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‘Ndrangheta a Milano tra sospetti e rispetto: lo scontro tra i Bandiera e i Curinga. «Dobbiamo fare la faida?»

Dopo l’arresto di una sodale del gruppo capeggiato da Gaetano Bandiera, crescono i sospetti su Francesca Curinga. «La faccio sparare nelle gambe». Poi la lite col fratello Mimmo e la pace: «La nost…

Pubblicato il: 23/11/2022 – 17:00
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta a Milano tra sospetti e rispetto: lo scontro tra i Bandiera e i Curinga. «Dobbiamo fare la faida?»

MILANO Per scatenare una faida tra famiglie, appartenenti allo stesso locale di ‘ndrangheta, a volte basta poco. È sufficiente una incomprensione, un malinteso su una partita di droga ma anche il timore di eventuali denunce e il mancato sostentamento economico. Spesso, però, ci si limita alle minacce e tutto torna come prima, scongiurando il peggio, rimarcando una solida “amicizia”. È un po’ quello che è accaduto nel Milanese tra il gruppo criminale dei Bandiera e la famiglia Curinga. Tutto documentato nel corso dell’attività investigativa degli inquirenti e coordinata dalla Dda del Tribunale di Milano e che ieri ha portato all’arresto di 49 persone, tutte appartenente a vario titolo al locale di ‘ndrangheta di Rho, e finito negli atti firmati dal gip Stefanino Donadeo.

L’arresto di Caterina Giancotti

A far scattare la scintilla è l’arresto risalente al 2 marzo 2021 di Caterina Giancotti, sodale della famiglia Bandiera, fermata dopo aver acquistato da Francesca Curinga, cl. ’56 ed originaria di Rosarno, 200 grammi di cocaina per una somma di 5mila euro. Ma quando per Caterina Giancotti scattano gli arresti domiciliari mai avrebbe pensato di scatenare una sorta di preludio ad una vera e propria “faida” tra la famiglia Bandiera e i Curinga. Perché è proprio il boss Gaetano Bandiera – così come documentato dagli inquirenti – a contattare più volte telefonicamente (anche perché già ai domiciliari) il fratello di Francesca, Domenico “Mimmo” Curinga, cl. ’48 e originario di Rosarno, minacciando ripetutamente di far “scoppiare una faida”, parlando di una evidente mancanza di rispetto vista la sua caratura criminale e il ruolo di elemento di vertice del locale di ‘ndrangheta di Rho.  

spaccio cocaina droga

La partita di droga e il sospetto tradimento

Bandiera pretende la restituzione dei 5mila euro versati, anche perché sospetta un possibile tradimento da parte di Franca Curinga ma soprattutto perché pretende il sostentamento e il pagamento delle spese legali affrontate dalla Giancotti finita ai domiciliari. Sono le 15 del 2 marzo 2021 quando scatta l’arresto della Giancotti. Ma già dalle 19, a poche ore di distanza, Cristian Leonardo Bandiera e Francesca Curinga si incontrano nel Centro Commerciale “Brianza” di Paderno Dugnano. «(…) gli dovete dire a questo amico nostro (il fornitore ndr) se ci aiuta con l’avvocato, poi glieli ridiamo (…) gli ultimi 5mila euro, se glieli diamo all’avvocato commare!». Passa solo un giorno e Bandiera inizia sospettare sulla “genuinità” di Francesca Curinga «faccio fare una raffica nelle gambe che se la ricorda per tutta la vita, sulla sedia a rotelle la faccio camminare» dice mentre è intercettato dagli inquirenti. «(…) e la seconda mi ha inculato! Me lo sentivo io che mi stava inculando!». I due si incontrano di nuovo nel centro commerciale “Brianza” e solo in un secondo momento gli inquirenti riescono a capire cosa è accaduto. Bandiera, infatti, racconta al padre Gaetano che Curinga «voleva pagata pure la roba» cioè avrebbe preteso il pagamento del saldo restante dei 5mila euro per l’acquisto della droga. I dubbi sulla sincerità della Curinga sono legati poi ai fornitori della droga «prima erano calabresi, mo’ sono albanesi» al punto che Bandiera si convince che l’arresto della Giancotti fosse stato architettato ad arte dalla Curinga. «Lo ha fatto apposta per fregarmi i soldi lei! Così dice agli albanesi gli porto le carte e si è fottuta i soldi. Ha fottuto gli albanesi e noi, si è presa 5mila euro».

