CATANZARO Con il ritorno in libreria del romanzo “L’assedio” parte l’iniziativa della Rubbettino di ripubblicare l’opera omnia dello scrittore calabrese Rocco Carbone, morto nel 2008 in un incidente stradale a Roma all’età di 46 anni. Carbone era nato a Cosoleto, in provincia di Reggio, ma si era ben presto trasferito nella capitale. I suoi libri erano stati pubblicati da Feltrinelli e Mondadori, ma successivamente erano finiti fuori catalogo. Da qui la decisione di Rubbettino, dopo averne acquisito i diritti, di ripubblicarli.
“Due vite”, libro su Carbone e su Pia Pera, slavista, scrittrice e traduttrice, scomparsa nel 2016 a 60 anni a causa di un male incurabile, ha consentito ad Emanuele Trevi di vincere nel 2021 il Premio Strega. Proprio Trevi ha definito Rocco Carbone «uno tra i più grandi scrittori di fine millennio» (qui l’introduzione di Trevi al romanzo di Rocco Carbone Per il tuo bene).
Nel romanzo “L’assedio”, pubblicato per la prima volta nel 1998, si racconta dello strano fenomeno meteorologico che si manifesta, in un giorno come gli altri, in una città, convenzionalmente chiamata R., in cui il cielo si fa basso, ostile e inspiegabilmente giallo e dove imperversa un caldo terribile ed inquietante, accompagnato da una pioggia di polvere bianca. Il protagonista del libro, Saverio Morabito, si sveglia e scopre un cielo diverso. È il primo a capire che niente sarà più come prima e che, come dice lui, «si dovranno tutti preparare ad affrontare una prova». In breve tempo tutto precipiterà e la città si troverà all’improvviso a dover fare i conti con le criticità che porta la pioggia di cenere, con mancanza di cibo, acqua ed elettricità. La trama del libro sembra predire i timori e le angosce che si sarebbero materializzati 25 anni dopo con la crisi pandemica. E diventa più che mai attuale oggi con la guerra, la crisi climatica ed il pericolo nucleare che mettono sotto minaccia le vite di tutti.
Trevi, nella sua prefazione, parla di Rocco Carbone come di «un autore che non è stato valorizzato come doveva». E definisce la sua scrittura come «un’esperienza caparbia e solitaria». (Ansa)
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