelle prime settimane del 2019, il casus belli tra l’allora presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, e il primo governo Conte fu – secondo il racconto che ne fece Thomas Schael, all’epoca vice del commissario alla Sanità calabrese, Saverio Cotticelli – l’ostinata volontà di Oliverio di riconfermare Raffaele Mauro alla guida dell’Asp di Cosenza. Cotticelli e Schael volevano trattare sulle nomine dei nuovi direttori generali, dato che nel gennaio di quell’anno erano scaduti quelli già incaricati per legge da Oliverio, nel frattempo sottoposto alla misura cautelare coercitiva dell’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, in quanto indagato nell’inchiesta Lande desolate, coordinata dalla Dda di Catanzaro. Per inciso, Oliverio venne in seguito assolto con formula piena, a conclusione del rito abbreviato.
Il presidente della Regione e i due commissari alla Sanità calabrese si incontrarono a San Giovanni in Fiore, all’hotel “La duchessa della Sila”. Tuttavia, quel faccia a faccia non servì a superare i contrasti fra le parti, che, disse Schael, riguardavano soprattutto la figura di Mauro. L’allora ministro della Salute, la deputata del Movimento 5 Stelle Giulia Grillo, fu convinta della necessità di sottrarre al presidente della Regione il potere di nominare i direttori generali delle nove aziende del Servizio sanitario della Calabria, compreso il vertice dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Catanzaro, che richiede il beneplacito del rettore. Il primo governo Conte approvò il decreto Calabria, cui seguì il secondo, ad opera del «Conte 2», a seguito di un’accesa discussione parlamentare, nell’ambito della quale fu ascoltato il docente Unical Ettore Jorio, molto critico sull’impostazione dell’articolato. La breve durata del mandato dei vertici delle aziende pubbliche della Sanità calabrese era stata una costante dell’attuazione del primo decreto Calabria, che il governo aveva definito come soluzione necessaria quanto utile.

E adesso?

Ora il commissariamento delle nove aziende del Servizio sanitario della Calabria proseguirà per altri sei mesi, con la possibilità, per Occhiuto, di nominare altri commissari al posto di quelli in carica, stavolta senza il rischio di contenziosi. Alla fine di questo periodo, Azienda Zero dovrà essere operativa. Poi Occhiuto dovrebbe, da presidente della Regione, nominare i direttori generali aziendali individuati dalla giunta regionale, qualora non ci fosse un’ulteriore proroga dell’ultimo decreto Calabria, che entro 60 giorni dovrà essere convertito in legge, perché nell’improbabile caso contrario perderebbe efficacia sin dall’inizio. Nella prossima uscita di Corriere Suem, vi riporteremo il punto di vista di alcuni esponenti politici calabresi sulla proroga intervenuta e sulle priorità relative all’organizzazione e alla gestione della Sanità regionale. (redazione@corrierecal.it)

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