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delitti e misteri

Trame oscure, favori reciproci, patti scellerati, eversione e la “Falange Armata”: ecco la “palude” dei rapporti tra cosche e servizi segreti deviati  

La relazione della Commissione parlamentare antimafia si sofferma sui legami tra ‘ndrangheta e apparati della sicurezza raccontati da numerosi collaboratori di giustizia

Pubblicato il: 18/11/2022 – 18:02
Trame oscure, favori reciproci, patti scellerati, eversione e la “Falange Armata”: ecco la “palude” dei rapporti tra cosche e servizi segreti deviati  

LAMEZIA TERME Trame oscure e favori reciproci, patti scellerati ed eversione sotto la sigla terroristica della “Falange Armata” e all’ombra di un sottobosco nel quale le cosche, apparati infedeli dello Stato e massoni «si erano fusi in un unico progetto criminale». La “palude” dei rapporti tra la ‘ndrangheta e i servizi ai segreti (deviati) è nelle risultanze di numerose investigazioni, una per tutte “‘Ndrangheta stragista”, e di numerosi processi. Una delle sezioni della relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia della passata legislatura è dedicata proprio ai “rapporti delle organizzazioni criminali con i servizi segreti”, la cui esistenza è raccontata «dalle dichiarazioni di molteplici collaboratori di giustizia».

Le ricostruzioni dei pentiti e la “coppia terribile”

E sono tanti i pentiti citati dall’Antimafia. Anzitutto, «il collaboratore di giustizia calabrese Pasquale Nucera», che, «dopo avere precisato che l’organizzazione criminale calabrese si divide in tre livelli (la minore, la maggiore e quella criminale), ha chiarito che esiste anche il cosiddetto “quarto livello” legato alla massoneria che aveva contatti anche con i servizi segreti e attraverso questi contatti si creavano dei raccordi che venivano utilizzati per varie finalità. Ha precisato che tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta la ’ndrangheta, Cosa Nostra, le logge massoniche deviate, i servizi segreti deviati, si erano fusi in un unico progetto criminale». E ancora – si legge nella relazione della Bicamerale – «altri collaboratori (Antonino Cuzzola, Vittorio Foschini), che hanno operato in area milanese, hanno riferito dei rapporti intrattenuti da esponenti di spicco della famiglia Papalia con i servizi segreti. Altri ancora, di area calabrese (Stefano Serpa, Filippo Barreca, Antonino Fiume), hanno poi reso dichiarazioni in ordine all’esistenza di legami dei servizi segreti, oltre che con i Papalia, anche con esponenti della cosca De Stefano e all’esistenza già in epoca risalente di rapporti tra esponenti della suddetta “famiglia” e Paolo Romeo, politico di primo piano, già condannato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso». Per non parlare del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, che – sostiene la Commissione parlamentare antimafia – «ha riferito diffusamente in ordine ai suoi incontri con un personaggio dei servizi segreti in Sicilia, Giovanni Aiello, cui si era rivolto nel 2007 tramite il capitano Saverio Spadaro Tracuzzi dei servizi di sicurezza perché aveva bisogno di armi per affrontare esponenti della cosca dei Condello. Consolato Villani ha dichiarato che il cugino “Nino” Lo Giudice gli aveva parlato di due persone molto pericolose, facenti parte dei servizi segreti deviati, formalmente appartenenti alle istituzioni, ma in realtà contro lo Stato, e in particolare un uomo descritto come uno “straccione, brutto e spregevole” e una donna bionda, che insieme formavano una “coppia terribile”. Anche altri collaboratori di giustizia provenienti dall’area territoriale siciliana (Emanuele Di Filippo, Giuseppe Ferro e Armando Palmieri, quest’ultimo capo del mandamento di Alcamo), hanno riferito in ordine all’esistenza di contatti tra esponenti di vertice di Cosa Nostra e della ’ndrangheta con gli ambienti dei servizi di sicurezza».

La sigla della “Falange Armata”

La Commissione parlamentare antimafia ricorda che «la procura reggina ritiene che l’esistenza di rapporti tra esponenti di vertice delle organizzazioni criminali sia calabresi che siciliane ed i servizi segreti possa ricondurre a convergenti dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, alcuni dei quali (Cuzzola, Foschini, Fiume) hanno precisato che si trattava di contatti assai risalenti nel tempo da cui erano derivati ad alcuni esponenti di vertice di famiglie di ’ndrangheta indubbi benefici. È emerso, inoltre, come personaggi di vertice di Cosa Nostra e della ’ndrangheta avessero rapporti con esponenti degli apparati di sicurezza che ben avrebbero potuto insinuare o promuovere l’idea di rivendicare gli attentati con la sigla della “Falange Armata” per realizzare un effetto di depistaggio, ciò in una dimensione di assoluta coerenza con le finalità che avevano condotto alla creazione  “in laboratorio” della suddetta formazione. Con il ricorso alla “Falange Armata” Cosa nostra e le altre organizzazioni criminali intendevano rafforzare e rendere concreta la minaccia contro il Governo attraverso rivendicazioni nelle quali si prospettava l’esplosione di ulteriori bombe dirette a provocare numerose vittime». Dalla relazione dell’Antimafia si segnala che «la sigla “Falange Armata”, utilizzata anche per rivendicare gli attentati ai danni dei carabinieri uccisi in Calabria Antonino Fava e Giuseppe Garofalo, assassinati sull’autostrada nel 1994, ndr), era strumentale a creare sconcerto e disorientamento nell’opinione pubblica e soprattutto a non consentire l’attribuzione alle organizzazioni mafiose dei gravi fatti criminosi posti in essere. E invero, le evidenze processuali convergono in questa direzione e indicano che l’utilizzo della sigla Falange Armata nelle stragi continentali e negli altri attentati ai danni dello Stato sia da attribuire agli esponenti di vertice di Cosa Nostra e delle altre organizzazioni criminali che, mediante il citato riferimento, volevano segnalare la natura terroristica di tali atti criminosi evitando che fossero loro ricondotti». Sul punto la Commissione antimafia definisce «assai esplicito ed esplicativo» un passo della sentenza della Corte d’assise di Reggio Calabria nel quale si afferma: “con elevata probabilità dietro l’utilizzo della sigla Falange Armata in relazione ai delitti inseriti nella strategia stragista con finalità di natura politico-eversiva avviata da Cosa Nostra e appoggiata dalla ’ndrangheta vi siano certe connivenze di soggetti appartenenti ai Servizi Segreti deviati in termini quantomeno di favoreggiamento dei responsabili mediante il ‘suggerimento’ di tecniche e modalità idonee a provocare una forte reazione dell’opinione pubblica per realizzare il cambiamento di rotta auspicato dalle mafie più potenti del paese». (redazione@corrierecal.it)

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