«I medici cubani arriveranno presto». È l’ultima parola del commissario del governo, Roberto Occhiuto, che lo scorso 4 novembre ha ottenuto dal Consiglio dei ministri l’attesa proroga di sei mesi del secondo decreto Calabria sulla sanità.
Nel mentre, sul fenomeno del cosiddetto «extra-budget» delle cliniche private, piuttosto ricorrente, la Corte dei conti regionale ha stabilito, nella sentenza numero 183/2022, che «costituisce condotta antigiuridica per violazione dei doveri di servizio derivanti dal convenzionamento con il Servizio sanitario nazionale la condotta della struttura sanitaria che richieda remunerazioni certamente non dovute in quanto eccedenti il tetto di spesa fissato per le prestazioni». Il giudice, ha scritto su Quotidiano Sanità il docente Unical Ettore Jorio, «ha sancito, in proposito, le regole della finanza della salute, fissando gli obblighi erogativi degli accreditati/contrattualizzati per 365 giorni all’anno, di frequente elusi in alcune regioni».
Peraltro, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la norma del decreto Fisco-Lavoro che sospendeva le procedure esecutive sino al 2025. Di conseguenza, i creditori delle aziende del Servizio sanitario regionale cercheranno di ottenere dal giudice le somme vantate.
Ancora, il Tavolo interministeriale di verifica dello stato del Piano di rientro ha preso atto delle persistenti difficoltà di accertamento del debito delle aziende sanitarie della Calabria e rimandato a Catanzaro il Programma operativo 2022-2025, chiedendo di modificarne la configurazione delle reti assistenziali. Si tratta di un documento indispensabile per coprire il disavanzo della Sanità calabrese e garantire il diritto alla salute di utenti e pazienti, misurato tramite i punteggi dei Lea, introdotti a tutela dell’unità economica e, recita l’articolo 120 della Costituzione, «in particolare dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali».
Per ultimo, secondo uno studio sui costi delle terapie con cellule CAR-T e di altre cure innovative, condotto dall’università napoletana Parthenope e dal Centro trapianti di midollo osseo del Gom di Reggio Calabria, un esame emocromocitometrico costa in Calabria 3,17 euro, a fronte dei 4,05 della Lombardia, mentre la ricerca nel sangue del virus dell’epatite C costa in Calabria 77,47 euro, cioè oltre 33 euro in meno che in Lombardia.
Quali sono le priorità del Servizio sanitario della Calabria e qual è il punto di vista della politica calabrese sull’attuazione del Piano di rientro?
«La proroga del decreto Calabria – osserva Simona Loizzo, primario nell’ospedale pubblico di Cosenza e deputata della Lega appena nominata componente della commissione Sanità – è stata utile quanto necessaria per consentire al commissario del governo di proseguire gli interventi iniziati. Gli effetti delle azioni di Occhiuto sulla sanità non sono ancora visibili a livello dei piani assunzionali, perché sono stati appena completati i Piani di fabbisogno». «Il commissario ad acta – prosegue la deputata – è in carica da un anno, che è un periodo troppo breve perché si vedano i frutti del suo lavoro. In questo lasso di tempo, Occhiuto ha creato le basi per l’ammodernamento tecnologico degli ospedali, che adesso non può più aspettare, e per potenziare l’assistenza territoriale. Inoltre, ha affrontato di petto il problema delle assunzioni, che vanno concluse in maniera rapida. È fondamentale accelerare sui cantieri aperti, migliorare la qualità delle prestazioni erogate e renderle omogenee in tutto il territorio regionale. Ora bisogna correre: serve la velocità dei 100 metri, basta staffette. Ogni giorno, infatti, sentiamo le grida di pazienti oncologici che non riescono a fare gli enzimi. Ci sono le condizioni per rilanciare il sistema sanitario».
