COSENZA «Non dobbiamo commettere l’errore di togliere dai loro contesti queste opere per paragonarle e per stabilire una graduatoria, sarebbe una operazione scorretta metodologicamente e poco scientifica». A parlare è Paolo Brocato, docente di etruscologia e antichità italiche dell’Università della Calabria, a proposito del ritrovamento delle statue di San Casciano, in Toscana, da molti paragonate ai Bronzi di Riace. «Se queste sono le prime impressioni generali – spiega – dobbiamo, però, aspettare le relazioni scientifiche e le pubblicazioni della nuova scoperta, stando comunque tranquilli che la fama e l’importanza dei Bronzi di Riace non sarà mai offuscata, se qualcuno lo avesse mai pensato, ma eventualmente sempre piu’ contestualizzata attraverso nuovi studi e ritrovamenti».
«Nuove e vecchie scoperte – prosegue – dimostrano quanto sia importante promuovere la ricerca e la valorizzazione dei beni archeologici del nostro Paese, tenendo pero’ ben presente che a fronte di ritrovamenti eclatanti – estremamente importanti – ci sono tante altre scoperte che formano la trama dei paesaggi e la quotidianità dell’uomo antico, senza le quali le grandi scoperte non avrebbero senso storico e perderebbero la loro eccezionalità».
«Per questo – sostiene ancora – la vera sfida per il futuro è di conoscere, preservare e valorizzare il paesaggio, applicando una politica attenta al recupero dei luoghi e delle identità dei territori anche attraverso il patrimonio archeologico».
«Gli studiosi – aggiunge – ben sanno quanto la scoperta di statue in bronzo dell’antichita’ greca ed etrusco romana sia un evento raro. Fin dall’ antichità le statue furono fuse per ricavarne altre o per realizzare manufatti meno nobili, destino che ancor piu’ ha avuto il suo corso nella fase tardo antica e medievale. Ecco quindi il motivo per cui quando si ritrovano statue in bronzo antiche la scoperta ha sempre grande rilevanza. Soprattutto se poi lo stato di conservazione e’ eccezionale, come è accaduto a San Casciano. Sono stati evocati i bronzi di Riace che, proprio in questi giorni hanno visto captare nuovamente l’attenzione scientifica per l’importante Convegno I Bronzi di Riace 50 anni di studi e ricerche, in corso al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria».
«Non è un caso – dice – che il ritrovamento archeologico abbia avvicinato le due scoperte, in quanto entrambe caratterizzate da esemplari della statuaria bronzea antica pressoché intatti. I due gruppi di bronzi sono accomunati da vicende, successive alla loro creazione e al loro uso, che hanno permesso, in circostanze molto diverse, di giungere fino si nostri giorni. Destino molto raro, come abbiamo detto, per la bronzistica antica e soprattutto per i bronzi di dimensioni consistenti. Il richiamo subito dopo la scoperta ai Bronzi di Riace va inteso in questo senso, null’altro a mio avviso. Statue accomunate dalla fortuna di essersi salvate dall’incuria del tempo e dall’avida mano dei fonditori».
«Al di là di questo – sostiene – parliamo di due contesti culturali e cronologici estremamente diversi che non possono essere paragonati tra loro. La scoperta di San Casciano appartiene alla cultura etrusco- romana del II-I sec.a.C., i bronzi di Riace alla cultura ellenica della metà del V sec a. C.. Sono tra loro distanti nel tempo, cambiano le circostanze storiche ma anche lo stile artistico che aderisce a modelli e gusti differenti». «Anche la committenza è diversa – conclude -. Così anche le dimensioni se vogliamo entrare nel dettaglio. Inoltre il contesto stratigrafico di giacitura dei reperti toscani appare intatto, al contrario della situazione e delle circostanze di ritrovamento dei bronzi di Riace».(redazione@corrierecal.it)
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