Ultimo aggiornamento alle 9:50
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 10 minuti
Cambia colore:
 

rinascita scott

Dalla strage di Pizzinni al duplice omicidio Soriano-Lo Giudice. Il lungo racconto di Andrea Mantella

In Corte d’Assise il collaboratore racconta la «gelosia» di ‘Mbroglia verso Razionale. La macchia d’onore sui Soriano. La furia omicida di Peppe Accorinti. Leone Soriano e il cellulare nascosto nel…

Pubblicato il: 23/11/2022 – 7:02
di Alessia Truzzolillo
Dalla strage di Pizzinni al duplice omicidio Soriano-Lo Giudice. Il lungo racconto di Andrea Mantella

CATANZARO Un duplice omicidio che, come una matassa, tiene avvolti quarant’anni di storia della ‘ndrangheta del Vibonese. Nell’aula di Corte d’Assise di Catanzaro si dipana il racconto del collaboratore di giustizia Andrea Mantella sul duplice omicidio di Roberto Soriano e Antonio Lo Giudice, scomparsi insieme agli inizi di agosto del 1996. Antonio Lo Giudice venne trovato carbonizzato all’interno della propria auto. Di Roberto Soriano si sono perse le tracce.
Mantella all’epoca era un giovane ‘ndranghetista con velleità scissioniste che si opponeva allo strapotere della famiglia Mancuso e che, però, si teneva vicino, occhi e orecchie, a quelli che riteneva dei punti di riferimento, come il boss di San Gregorio d’Ippona, Saverio Razionale perché, dice «se me la sono cavata in quella savana è grazie ai suoi consigli».
Verso la fine degli anni ’90 Mantella si trova prima nel carcere di Paola in compagnia di Razionale e poi in quello di Cosenza insieme ad Accorinti.
E dai loro racconti apprende come sono andate le cose con Soriano e Lo Giudice.
Ma c’è una premessa da fare, un premessa che parte da lontano.

La strage di Pizzinni e la voglia di riscatto dei Soriano

Condotto dalle domande del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci, Mantella parte dal 24 ottobre 1982, giorno della strage di Pizzinni, una frazione del Comune di Filandari dove due fratellini di 14 e 10 anni, Bartolo e Antonio Pesce, trovarono la morte a causa dell’esplosione di un ordigno piazzato al civico sbagliato. La strage rimane impunita e il processo a carico di Giuseppe Mancuso, Luigi Mancuso, Michele Vinci, Francesco Antonio Mondella e Nazzareno Pugliese si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati.
A settembre 2016, pochi mesi dopo essersi pentito, Andrea Mantella fa mettere a verbale di avere saputo particolari del fatto dal «mio capo Carmelo Lo Bianco, detto Piccinni. Io sapevo che la bomba era stata collocata da Peppe Mancuso, detto ‘Mbrogghja”, e da Nazzareno Pugliese di San Costantino Calabro per colpire alcuni soggetti della famiglia Soriano. Invece rimasero uccisi due bambini. La cosa mi è stata raccontata nel carcere di Catanzaro-Siano, al terzo piano, lato destro, da Leone Soriano, il quale ammise di aver commesso la leggerezza di fare confidenze alle forze dell’ordine su quanto accaduto. Mi disse che effettivamente erano responsabili i due, Peppe Mancuso e Nazzareno Pugliese…».
In Corte d’Assise il collaboratore ha aggiunto particolari a questa vicenda raccontando che i Soriano «non erano riconosciuti a livello ‘ndranghetistico» perché Leone Soriano, subito dopo l’attentato «se la canta» con i carabinieri e quindi «viene considerato un infame, ha una macchia d’onore e quindi non gli viene riconosciuto questo locale di ‘ndrangheta». 
Secondo Mantella, qualche anno dopo Peppe Mancuso, detto ‘Mbroglia, conferisce a Roberto Soriano alte doti di ‘ndrangheta e gli fa promesse atte a rimediare al “disonore” che avevano cucito addosso con la strage di Pizzinni.
«Roberto Soriano – racconta Mantella – si lascia abbindolare da queste avances del signor Peppe Mancuso e gli dice: “Da questo momento in poi comandi tu, tu ci hai la Santa, fai riferimento a noi”, questo Roberto Soriano si era montato la testa che era superiore a Razionale, superiore ad Accorinti, era un Dio, un Supremo, e così succedono dei fatti».

