VIBO VALENTIA La “Eco Triparni srl” metteva da parte il materiale che poteva essere recuperato e venduto, caricato in un container e trasportato verso le società deputate al riutilizzo, garantendo all’azienda vibonese un netto ricavo economico. La parte rimanente dei rifiuti, invece, quella che andrebbe per legge portata in discarica, sarebbe stata smaltita in modo illecito attraverso due modalità differenti: i rifiuti, quelli costituiti da materiale edile da costruzione e demolizione, dai lavori di spazzatura e pulizia strade, venivano abbandonati all’interno di una scarpata ai margini del terreno in località Badia Falcone di Vibo Valentia; i rifiuti infiammabili, divani, materassi, suppellettili, materiale plastico, ligneo e cartaceo prima sarebbero stati accumulati all’interno dello stabilimento e poi bruciati generando però dense colonne di fumo nero e male odorante.
Questo per lo meno quanto è emerso dall’attività investigativa condotta sul campo dai carabinieri forestali di Vibo Valentia, insieme ai colleghi dell’Arma territoriale, che oggi ha portato all’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale di Vibo Valentia, Giorgia Maria Ricotti, su richiesta della Procura della Repubblica guidata da Camillo Falvo. Nel corso dell’indagine – infatti – sarebbero emerse diverse attività illecite portate avanti dall’azienda “Eco Triparni srl”, attiva nella zona industriale località Aeroporto di Vibo Valentia e gestita dall’amministratore unico, il vibonese (classe ‘58) Michele Giuseppe Chiaramonte, utilizzando anche un terreno con annesso capannone – acquisito dal Comune di Vibo Valentia – in località Badia Falcone, oggi finita sotto sequestro.
Attività principale dell’azienda vibonese finita oggi sotto sequestro su ordine del gip del Tribunale di Vibo Valentia che ha accolto la richiesta della Procura vibonese, era la rimozione e lo smaltimento di rifiuti di qualsiasi tipo, speciali e pericolosi, oltre alla gestione del ciclo integrato o parziale dei rifiuti attraverso la raccolta, il trasporto e l’avviamento al riciclaggio, la trasformazione, il trattamento, lo smaltimento, il recupero e la trasformazione dei prodotti derivati. Come è emerso nel corso dall’indagine coordinata dalla procura vibonese oltre ai rifiuti recuperati e trasportati dai propri operai, arrivavano anche rifiuti trasportati da altre aziende. L’attività di indagine condotta dai Carabinieri forestali, insieme ai colleghi del reparto di Vibo, è costituita da diverse fasi: dai servizi di osservazione, all’appostamento e il controllo ma anche – e soprattutto – la visione dei filmati e delle immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza.
Tutto è partito dal 29 dicembre 2021 quando i carabinieri, transitando nella zona industriale di Vibo Valentia in località Aeroporto, nei pressi di un’area sulla quale sorge un grosso impianto fotovoltaico, hanno percepito un forte odore di plastica bruciata e una coltre di fumo. E così, dopo aver percorso una stradina, sono arrivati in un piazzale e l’ingresso di un capannone apparentemente in disuso, all’ingresso del quale hanno notato un grosso cumulo di rifiuti in fase terminale di combustione. Nei giorni successivi i militari hanno continuato ad osservare quanto avveniva nei pressi del capannone, utilizzando sistematicamente per lo smaltimento, illecito, dei rifiuti speciali di ogni genere.
Le videoriprese protrattesi dal 17 febbraio 2022 al 7 aprile 2022 hanno permesso ai militari di cristallizzare una serie di eventi illeciti: dai mezzi utilizzati alle persone coinvolte come Domenico Mancone a Ivan Castagna, entrambi addetti alla raccolta dei materiali riciclabili della società, ma anche Michele Giuseppe Chiaramonte, il titolare, Vincenzo Crudo, dipendente, e Fabio, Francesco e Danilo Chiaramonte, tutti indagati e per i quali la Procura aveva chiesto anche gli arresti domiciliari. Nell’attività di indagine sono stati accertati numerosi carichi e scarichi di rifiuti, stesse modalità registrate in numerosissimi episodi, con la pratica abituale di dare tutto alle fiamme nell’area di località Badia Falcone. Da quanto è emerso dall’indagine dei Carabinieri, poi, una parte del piazzale era utilizzata per smaltire calcinacci, macerie e materiale proveniente da attività edili di costruzione e demolizione. Il lato prospiciente al capannone, invece, veniva utilizzato per la combustione di rifiuti plastici mentre all’interno della struttura è stata accertata la presenza di grosse quantità di rifiuti di vario genere.
