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Il legame “invisibile” tra la ‘ndrangheta e la violenza sulle donne. Il pm Frustaci: «Dopo la denuncia è necessario supportare le vittime» – VIDEO

Il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro: «Serve una rivoluzione culturale». E rilancia: «Rimanere per far crescere la Calabria»

Pubblicato il: 26/11/2022 – 14:59
di Giorgio Curcio
Il legame “invisibile” tra la ‘ndrangheta e la violenza sulle donne. Il pm Frustaci: «Dopo la denuncia è necessario supportare le vittime» – VIDEO

LAMEZIA TERME «La lotta alla criminalità organizzata è molto simile alla lotta alla violenza di genere. Entrambe sono forme di violenza il cui contrasto passa attraverso l’apporto importante della denuncia e delle dichiarazioni che provengono dall’ambiente familiare». Un concetto tanto semplice e lineare quanto fondamentale per discutere – senza retorica – di un tema al centro delle cronache quotidiane. Quello espresso da Annamaria Frustaci, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, declina al meglio quelle storie che si traducono in modelli, esempi da seguire. Testimonianze di atti concreti, vicende di oppressione e soprusi. Storie di violenze in contesti differenti legati, comunque, da un filo immaginario che sia un contesto familiare o connessi alla criminalità organizzata.

L’evento a Girifalco

Il tema è stato affrontato a Girifalco nel corso di una serata che ha visto la presenza delle istituzioni come il sindaco Pietrantonio Cristofaro, l’assessore con delega alla Pari opportunità, Elisa Sestito, le associazioni del territori e figure importanti come Don Marcello Cozzi e il regista del film “Una Femmina” Francesco Costabile, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne in un evento moderato dalla giornalista Maria Chiara Caruso all’Istituto Majorana.

«Determinante la denuncia ma anche il supporto»

Ed è toccato alla Frustaci, autrice del libro “La ragazza che sognava di sconfiggere la mafia” portare la propria testimonianza che, oltre a quella personale, rappresenta i trent’anni di carriera in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta. «Nel caso della lotta alla criminalità organizzata – ha raccontato – è determinante il contributo dei collaboratori di giustizia che, ovviamente, vanno riscontrati. Ma noi ci rendiamo conto che sono figure, collaboratori di giustizia e testimoni di giustizia, che spesso si trovano a dover dichiarare su fatti che coinvolgono i propri familiari». «Anche nella violenza di genere – ha spiegato la Frustaci – ci troviamo di fronte a tanti episodi di violenza domestica dove la denuncia nasce all’interno del contesto familiare. Ma dobbiamo comprendere la difficoltà che c’è nello sporgere denuncia ed accompagnare, facendo rete e in modo più adeguato, le vittime che devono trovare il coraggio di denunciare i propri congiunti».

L’attesa “rivoluzione culturale”

Tanto nella violenza di genere quanto nella lotta alla criminalità organizzata è fondamentale alimentare il dialogo e il confronto, discussioni e testimonianze che non solo arricchiscono, ma aiutano a comprendere meglio due fenomeni solo in apparenza slegati fra loro. «È fondamentale una rivoluzione culturale – spiega Annamaria Frustaci – tanto quanto il ruolo della magistratura e delle forze dell’ordine ma anche il ruolo della stampa. Tutto parte però dall’educazione alla legalità ed alla educazione che all’interno della scuola può essere realizzata attraverso momenti di confronto e attraverso situazioni che consentano ai ragazzi, nonostante la loro giovane età, di guardare in faccia situazioni difficili come quelle che si possono dover trovare a fronteggiare nei casi in cui ci sia violenza di genere». «Ciò aiuta anche quei ragazzi che vivono all’interno di situazioni familiari difficili a trovare il coraggio di dare una mano alle proprie madri, alle proprie sorelle e alle persone che hanno accanto nella loro vita che non hanno voce e non hanno il coraggio di fare scelte importanti e così drastiche».

