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«Superbonus, costo insostenibile o un’opportunità che andrebbe cavalcata?»

È quanto si chiede in una nota Maria Elena Senese Segretario generale FenealUil Calabria

Pubblicato il: 28/11/2022 – 19:44
«Superbonus, costo insostenibile o un’opportunità che andrebbe cavalcata?»

LAMEZIA TERME «Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato in merito al superbonus ha detto: “A chi diceva che si poteva gratuitamente ristrutturare il proprio condominio ricordo che costava allo stato 60 miliardi, con un buco di 38.” Vediamo di fare un po’ di chiarezza!! Il Superbonus 110% determina sicuramente un costo per lo Stato causato da minori entrate future, ma produce anche maggiori entrate fiscali. Diversi sono gli studi sul Superbonus che hanno analizzato i dati reali e l’economia che si è generata, arrivando alla conclusione che l’impatto sulle casse dello Stato è molto basso». Lo scrive in una nota Maria Elena Senese Segretario generale FenealUil Calabria. «Un recente studio del Censis – si legge – prevede che i 55 miliardi investiti dallo Stato fino a oggi per il Superbonus hanno attivato un valore della produzione totale pari ad almeno 115 miliardi di euro, coinvolgendo 900mila unità di lavoro tra comparto dell’edilizia e indotto. La produzione aggiuntiva ha creato un gettito fiscale che ripaga circa il 70% dei costi a carico dello Stato. Gli interventi realizzati fino a oggi contribuiscono inoltre al 40% del risparmio di gas che il Governo intende realizzare attraverso le misure varate per far fronte all’inverno 2022-2023. La medesima ricerca del Censis stima che i 55 miliardi di euro di investimenti certificati dall’Enea per il periodo compreso tra agosto 2020 e ottobre 2022, legati all’utilizzo del Superbonus per l’efficientamento energetico degli edifici, hanno attivato un valore della produzione nella filiera delle costruzioni e dei servizi tecnici connessi pari a 79,7 miliardi di euro (effetto diretto), cui si sommano 36 miliardi di euro di produzione attivata in altri settori del sistema economico connesso alle componenti dell’indotto (effetto indiretto), per un totale di almeno 115 miliardi di euro. Secondo il Censis il gettito fiscale derivante da tale produzione è in grado di ripagare il 70% della spesa a carico dello Stato per le opere di efficientamento sugli edifici. Ma non solo!!!». «Il Superbonus – scrive ancora – non solo ha generato crescita, occupazione e lavoro ma, per quanto attiene agli obiettivi di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale, si stima che in due anni gli investimenti attivati abbiano prodotto non solo un abbattimento del consumo energetico per i fabbricati ma anche una minore produzione di Co2 per 1 milione e 400mila tonnellate. Sarebbe molto più interessante ed opportuno se si iniziasse a considerare il Superbonus per quello che è o meglio per la sua destinazione intrinseca, ovvero per migliorare l’efficienza energetica e la sicurezza sismica del patrimonio immobiliare e degli edifici. Non dimenticando tra l’altro anche gli edifici pubblici come municipi, scuole ed ospedali, perché permetterebbe di valorizzare il nostro patrimonio pubblico riducendo i costi futuri, ma senza aumentare deficit e debito pubblico. La vera sfida, quindi, deve consistere nel rendere sostenibile il patrimonio immobiliare. Una partita importante non solo per aiutare un settore determinante per la crescita economica come quello dell’edilizia ma anche per offrire reali possibilità di contrastare l’innalzamento dei costi energetici che pesano sulle tasche dei cittadini. Ricordiamo, a tal proposito, che il Governo ha preso un impegno con l’Europa legato al Pnrr, in particolare nella misura 2 che riguarda la transizione ecologica». «Il Governo – conclude la nota – deve rendere efficienti, ogni anno, 50 mila fabbricati per una superficie di oltre 20 milioni di metri quadrati. Come pensiamo di poter raggiungere questo obiettivo se il Superbonus viene abbattuto o ridimensionato? E, infine, rimane l’annoso e ad oggi irrisolto problema della cessione del credito con circa 40.000 imprese con i cassetti fiscali pieni, ma senza liquidità alcuna per le difficoltà che ancora si registrano nella cessione. Senza un intervento risolutivo dello Stato, si rischia il fallimento di migliaia di imprese e le conseguenze potrebbero essere pesantissime: non solo per il settore edile ma per tutta l’economia regionale».

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