Di parere opposto è Amalia Bruni, che in Consiglio regionale presiede il gruppo Misto ed è vicepresidente della commissione Sanità. «Non abbiamo ancora visto progressi – obietta – a un anno dall’insediamento di Occhiuto quale commissario alla Sanità. Soprattutto manca una visione chiara sul futuro del Servizio sanitario regionale. Ciononostante, la proroga del decreto Calabria va bene perché favorisce il reclutamento di nuovo personale». Nello specifico, il riferimento è all’articolo 4-bis del secondo decreto Calabria per come a suo tempo convertito e da poco prorogato con il decreto legge numero 169/2022. L’articolo, seppure con precisi limiti di spesa, dà agio a «un piano straordinario per l’assunzione di personale medico, sanitario e socio-sanitario, anche per il settore dell’emergenza-urgenza, facendo ricorso innanzitutto agli idonei delle graduatorie in vigore». «Serve un Consiglio regionale sulla sanità, visto – accusa Bruni – che mancano informazioni complete sulle criticità del Programma operativo, non ancora approvato, e circa la concreta attuazione della legge su Azienda Zero, peraltro modificata più volte. In quanto al suo commissario, Giuseppe Profiti, noi consiglieri regionali non sappiamo esattamente che cosa faccia. Pare che si stia dedicando alla fusione tra l’ospedale e il policlinico universitario di Catanzaro».
Intanto, Occhiuto ha sollecitato Profiti sulla ricognizione del debito sanitario. Ad oggi, meno del 5% dei fornitori ha risposto all’invito della Regione Calabria di inviare le fatture relative ai beni e servizi sanitari venduti. «Questa è una partita complicata, perché – sottolinea Bruni – il dipartimento Tutela della salute è sempre svuotato di personale. Per gli accertamenti in corso servirebbero figure professionali bravissime, atteso che il contributo fornito da Agenas non è sufficiente. Peraltro, la Calabria dovrebbe puntare sulla ricerca, che, mi piace ricordare, è il motore dell’assistenza. Nel merito, però, non ci sono segnali da parte del presidente e commissario Occhiuto. Inoltre, il Consiglio regionale è tenuto piuttosto ai margini della sanità».
Secondo Ferdinando Laghi, in Consiglio regionale capogruppo di De Magistris Presidente e componente della commissione Sanità, «la proroga del decreto Calabria è in questo momento utile, non c’è dubbio». «Tuttavia – continua Laghi – il punto è che, come avevo proposto, si dovrebbero creare aziende sanitarie più piccole, quindi più vicine alle comunità territoriali e alle loro rappresentanze politiche e sociali, di cui andrebbero raccolte le istanze. Vanno creati ambiti assistenziali più omogenei. Per esempio, l’Asp di Cosenza ha competenza su un territorio enorme, spesso scollegato e con aree molto diverse tra di loro. Inoltre, nel tempo diversi funzionari della stessa azienda sanitaria hanno dimostrato, stando alle carte, non soltanto a quelle giudiziarie, stretti rapporti di dipendenza dalla politica. Temo che Azienda Zero vada in una direzione completamente opposta. Bisognerebbe imparare dagli errori del passato: dalla riduzione delle aziende sanitarie locali e dalla loro trasformazione in Asp. Se si vuole dare importanza e valore all’assistenza territoriale, bisognerebbe partire da qui, cioè dall’esigenza di aumentare il numero delle aziende sanitarie, che dovrebbero essere più a misura d’uomo. Ciò permetterebbe di controllare meglio i bilanci e di erogare prestazioni migliori e in tempi più rapidi. Tra l’altro, bisogna considerare che i piani relativi al fabbisogno di personale sono stati presentati prima dell’approvazione degli Atti aziendali, che appare ancora lontana. Questo è un segno evidente del fatto che c’è ancora molta confusione e che si continua a insistere su un’impostazione sbagliata. Non puoi andare a fare la spesa, se non sai quanti invitati hai a cena, per dirla con un esempio. Poi c’è la questione delle assunzioni, che è la priorità. Mancano troppe unità di personale medico, infermieristico e socio-sanitario. Su questo problema dovrebbero essere concentrati gli sforzi maggiori, fermo restando che occorrono risorse aggiuntive».