Iscritti nel registro degli indagati anche altri soggetti coinvolti in tutta la filiera di carico e scarico dei rifiuti, prima della combustione. Ci sono Antonino Stuppia, liquidatore e rappresentante dell’impresa “Termotecnica S.a.s.”; Sergio Bevilacqua, cl. ’81 di Gioia Tauro, intestatario di un autocarro utilizzato per le attività illecite, così come Angelo Sorrentino, classe ’60 di Vibo Valentia, Adriano Terenzio Pacetti, classe ’86 di Tropea, Sergio Pacetti, cl. ’48 di Vibo Valentia. E poi Raffaele Galati, vibonese classe ’85, amministratore della “Europa Sud srl”; Fabio Baldo, vibonese classe ’89, rappresentante della “Baldo Costruzioni Srls” e della “Nuova Edil di Baldo Fabio”; Nicola Mancuso, vibonese classe ’67 titolare firmatario dell’impresa “Mancuso Nicola” e Pasquale Barbieri, vibonese classe ’66, amministratore unico della “Dimensione Arredo srl”. (redazione@corrierecal.it)
Di seguito il comunicato stampa diffuso dall’avvocato Giuseppe di Renzo: «Quale difensore dei dottori Pacetti Sergio e Pacetti Terenzio Adriano, i cui nomi vengono inopinatamente e indifferenziatamente rispetto agli altri citati fra gli indagati della presente indagine, corre l’obbligo di rappresentare, che i medesimi rispondono di una sola condotta, posta in essere in un solo giorno, e con riferimento – come può evincersi dall’oggetto della contestazione – alla mera attività di riordino di un immobile adibito a garage. Indicare, pertanto, il nome dei miei assistiti nel complesso della generalità delle contestazioni, senza specifica indicazione della precisa condotta ascritta, perfeziona un evidente ed ingiusto pregiudizio reputazionale, impedendo ai lettori di comprendere la reale portata della imputazione mossa. A tal riguardo, osservo che l’attività gestita dai dottori Pacetti, con universale apprezzamento, non è neanche vagamente lambita dalla vicenda, che lo si ripete, afferisce al mero trasporto di oggetti non pericolosi, da un immobile adibito a garage, fino alla discarica. Evidenzio, ancora, che la Procura Territoriale non ha mai formulato richiesta di misura personale per i miei rappresentati e che ai medesimi viene ascritta, solo una fattispecie contravvenzionale e non una fattispecie di delitto. Si tratta di condotte del tutto private, rispetto alle quali non è in alcun modo in discussione l’attività professionale dei medesimi, professionisti universalmente stimati. La natura indifferenziata della elencazione dei singoli indagati, che non hanno alcuna connessione con i miei rappresentati, perfeziona un notevole pregiudizio alla realtà dei fatti e alla reputazione dei professionisti medesimi. La totale estraneità alle contestazioni mosse ha portato lo scrivente difensore a depositare, nella giornata di ieri, alla locale Procura della Repubblica, formale istanza di interrogatorio al precipuo fine di chiarire la posizione dei dottori Pacetti Sergio e Pacetti Terenzio Adriano, in uno alla già dispiegata istanza di riesame della misura reale, che in ragione della tipologia del c.d. rifiuto non prevede confisca obbligatoria. Nello specifico il dott. Sergio Pacetti, già prima facie, è totalmente estraneo ai fatti in contestazione, rispondendo per la sola formale intestazione di un piccolo veicolo, utilizzato per il trasporto dei beni oggetto dello svuotamento del garage fino alla discarica, dove era stato convenuto il conferimento dei rifiuti. Il dott. Terenzio Adriano Pacetti, come unica condotta, sembrerebbe essersi posto solo alla guida del veicolo. Risulta, pertanto, essere questa una vicenda bagattellare, priva di rilievo penale e che certo non può e non deve pregiudicare la credibilità sociale e la reputazione di professionisti così inequivocabilmente apprezzati. Il tema, dunque, è difendersi dal processo e dal sorprendente clamore mediatico del medesimo o nel processo? Interrogativa interamente retorica in ragione del fatto che la risposta è bene nota a tutti. Si è del tutto certi, proprio in ragione della titolarità dell’indagine ad opera della locale Procura che le condotte verranno agevolmente discriminate e che la vicenda avrà felice e rapida conclusione».
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