Rimanere per far «crescere questa regione»

Quello del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro è uno dei migliori esempi di lotta e “restanza” che tanto servono da esempio alla Calabria. Annamaria Frustaci, nata a Catanzaro e cresciuta a Sant’Andrea Apostolo dello Ionio, diventa magistrato nel 2010 dopo aver studiato a Pisa e decide di tornare a Catanzaro, lavorando poi con il procuratore Nicola Gratteri a Reggio Calabria. Da un paio d’anni vive sotto scorta e, dal 2016, lavora nel pool antimafia a Catanzaro guidato ancora da Gratteri. «Il coraggio di rimanere in Calabria è un messaggio che ho cercato di esprimere già nel mio libro – spiega la Frustaci – ma ritengo sia un tema importante da affrontare con le nuove generazioni. Spesso si va via da questo territorio perché non si ha una possibilità, un’opportunità di vita ed è per questo che noi dobbiamo lanciare un messaggio che faccia sì che i giovani capiscano l’importanza del ritornare in questi territori e del dare il loro contributo a portando tutto ciò che hanno appreso fuori dalla Calabria per poter far crescere e arricchire il nostro territorio».

«È importante avere esempi concreti»

A proposito di esempi e guide per le giovani generazioni, Annamaria Frustaci ha le idee chiare: «È importante che tutti i magistrati svolgano una funzione anche di impegno sociale all’interno, soprattutto, della scuola. Ovviamente ognuno deve svolgere il proprio ruolo, il magistrato fa il magistrato, però noi non possiamo dimenticare che nella lotta alla criminalità organizzata e nella lotta in generale ad ogni forma di violenza è importante che i ragazzi possano conoscere e vedere la figura dei magistrati come persone di cui fidarsi, persone vicine a loro e quindi credo e ritengo che sia assolutamente importante comunicare all’interno della scuola con tutti i ragazzi e le ragazze». «È determinante avere degli esempi avere degli esempi concreti che devono appartenere naturalmente a tutte le categorie professionali. È importante che la scuola faccia vedere agli studenti che ci sono delle professionalità che si impegnano per realizzare qualcosa di grande e di importante e trasmettere la possibilità che un giorno potranno fare quelle stesse cose. Dobbiamo tutti quanti, anche i magistrati e la magistratura, farci carico anche dell’educazione alla legalità perché un tema collettivo che interessa tutti».

La difficoltà di “essere donna”

Ma, oltre alle difficoltà legate ad un contesto territoriale come quello calabrese, ci sono quelle legate ad un mondo del lavoro troppo spesso chiuso al mondo femminile, anche nella magistratura la cui presenza è nettamente inferiore rispetto a quella maschile. Anche in questo caso quello di Annamaria Frustaci è un esempio da seguire: «Le difficoltà, sicuramente, sono quelle collegate al territorio, ma sono le stesse difficoltà che vivono tutti i cittadini che abitano in queste realtà. È tutto più complicato, è complicato anche fare il commerciante, fare il giornalista, è complicato fare il medico, bisogna avere una marcia in più». «Ma – spiega – l’impegno che ciascuno cerca di profondere in ciò che fa prescinde anche dal territorio perché chi ama ciò che fa svolge questo lavoro nel modo migliore ovunque si possa recare». «Posso dire però – conclude – che sicuramente in questo momento la magistratura italiana che annovera tantissime donne, tantissime figure femminili, non è più come nel 1963. Però la magistratura sconta le stesse problematiche che ci sono nel mondo del lavoro in generale perché in tutte le realtà professionali è più difficile affrontare l’impegno lavorativo se non c’è un sostegno alle lavoratrici che devono sobbarcarsi anche impegni familiari. Quindi le difficoltà che affronta una donna magistrato sono esattamente quelle che affrontano tutte le donne italiane in qualunque professione si trovino ad operare». (redazione@corrierecal.it)

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