COSENZA Dopo la testimonianza di Raffaele Pisano nel processo sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza calcio Donato Bergamini, è stata la volta di Francesco Forte, presente sul luogo dei fatti la sera del 18 novembre 1989. L’uomo, all’epoca dei fatti 27enne, ha spiegato che alla fine degli anni 80 lavorava come autista di camion per conto di alcune agenzie. La sua testimonianza è entrata nella storia dell’omicidio Bergamini soltanto nel 2014 quando per la prima volta è stato ascoltato dagli inquirenti. «Un giorno dell’anno precedente (2013, ndr) stavo pranzando insieme alla mia compagna e a una mia parente, l’avvocato Daniela Biondi e proprio in quel momento in tv si parlava del caso Bergamini. Ho avuto una reazione istintiva e ho detto “io c’ero”. Poco tempo dopo l’avvocato Biondi è riuscita a mettersi in contatto con la signora Donata Bergamini e mi ha consigliato di chiamarla per un senso di giustizia. Prima di quel momento non avevo detto nulla perché pensavo che quello che avevo visto non avesse una grande rilevanza. Inoltre, il fatto di essere coinvolto nel processo ha creato una grossa tensione in me, più che altro perché sono passati tanti anni e non vorrei sbagliare. Paura? No, non ne ho mai avuta. L’unico mio timore era quello di trovarmi in un’aula di tribunale».
Sulla sera del tragico evento, queste le parole di Francesco Forte. «Ero sul mio camion nei pressi di Roseto Capo Spulico. Ero partito da Sibari e dovevo andare a Rimini per ritirare un rimorchio. Piovigginava e a circa un chilometro prima dell’incidente, mi sono fermato in un bar per comprare le sigarette. Per evitare di essere fermato a un posto di blocco, ho aspettato che un camion mi superasse e qualche minuto dopo sono ripartito. Tra me e quel camion c’era qualche macchina. A un certo punto c’è stata una frenata improvvisa del camion che ha bloccato tutte le macchine. Non si vedeva granché e allora sono sceso dal camion per andare a vedere cosa era successo. Ho iniziato a camminare e una volta raggiunto il camion fermo, ho notato che era lo stesso che avevo fatto passare poco prima per evitare i controlli dei carabinieri. In prossimità del camion ho inciampato contro qualcosa, erano le gambe del malcapitato, prima non lo avevo notato perché c’era scuro. Il corpo era sotto il camion, ma vedevo solo le gambe. Erano tra la prima e la seconda ruota. Mi sono subito diretto verso la cabina dell’autista, era terrorizzato e diceva che non lo aveva visto». In un primo momento, dopo aver affermato di aver sentito dire all’autista “Non l’ho visto” senza ricordare con esattezza altre esclamazioni dello stesso, il procuratore capo di Castrovillari Alessandro D’Alessio ha ricordato a Forte una sua precedente dichiarazione del 2017, in cui aveva detto che l’autista del camion gli aveva detto “Non l’ho visto, era già a terra”. Solo a questo punto Forte ha confermato la sua vecchia dichiarazione: «Se nel 2017 ho riportato quella frase, vuol dire che è andata così». Tesi questa confermata anche durante la registrazione della telefonata del 2013 intercorsa tra lo stesso Francesco Forte e Donata Bergamini nella quale il primo ripeteva la frase incriminata pronunciata da Pisano.
La ricostruzione di Forte è poi andata avanti fino ad arrivare al contatto con Isabella Internò. «Dopo aver parlato con l’autista del camion, ho sentito delle urla di donna dall’altro lato della strada. Mi sono avvicinato e mi sono trovato davanti una ragazza che piangeva disperata e due uomini che le stavano accanto. Ho chiesto loro se fossero dei parenti del malcapitato e mi sono sentito rispondere di no. Subito dopo i due uomini hanno caricato di forza su una macchina scura la ragazza e sono partiti in direzione Cosenza». Dopo aver affermato di non ricordare se avesse notato dei danni sul camion relativi all’impatto, a Forte è stato fatto notare nuovamente che in una sua precedente versione aveva dichiarato di non aver notato dei danni compatibili con un urto. La stessa telefonata tra Forte e Donata Bergamini ha confermato che l’uomo non aveva individuato alcuna ammaccatura sulla parte frontale del camion. Sempre nella telefonata l’uomo aveva chiesto a Donata Bergamini la cortesia di mantenere l’anonimato, ricordandole che «qui siamo in Calabria e vorrei salvaguardare la mia famiglia». (redazione@corrierecal.it)
x
x