Dalle parole alle minacce

I due Bandiera iniziano così ad architettare un modo per poter minacciare la Curinga tramite la Giancotti. «La faccio chiamare da Caterina. “mandami i soldi che se no ti denuncio, dico il tuo nome” proprio così gli faccio dire». E così padre e figlio si schierano per aiutare la Giancotti e si preoccupano pure di trovare una scheda telefonica “dedicata” e intestata fittiziamente, ma comunque rintracciata dagli inquirenti. Nei due giorni successivi il clima inizia a surriscaldarsi, tra messaggi vocali e incontri sfumati. Fino al 7 marzo 2021 quando nel parcheggio del centro commerciale all’uscita della SS35 avviene un nuovo incontro tra Francesca Curinga e i rappresentanti della famiglia Bandiera, Antonio Sansotta e Antonio Procopio, nel corso del quale la stessa Curinga – comunque infastidita dall’assenza di Cristian Leonardo Bandiera, aveva proposto un contributo economico minimo di 200 euro al mese per il sostentamento della Giancotti. Ma non solo. «Compare Gaetano non gli ha insegnato al figlio che non si manda il cavallino?» avrebbe detto la Curinga alla vista di Procopio che, dal canto suo e per niente intimorito, avrebbe risposto: «Io sono un figliolo battezzato, sono un cristiano fatto e tagliato come a voi. Io sono un figliolo con la coda tagliata».

La rabbia dei Bandiera

L’ira di Bandiera non si placa, tutt’altro, e così contatta telefonicamente “compare Mimmo” – Domenico Curinga – fratello di Francesca. «Compare – dice al telefono Bandiera – così non si fa comunque, diteglielo a vostra sorella eh…». «Compà – risponde Curinga – non dite cose che non dovete dire eh». E continua: «State passando come la peggio infame che c’è mia sorella, però purtroppo stiamo parlando troppo al telefono e io che ho 28 anni di galera sospesi a me basta una minchiata, una parola che dico e mi arrestano e sono rovinato, posso morire come un cane in galera». Curinga incalza Bandiera al telefono cercando di giustificare il comportamento della sorella «adesso per una minchiata che è successa state facendo un bordello con mia sorella» ripete più volte, agitando lo spettro di una faida e chiudendo la conversazione in modo chiaro: «(…) fate quel cazzo che volete, ma ve lo dice Mimmo Curinga, non una femmina, la femmina la dovete lasciare perdere, voi dovete pesare le parole dell’uomo che le dice, non della femmina».

«La famiglia Bandiera non ha paura di nessuno!»

La questione sembra chiusa, ma invece non è così. A gettare di nuovo benzina sul fuoco è il padre, Gaetano Bandiera. «Avete parlato con Cristian – dice al telefono a Mimmo Curinga – ma vostra sorella con chi pensa di avere a che fare? Io rispetto la famiglia Curinga ma vostra sorella sta sfidando pure a mio figlio (…) dobbiamo fare una faida? Detta proprio alla paesana? (…) Mio figlio è una brava persona, è un uomo che sa fare il suo dovere, avete capito? Mio figlio non è uno scemo, è un malandrino, se c’hai il rispetto dobbiamo parlare con rispetto fino all’ultimo». Mimmo Curinga, dopo l’imperioso sproloquio di Bandiera prova a spiegarsi. «(…) parliamo da uomo a uomo, pulito pulito come sappiano noi, lasciate stare ha detto questo, ha detto quello (…) le cose apposto le mettiamo apposto, non vi preoccupate». Nel corso della conversazione Mimmo Curinga ricorda poi al boss Bandiera che in passato per le “mancanze” della Giancotti e di un altro soggetto, Antonino Spadaro, non si era mai permesso di chiamare qualcuno dei Bandiera mentre ora si era arrivati al punto di paventare addirittura una faida. Tra i due volano frasi pesanti. «Io – ricorda Mimmo Curinga – non vi ho mai disturbato compa’, né la prima né la seconda volta ma con Mimmo Curinga non si fanno queste cose!». Il suo interlocutore, per niente intimorito, rilancia: «No, e manco con Bandiera Gaetano, è inutile che parlate di faide: la famiglia Bandiera non ha paura di nessuno!». I toni poi si fanno più pacati, lasciando intravedere spiragli di pace. «(…) mi state ferendo compa’ – dice Curinga a Bandiera – io sono un fratello vostro». «Le dobbiamo sbrigare noi queste faccende – ricorda Gaetano Bandiera – sono cose che dobbiamo vedere io e voi». «Il sangue è sangue – dice ancora Bandiera – vediamo se possiamo mettere sta cosa a posto, e si chiuderà: la nostra amicizia non si può rompere». (redazione@corrierecal.it)

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