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l’inchiesta

Impoverivano le coop in liquidazione, tre indagati. Nei guai un commercialista calabrese

Ai domiciliari un professionista originario di Catanzaro: per la procura di Bari sarebbe il “dominus” del sistema

Pubblicato il: 17/11/2022 – 11:38
Impoverivano le coop in liquidazione, tre indagati. Nei guai un commercialista calabrese

Peculato, falsità ideologica e materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e falsa attestazione sull’identità o su qualità personali o di altri sono le accuse a carico di tre persone destinatarie di altrettanti provvedimenti di misura cautelare (un arresto ai domiciliari e due sospensioni dall’esercizio dei pubblici uffici) eseguite questa mattina dalla guardia di finanza di Bari nella provincia pugliese e in quella di Roma. Ai domiciliari è finito Gianluigi Caruso, commercialista 56enne originario di Catanzaro e residente a Roma. Gli altri provvedimenti riguardano il professionista barese Filippo Barattolo, 76 anni, già assessore comunale a Bari e coordinatore regionale dell’Unione di centro in Puglia, e Sergio Adamo, 42enne barese residente a Sannicandro di Bari.

Le indagini al via da accertamenti antiriciclaggio

Il professionista barese, all’epoca dei fatti commissario liquidatore, nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico, di molteplici cooperative sottoposte alla procedura di “liquidazione coatta amministrativa”, avrebbe incassato denaro per se stesso che invece era nella sua disponibilità per ragioni di ufficio in quanto costituiva patrimonio delle stesse cooperative. Lo avrebbero accertato i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza del capoluogo pugliese hanno eseguito, nelle province di Bari e Roma, l’ordinanza cautelare nei confronti dei tre (una agli arresti domiciliari e due destinatarie della sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici per la durata di un anno), emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale barese, su richiesta della Procura della Repubblica. È in corso anche il sequestro dei beni nella loro disponibilità per un valore di circa 1 milione di euro, pari all’ammontare complessivo del profitto dei reati accertati al momento. Le indagini hanno preso il via da accertamenti antiriciclaggio. Le Fiamme Gialle hanno rilevato movimentazioni bancarie anomale disposte dal commissario liquidatore, consistite nell’emissione di diversi assegni circolari, intestati a “me medesimo”, che erano, invece, state emesse in favore delle due cooperative gestite dal commissario liquidatore. I titoli sarebbero stati, quindi, posti all’incasso dal professionista con contestuali prelevamenti in contanti.

Le accuse di peculato

Gli approfondimenti investigativi, in particolare le intercettazioni telefoniche, ambientali audio/video e telematiche, le indagini finanziarie, le acquisizioni di documenti negli Enti pubblici coinvolti e le perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni degli indagati, l’ascolto di persone informate sui fatti, l’analisi forense dei dati digitali estrapolati dagli apparecchi informatici sequestrati, hanno rafforzato l’ipotesi originaria di peculato, che sarebbe per di più stata reiterata anche in relazione ad altre tre cooperative, e fornito riscontri rilevanti sulla prosecuzione delle truffe che sarebbero state commesse dal commissario liquidatore e sul coinvolgimento di ulteriori persone. L’analisi dei conti correnti bancari di cinque delle cooperative ha fatto emergere che il commissario liquidatore avrebbe richiesto l’emissione di numerosi assegni circolari a beneficio delle medesime società, per poi porli personalmente all’incasso e convertirli in denaro contante, nonché effettuato prelevamenti per fini personali. Avrebbe, inoltre, disposto bonifici e/o emesso assegni bancari in favore di sé stesso o delle cooperative. In tal modo lo stesso professionista si sarebbe impossessato arbitrariamente di oltre 380mila euro sottraendoli alle casse societarie.

Il commercialista calabrese “dominus” della gestione delle cooperative

Secondo gli inquirenti, tuttavia, il vero “dominus” della gestione delle cooperative sarebbe stato il commercialista di origine calabrese, condannato in via definitiva, nel 2014, per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio nell’ambito di altra vicenda processuale. In realtà il più commissario liquidatore barese non avrebbe mai svolto alcuna mansione, né fornito alcun contributo direttivo in relazione agli incarichi affidatigli dal Mise. Il commercialista calabrese avrebbe assunto e consolidato nel tempo l’incarico di commissario liquidatore “di fatto” delle cooperative. Quale contropartita per l’attività gestionale, avrebbe percepito somme di danaro giustificate da incarichi professionali per un ammontare complessivo di oltre 270mila euro.Tra le condotte distrattive che sarebbero state attuate dal commissario liquidatore barese, pari a oltre 651mila euro, oltre a quelle a beneficio del commercialista, rileverebbero anche i bonifici disposti nei confronti di altri professionisti, senza che tali incarichi fossero mai stati autorizzati dal Mise e per i quali, eventualmente, il relativo compenso avrebbe dovuto essere decurtato da quello del commissario liquidatore.

Modus operandi replicato anche a Padova

Il “modus operandi” sarebbe stato replicato, con le stesse modalità, dal commercialista calabrese con un’altra cooperativa di Padova, per la quale era stato nominato commissario liquidatore un avvocato barese. Anche in questo caso il commercialista si sarebbe rivelato il reale ‘dominus’ della gestione della cooperativa, beneficiando di pagamenti per circa 120.000 euro. Peraltro, l’avvocato barese, in qualità di commissario liquidatore, avrebbe disposto bonifici a beneficio di ulteriori professionisti (pure in questo caso) senza che tali incarichi fossero stati autorizzati dal Mise, rendendosi responsabili di condotte distrattive a danno della cooperativa amministrata per un ammontare complessivo di circa 150mila euro. Le condotte dei due commissari liquidatori sarebbero state rese possibili dalla omessa rendicontazione periodica oppure da relazioni ideologicamente false corredate di atti artefatti inviati all’Autorità di Vigilanza.Dalle indagini emerge un sistema illecito collaudato e consolidato e finalizzato al sostanziale depauperamento delle casse delle cooperative in liquidazione coatta amministrativa e al conseguente indebito arricchimento da parte di che avrebbe dovuto amministrare le cooperative nell’interesse dei creditori.

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