Gli attentati a Razionale

Succede che Roberto Soriano, dice Mantella, accetta di obbedire agli ordini di Peppe Mancuso e compie due attentati contro Saverio Razionale: il primo sparando contro la sua casa a San Gregorio D’Ippona e l’altro a Briatico, sul cantiere di una villa che Razionale stava costruendo. La prima volta il boss e la famiglia si riparano sotto i tavoli in casa e scampano alla morte. La seconda volta Razionale viene ferito mentre si trova in macchina ma si butta fuori dalla vettura e trova rifugio in un campeggio vicino. A sparare sono Giuseppe Cirianni «il lavagista di Piscopio… un fedelissimo di Peppe Mancuso» e Roberto Soriano il «capo ‘ndrangheta di Filandari».
«Siamo nella metà degli anni ’90 e io onestamente ero in carcere», dice Mantella che però viene a sapere tutto «da mio cognato Antonio Franzè, alias Ninuccio».
Mantella dice che Saverio Razionale è «avvelenato» perché durante il primo agguato è stata seriamente messa in pericolo la vita di sua figlia.

La gelosia di Peppe ‘Mbroglia per Razionale

Il proposito di vendetta di Peppe ‘Mbroglia non si realizza. Quello stesso Peppe ‘Mbroglia che faceva parte – insieme a Peppe Accorinti, Raffaele Fiamingo, Carmine Galati, Saverio Razionale, Rosario Fiarè, Filippo Fiarè, i fratelli Vinci – della cosiddetta “Caddara”, del pentolone nel quale stavano tutti coloro che sostenevano il «potere indiscusso» dei Mancuso.
Ma Peppe Mancuso, ‘Mbroglia, perde potere quando va a chiedere a Saverio Razionale la testa di Giuseppe Accorinti, boss di Zungri.
Razionale capisce che quella richiesta è una trappola anche per lui, che se avesse esaudito i desiderata di Mancuso si sarebbe indebolito strategicamente e sarebbe stato ucciso subito dopo. «Nel momento in cui Razionale ha letto la strategia che aveva messo in atto il Peppe Mancuso, alias ‘Mbroglia, praticamente il Razionale si rifiuta e succede che gli confessa tutto a Peppone Accorinti e gli dice: “Questo cornuto ce lo vuole mettere a quel posto a me, a te, a Raffaele Fiamingo, “u Vichingu”, a Carmine Galati».
Accade che Accorinti, Galati, Razionale e Fiamingo si distaccano dal gruppo della “Caddara”. «Praticamente il Peppe Mancuso non aveva più i suoi soldati, l’hanno messo in minoranza», dice Mantella. A questo punto, Peppe Mancuso ‘Mbroglia comincia a tramare per uccidere Razionale e vendicare il fatto che non solo non gli aveva portato la testa di Accorinti ma aveva confessato al capo clan di Zungri i piani per ucciderlo.
Ma secondo Mantella c’è una ragione più profonda del perché Mancuso volesse la testa di Razionale: la «gelosia».
«Peppe Mancuso – dice Mantella – quando era di un periodo di latitanza nelle tenute di proprietà dei genitori di Razionale gli diceva alla mamma del Razionale: “A chi vuoi più bene, a me o a tuo figlio?” e c’era questa mentalità perversa, ecco, da parte del Mancuso».
Fatto sta che i rapporti si rompono e Peppe Mancuso perde la sua ala militare e si rivolge a Roberto Soriano.

