COSENZA Dall’ultimo comune del Nord Italia al profondo Sud, l’Italia vive di connessioni alla rete più o meno performanti. Alcune aree, invece, restano completamente disconnesse. Il digital divide continua ad alimentare le sostanziali differenze di accesso ad internet e a tutte le opportunità collegate, creando disparità economiche e culturali. Eppure il Covid-19 ha “costretto” milioni di persone a rivolgersi al web per continuare ad esercitare la propria attività lavorativa e in alcune occasioni, i benefici offerti dalla rete hanno migliorato la vita di chi pensava di poterne fare a meno. Al netto di tutti i pericoli, i buchi neri e il dark web, internet oggi è una risorsa assolutamente fondamentale e le connessioni ultraveloci (oltre 100 mbps) rappresentano una sostanziale svolta. Ed allora appare doveroso chiedersi come si possa accelerare lo sviluppo digitale? Quali e quante siano le infrastrutture che permettono la connessione veloce tra gli utenti? E soprattutto, la Calabria oggi è da considerarsi regione disconnessa? A queste domande ha risposto Pierluigi Carbone, Regional manager Open Fiber in Calabria.
«Open Fiber risponde all’esigenza di connettere le unità immobiliari con la fibra fino a casa e stiamo operando nelle aree comprese nel cluster “C e D”, nelle quali nessun operatore telefonico è presente o non lo sarà nei successivi tre anni», dice Carbone al Corriere della Calabria. Open Fiber agisce anche in un secondo cluster, quello “A e B”. Che comprende tutte le aree definite “nere”, dove è già presente almeno un operatore telefonico o lo sarà nei successivi tre anni. Tradotto in soldoni, si tratta delle grandi città dove ovviamente vi è un corposo ritorno in termini economici e dove gli operatori telefonici hanno interesse ad effettuare i propri investimenti. «Open Fiber adotta un modello Wholesale, volto alla vendita del servizio agli operatori e non al cliente finale». «In Calabria, nello specifico, agiamo sui cluster A e B – C e D», sostiene Carbone mentre il bando delle aree grigie non è appannaggio di Open Fiber. La gara, infatti, è stata vinta da un altro operatore.
«Sul cluster A e B, in Calabria, siamo operativi in sette città: due praticamente collegate, un’altra parte in via di completamento e altre due, Crotone e Vibo Valentia, per le quali entro fine anno ci attendiamo di connettere almeno 3.500 unità immobiliari a Vibo e quasi 4.000 unità immobiliari a Crotone», aggiunge Carbone. Sempre nel cluster “A e B”, per quanto attiene Open Fiber, sono già coperte circa 115mila unità immobiliari per un investimento di circa 39 milioni di euro». «Si tratta delle grandi città: Cosenza, Rende, Reggio Calabria, Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone». Per quanto riguarda il cluster “C e D”, invece, «l’investimento è di circa 29 milioni per una copertura di 238 comuni, 151 attualmente già chiusi, per un totale di circa 18-19 mila unità immobiliari attualmente coperte». In questo cluster, Open Fiber ha steso fibra ottica per oltre 336.000 km e «come target annuale vogliamo chiudere ulteriori 13 comuni, quindi poter arrivare a 164 comuni raggiunti», annuncia il regional manager Carbone.
La Calabria può considerarsi Regione disconnessa? «Sulla carta, la Calabria sembrerebbe essere una delle regioni, se non la regione, più connessa d’Italia. Noi agiremo a completamento di quelle zone che non erano state precedentemente connesse e a quel punto avverrà il contrario, ovvero che i territori “dimenticati” godranno di una linea con velocità maggiore rispetto a quelli precedentemente coperti». I dati snocciolati dal regional manager di Open Fiber certificano un impegno concreto in una Regione che sconta enormi ritardi. Ma non è solo un problema di infrastrutture. «No, non è solo un problema di infrastrutture anche se l’assenza di banda ultralarga in alcuni territori limita sia la domanda e sia l’offerta. E’ vero, vi è anche un fattore culturale. E in questo senso, in Calabria, andremo a coprire in zone che territorialmente sono un po’ più dislocate», sostiene Carbone. Che aggiunge: «Vogliamo portare la fibra ottica nei piccoli borghi soggetto a spopolamento, per garantire un servizio pari a quello delle grandi città».
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