VIBO VALENTIA L’inchiesta è ancora in mano alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia guidata da Camillo Falvo, ma le probabilità che il fascicolo passi presto sulla scrivania della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro sono molto alte. Anche perché sulla natura mafiosa dell’agguato che è costato la vita a Giuseppe Muzzupappa, il 38enne ucciso sabato sera a Nicotera Marina, non ci sono molti dubbi. Almeno dai rilievi effettuati e, soprattutto, dalla natura dell’agguato.
Diversi, infatti, i colpi di pistola esplosi contro Muzzupappa, quattro quelli che lo hanno raggiunto uccidendolo in un vicolo nei pressi di un locale della zona. Tutto si sarebbe consumato in pochi istanti prima della fuga del killer. Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Vibo, dei militari della Compagnia di Tropea e dei colleghi della Stazione di Nicotera sono serrate e a tutto campo. I militari, con il coordinamento della procura vibonese, lavorano su quel poco che hanno: qualche testimonianza di chi si trovava in zona in quegli istanti e le immagini di videosorveglianza, per lo più quelle delle attività commerciali.
A dirimere le incertezze sulla natura dell’omicidio potrebbe essere proprio il profilo di Giuseppe Muzzupappa. Quello del 38enne, negli ambienti criminali del Vibonese, non è un nome comune. L’uomo, infatti, è il cugino di Antonio Campisi, figlio del noto broker del narcotraffico, Domenico Campisi (cl. ’67) assassinato a colpi di lupara all’alba 17 giugno del 2011 nella frazione Comerconi a Nicotera, nel Vibonese, considerato vicinissimo al clan di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi, e coinvolto in alcune operazioni come “Timpano” e “Decollo”. Il figlio Antonio, invece, da latitante in fuga è stato catturato ad Ardore Marina all’alba del 17 dicembre del 2021 perché accusato dalla Dda di Catanzaro del tentato omicidio di Domenic Signoretta, episodio risalente al 19 maggio 2019 e avvenuto a Nao di Ionadi, nel Vibonese.
Arresto, quello di Campisi, inserito nel quadro di una vendetta incrociata, e legata all’omicidio del padre, come ricostruito dagli inquirenti della Dda di Reggio Calabria con l’operazione “Nuova Narcos Europea”, grazie al racconto di un collaboratore di giustizia, Arcangelo Furfaro, secondo il quale ad uccidere Domenico Campisi sarebbero stati proprio Domenic Signoretta e Giuseppe Mancuso (cl. ’89), figlio di Pantaleone “l’ingegnere” perché «trafficava droga con i Molè, tenendo Pantaleone Mancuso all’oscuro di tutto».
Muzzupappa, invece, fu arrestato nel gennaio del 2020 proprio insieme al cugino Campisi, sorpresi qualche mese prima mentre lanciavano nel fiume, da un’abitazione di Gerocarne, una pistola con matricola abrasa calibro 7.65. L’ipotesi inziale era che i due si fossero spostati a Gerocarne per commettere un omicidio ai danni di appartenenti al sodalizio mafioso dei Loielo. Nel corso del processo, poi, caddero le accuse di tentato omicidio e quella dell’aggravante mafiosa con la condanna a due anni per Campisi e un anno e mezzo per Muzzupappa.
Il suo omicidio, dunque, scuote non solo la comunità di Nicotera e la frazione Marina, ma anche l’ambiente della criminalità organizzata del Vibonese dove gli omicidi non sono mai casuali. Ora la paura è che una nuova guerra di ‘ndrangheta possa riesplodere in un territorio già segnato in passato da omicidi brutali. Le indagini serviranno prima ad individuare il responsabile (o i responsabili) dell’agguato mortale, poi a capire chi ha ordinato la morte di Muzzupappa e perché. (redazione@corrierecal.it)
(Foto Gazzetta del Sud)
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