Il calvario di Roberto Soriano

Roberto Soriano, racconta Mantella, fa una fine orribile. Il capo cosca finisce in bocca ai suoi nemici per una fatale ingenuità. Nell’estate del 1996 era stata rubata l’auto della compagna di Antonio Lo Giudice. Ora, Antonio Lo Giudice, spiega Mantella, era un uomo d’onore molto rispettato negli ambienti di ‘ndrangheta. Aveva un ruolo di vertice nel vecchio locale di Piscopio. Inoltre «era coinvolto pure nell’omicidio del Procuratore Bruno Caccia, insieme a Franco D’Onofrio, ed era rispettatissimo, non solo a Vibo Valentia, ma era a livelli verticistici, quindi era un uomo d’onore, come si può definire all’interno della ‘ndrangheta, di primo livello…».
Antonio Lo Giudice si rivolge ai Soriano per trovare la macchina della sua donna perché all’epoca i Soriano avevano uno sfasciacarrozze ed erano dediti a rubare automobili. Ma in quel caso non erano stati loro e, in rispetto all’uomo d’onore, Roberto Soriano si prodiga a cercare l’auto trafugata. I due finiscono a Zungri, da Peppone Accorinti il quale promette loro di dargli notizie in un paio di giorni. I due non sanno che la trappola è già scattata. Accorinti avverte Saverio Razionale e quando Lo Giudice e Soriano tornano per avere notizie dell’auto, vengono condotti in un casolare nella zona di San Marco dove Accorinti teneva le mucche. I due vengono fatti sedere e poco dopo arriva Saverio Razionale che vuole guardare in faccia l’uomo che per due volte ha attentato alla sua vita.
Mantella racconta – per quanto gli hanno riferito – che più volte Razionale cercò di mandare via Antonio Lo Giudice: “Compare Antoni, andate via, che voi non c’entrate niente, a me interessa lui”, gli avrebbe detto Razionale. Ma quello niente, insisteva che insieme a Soriano era arrivato e insieme a lui se ne doveva andare. Mantella racconta che Lo Giudice è stato ucciso, ancora seduto sulla sedia, forse sparato, forse strangolato “questo non me lo ricordo”. Però Mantella ricorda il seguito atroce di quei racconti. Rimasto solo, Soriano «è stato preso, legato e preso con quella… io la chiamo carrucola, quella cosa che si alza nel mattatoio, il verricello, l’hanno messo là sopra e l’hanno tenuto per due o tre giorni in vita, perché confessasse» chi aveva attentato alla vita di Razionale. «Purtroppo – racconta il pentito – il Soriano non ha confessato i primi giorni, perché alla fine o confessava o non confessava l’avrebbero ammazzato e praticamente il povero Roberto Soriano è stato torturato, gli hanno… lo hanno mutilato con una tenaglia per tagliare le unghie delle vacche e questa tenaglia ce l’ha Peppe Accorinti, non è che ce l’aveva Razionale che vacche Razionale non ne ha, e l’hanno torturato e mutilato questo poveraccio, tanto è vero che alla fine questo Roberto Soriano li supplicava, supplicava ad Accorinti che lo facessero finito, li pregava e gli diceva: “Ammazzate, ammazzate, che non ce la faccio più”. Alla fine Soriano ha confessato, ha detto: “Sì, mi ha mandato Peppe ‘Mbroglia – ossia Giuseppe Mancuso, con l’alias ‘Mbroglia – per sparare contro di te” e gli ha raccontato tutte le motivazioni».

«Lo hanno squagliato»

«Lo hanno squagliato, lo hanno squagliato, non c’è niente, che cacchio spera mia mamma insomma». Così si sfoga Leone Soriano con Mantella nell’ennesima carcerazione condivisa. Leone Soriano racconta a Mantella che «si erano messi in mezzo uomini d’onore, quantomeno per avere i resti indietro e hanno deluso pure la povera mamma del Roberto e dello stesso Leone, che quantomeno la mamma voleva porre un fiore sulla tomba del proprio figlio, ma così non è stato…».

La famiglia Soriano passa al contrattacco, tanto che, racconta Mantella, una mattina di domenica sparano contro il boss di Zungri «Alessandro e Francesco Soriano, che sono i fratelli di Roberto Soriano» che avrebbero agito insieme a due (cugini o fratelli) di cognome Castagna i quali dopo il fallito attentato vanno a San Gregorio D’Ippona per cercare di mettersi al riparo e chiarirsi con la cosca Fiaré. Ma la cosca era legata a Razionale e ad Accorinti e «quando vanno i Castagna lì per chiarirsi trovano Peppone Accorinti che li ammazza e li brucia a tutti e due in una macchina», racconta Mantella, «sono stati uccisi e trovati bruciati al Ponte di Ferro a San Gregorio di Ippona, sempre per mano di Peppone Accorinti, con l’aiuto dei Fiarè e dello stesso Razionale». Questi fatti il collaboratore dice di averli appresi direttamente da Accorinti.

Il cellulare di Soriano nascosto nella branda e l’ordine di ammazzare un testimone

Mantella dice di avere diviso il carcere con Leone Soriano sia a Catanzaro che, successivamente, a Cosenza. In territorio bruzio «Leone Soriano mi aveva chiesto di uccidere e di mandare l’imbasciata fuori, di uccidere il testimone Grasso, che avrebbe dato lui disposizione, cioè il Leone Soriano, attraverso un telefono cellulare che glielo aveva introdotto all’interno del carcere» l’avvocato Francesco Stilo. Insomma, Soriano aveva un piccolo cellulare in carcere che teneva nascosto «nel piede della branda» e aveva chiesto a Mantella di dare ordine al suo uomo di fiducia, Francesco Scrugli, di uccidere un signore di nome Grasso, un dializzato che andava ogni mercoledì all’ospedale di Vibo. Era vittima di tanti attentati da parte dei Soriano e doveva deporre contro di loro. La sorte ha voluto che il killer Francesco Scrugli sia stato ucciso prima di portare a compimento la missione. «Era tutto pronto, signor procuratore – dice Mantella rivolto al pm Frustaci –, doveva essere ucciso questo Grasso, gli è andata bene, meglio così, ringraziando Iddio che gli è andata bene». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x