La tragedia di Ischia richiama, ancora una volta, la questione meridionale e le responsabilità di chi sì professa meridionalista. Ci sono diversi modi di fare meridionalismo anche dinanzi alla prospettiva dell’autonomia differenziata. Due esempi brillano, come testimonianza di un sud diverso che sì divide tra classe dirigente credibile e tendenza antica al piagnisteo. Vincenzo De Luca, governatore della Campania, da sempre protagonista di un personalismo anche simpatico, si è messo in testa dì fare il capopolo, annunciando proteste e sommosse contro il progetto Calderoli. Dimentico che la richiesta di autonomia parte anche dal suo collega emiliano Bonaccini, peraltro candidato alla segreteria nazionale del Pd, ha vestito i panni neoborbonici , ponendosi come alternativa a un leghismo anni novanta che esiste solo nella sua testa. Nessuno vuole addebitare alla sua persona quando accaduto ad Ischia ma le responsabilità politiche esistono e contano. Cosa ha fatto in questi lunghi anni la Regione Campania sul dissesto idrogeologico? Perché il lavoro iniziato da Stefano Caldoro non è proseguito? Sono domande doverose e lecite a cui De Luca deve dare una risposta. Il Masaniello del duemila che difende il Sud tradito da tutti e che si veste di populismo primordiale, anche per mettere a tacere un’immagine di efficienza che ogni giorno di più perde smalto. De Luca ha un bisogno costante del nemico, perché nella contrapposizione sì libera da ogni freno. Un purosangue salernitano che deve andare in continua processione a combattere crociate immaginarie, senza avere il candore di un Don Chisciotte. Poi c’è Roberto Occhiuto, governatore della Calabria, che sulla carta è la più povera delle sorelle meridionali, che invece raccoglie la sfida, si fida soprattutto di Meloni e chiede autonomia energetica, partendo dal presupposto che la sua regione produce un quantitativo enorme di energia alternativa. Va bene anche l’autonomia differenziata, dice Occhiuto, purché sì riveda il principio primario della spesa storica, che ha veramente ( e non certo per colpa della Lega) dato più soldi al nord. Confida nella figura del Presidente del Consiglio, Occhiuto, e dimostra come l’autonomia , se costruita da meccanismi nuovi e accompagnata da una revisione oggettiva dèi parametri di spesa, possa addirittura essere un’occasione per il meridione. Nel frattempo, il presidente calabrese si prende la brutta grana di una sanità disastrata e, insieme al Governo, programma la fuoriuscita dal tunnel, quantificando per la prima volta il debito, al punto da costringere finanche il responsabile Pd della sanità a riconoscergli i meriti. De Luca e Occhiuto sono due facce diverse dì un Sud che ha un orologio non comune per segnare il tempo del riscatto. Il primo è la testimonianza più autentica della propensione meridionale al nomadismo fattuale. Come il nostro capostipite, Ulisse, sempre pronti a girovagare senza meta, noi meridionali abbiamo questa antica tendenza a rimanere passivi dinanzi ad ogni novità, nascondendoci dietro una cultura notevole ma improduttiva. Occhiuto, invece, è lo specchio del movimentismo sudista, il coraggio del fare, l’accettazione del rischio , la sovversione dello stereotipo dell’immobilismo e dell’assistenza. Perché veramente se sì parte da meccanismi nuovi il Sud potrebbe guadagnarci dall’autonomia, dopo 160 anni dì revanche, di leggi speciali, di maree di fondi strutturali smarriti tra clientele e sprechi. La sfida è aperta. In mezzo c’è un Premier rassicurante. Non è più tempo di fantasmi. E di rivoluzionari dì facciata che sfoderano la spada dì un meridionalismo spento. Insomma, è tempo degli Occhiuto.
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