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«Quel leone chiamato Frasca»

Quando lo intervistai, Il 1990, e il Psi gli rifiuto la candidatura a presidente della Regione, mi disse che gli avevano risparmiato la stessa fine di Piersanti Mattarella. E del resto pochi giorn…

Pubblicato il: 17/11/2022 – 10:25
di MARIO CAMPANELLA
«Quel leone chiamato Frasca»

Quando lo intervistai, Il 1990, e il Psi gli rifiuto la candidatura a presidente della Regione, mi disse che gli avevano risparmiato la stessa fine di Piersanti Mattarella. E del resto pochi giorni fa il pentito Franco Garofalo ha parlato in aula del progetto della mafia cassanese di ucciderlo. Salvatore Frasca è stato un altro leone del Psi. Un uomo straordinariamente brillante, versatile , coraggioso, simpatico, sempre attento agli ultimi. Socialista già a 18 anni, arrestato per insurrezione a venti contro il patto atlantico, diventò presto consigliere comunale nella sua Cassano , poi assessore provinciale nel primo centrosinistra nazionale alla provincia di Cosenza con Guarasci. Laureato in giurisprudenza, fu eletto parlamentare il 1968. Undici anni alla Camera, sei al senato. Presidente della commissione sanità dì Montecitorio nel periodo delle grandi riforme, dalla legge 833 alla 180, fu sottosegretario alla giustizia nel 1986. Craxi glielo disse al telefono e quando lui tentennò il grande Bettino gli chiuse il telefono in faccia come sprone per accettare. A via Arenula un magistrato,  oggi parlamentare, gli consiglio di registrare i togati che venivano a chiedergli favori. Ma lui rifiutò sdegnosamente. Amava e rispettava troppo la libertà. Avversario acerrimo di Misasi (che in un comizio a Reggio Calabria disse che lo avrebbe schiacciato come un moscerino) andò da solo sulla sua tomba, a San Nicola Arcella, per rendergli omaggio dopo la morte. Amico di Vassalli, Pannella, amato da Pertini, fu anche presidente della cassa marittima oltre che sindaco della sua Cassano. L’antimafia la faceva veramente Salvatore al punto di confiscare terreni ai clan per realizzare una grande comunità di recupero dalla tossicodipendenza nella sua città natale. Con Mancini un rapporto di odio amore fino alla nomina della figlia Stefania, nel 1993, ad assessore comunale. Un assessore brillante che portò a Cosenza i miliardi dei fondi Urban.  Con il loden verde e il sigaro in bocca, la tendenza naturale a piacere all’altro sesso, era uno dei volti puliti dì quel partito glorioso inquinato da tanti mercanti. Nel 94 un’accusa infamante, poi archiviata, di collusione per un pollo (!) regalatogli da un elettore. A differenza di Don Abbondio il coraggio non doveva inventarselo Salvatore Frasca. Gli ultimi anni vissuti nella malattia sempre con dignità. Nel petto, indelebile, un garofano rosso.  Simbolo di quella vita amata tanta con in testa il perenne sogno dell’utopia .

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