Davide Tavernise, capogruppo del Movimento 5 Stelle nel Consiglio regionale della Calabria, sottolinea: «Servono subito il contributo di solidarietà di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 e un Piano straordinario delle assunzioni. Si tratta di somme la cui erogazione è condizionata dal disco verde al Programma operativo regionale 2022-2025. A distanza di un anno dalla sua nomina a commissario, Occhiuto non riesce a farlo approvare. L’ultimo incontro del tavolo Adduce ci restituisce una realtà vergognosa: il Programma operativo è per l’ennesima volta da revisionare pesantemente. Dai ministeri competenti, al netto dei proclami regionali, rimbalzano eccezioni su eccezioni. Quel Programma risulta fondamentale per la riapertura, tra gli altri, dell’ospedale di Cariati. Lo sblocco delle risorse, messe a disposizione dal decreto Calabria, consentirebbe finalmente alla nostra Regione, che è alle prese con gravissimi problemi di organico, di regolarizzare personale precario e assumere nuovo personale sanitario».
«Occorre riportare in corsia – evidenzia Tavernise – quel personale sanitario impiegato in attività amministrative o adibito a mansioni diverse da quelle per le quali è stato assunto. Occorre chiudere la triste pagina di una politica incapace di utilizzare in tempi ragionevoli gli ingenti finanziamenti per l’edilizia sanitaria. Dei tre nuovi ospedali previsti 15 anni fa, nessuno è stato ancora costruito e solo quello di Corigliano-Rossano è in fase di costruzione. È poi inaccettabile che a dicembre 2019, con decreto del commissario governativo, sia stato approvato il Programma di ammodernamento tecnologico, per una spesa pari a circa 87 milioni di euro, di cui il 95% a carico dello Stato, e ad oggi non si sa bene se le nuove apparecchiature, fondamentali, siano state o meno consegnate dalla Regione alle strutture individuate. Nello specifico, l’aspetto più grave è che non si capisce chi debba fare che cosa. La politica, in ultimo, deve chiudere la stagione dei tagli in sanità e ricominciare a investire, per guardare oltre l’emergenza e occuparsi dei bisogni reali». Secondo Tavernise, «il Pnrr rappresenta, certo, una grande opportunità per la Calabria, per riportare servizi sanitari sui territori». «La nostra regione – aggiunge – ha 409 comuni, molti dei quali con meno di 5mila abitanti ed ubicati in zone montane e periferiche. La Calabria sconta problemi di accesso ai servizi sanitari: per le elevate distanze dai presidi ospedalieri; per la carenza di rete dell’assistenza territoriale e dell’assistenza domiciliare; per la rete stradale, non agevolmente percorribile nelle zone montane, che non consente di accedere tempestivamente e facilmente ai presìdi sanitari; per la spesso inconsistente manutenzione stradale, cui spesso dobbiamo aggiungere le criticità di un territorio regionale dissestato. Da qui l’importanza, che possono rivestire strutture come le Case della comunità, da affiancare alla rete ospedaliera». «A patto – avverte il consigliere regionale dei 5 Stelle – che queste strutture non restino scatole vuote, prive delle necessarie figure professionali. Senza l’adeguato personale e senza che questo sia messo nelle condizioni di agire efficacemente e in rete, resteremo davanti a strutture utili a niente, oltremodo lesive della dignità dei calabresi e dell’immagine della nostra regione, che va riabilitata anche sotto il profilo tecnologico. Pensiamo al fascicolo sanitario elettronico, che è in grado di rispondere alle richieste di servizi di diagnosi, prognosi e cura sempre più efficaci, efficienti e di qualità per il paziente; che è capace di aumentare le possibilità di sopravvivenza e ridurre i costi nella sanità. Eppure, in Calabria, al netto dei dati rilasciati sullo stato di attuazione, dichiarato al 100 per cento, i dati – conclude Tavernise – sull’utilizzo da parte di cittadini e medici sono tristemente impietosi».
Sulle priorità sanitarie, Corriere Suem ha riportato le posizioni di diversi esponenti politici. Ci auguriamo, con l’impegno di darne conto, che nel merito la discussione prosegua in Consiglio regionale e in Parlamento. (redazione@corrierecal.it)
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