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l’inchiesta

Torture e lesioni contro un detenuto che aveva osato protestare, arrestati agenti della Penitenziaria a Reggio – NOMI

Sono otto le misure cautelari eseguite nell’inchiesta della Procura. Indagati 12 poliziotti in servizio nella casa circondariale “G. Panzera”: c’è anche il comandante. Medico accusato di depistaggi…

Pubblicato il: 28/11/2022 – 12:04
Torture e lesioni contro un detenuto che aveva osato protestare, arrestati agenti della Penitenziaria a Reggio – NOMI

REGGIO CALABRIA Le contestazioni sono gravissime: tortura e lesioni personali aggravate ai danni di un detenuto che aveva messo in atto una protesta. Nella mattinata di oggi 28 novembre, agenti della Polizia di Stato, su delega della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, ha dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari, disposta dal gip del Tribunale reggino, a carico di 8 appartenenti alla Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale “G. Panzera” di Reggio Calabria. In particolare, per sei di essi è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari, mentre per gli altri due la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio.

Contestati i reati di tortura e lesioni personali a un detenuto

Agli indagati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, sono contestati i reati di tortura e lesioni personali aggravate ai danni di un detenuto dell’istituto penitenziario ove prestano servizio. Al comandante del Reparto Stefano La Cava, che figura tra gli indagati e al quale è stata applicata la misura degli arresti domiciliari, vengono contestati anche i reati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio, di calunnia e tentata concussione.

Altri quattro poliziotti nei guai assieme al medico, indagato per depistaggio

Oltre ai destinatari delle misure cautelari, sono sottoposti ad indagine ulteriori quattro poliziotti penitenziari, ai quali viene contestato il reato di tortura e lesioni personali in concorso, per i quali il gip si è riservato di valutare la richiesta di applicazione della misura cautelare interdittiva formulata dalla Procura all’esito dell’interrogatorio, e il medico dell’Istituto Penitenziario, indagato per il reato di depistaggio, per aver reso false dichiarazioni al pubblico ministero, per il quale il gip, sempre all’esito dell’interrogatorio, valuterà la richiesta di applicazione della misura della sospensione dalla professione medica.

Il detenuto picchiato dopo una protesta

I fatti contestati agli indagati risalgono al 22 gennaio 2022 e vedono come parte offesa un solo detenuto, che aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di far rientro nella cella dopo aver usufruito del previsto passeggio esterno. In risposta a tale condotta, secondo il provvisorio capo di imputazione, gli indagati avrebbero condotto illegittimamente il detenuto in una cella di isolamento, senza alcuna preventiva decisione del Consiglio di disciplina e senza alcuna che alcuna decisione fosse adottata in via cautelare dal direttore, serbando gratuite condotte di violenza e di sopraffazione fisica che avrebbero provocato al detenuto acute sofferenze fisiche mediante più condotte e sottoponendolo ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Colpito con manganellate e pugni e lasciato seminudo in cella

Nello specifico, secondo la ricostruzione operata allo stato degli atti e fatti salvi i necessari successivi accertamenti di merito, le condotte si sostanziavano nel colpire ripetutamente il detenuto con i manganelli in dotazione di reparto, ma anche con dei pugni, facendolo spogliare e lasciandolo semi nudo per oltre due ore nella cella ove era stato condotto.
Per coprire tali condotte, ed evitare conseguenze per una eventuale denuncia da parte del detenuto, il Comandante del Reparto, avrebbe poi redatto una serie di atti (relazione di servizio, comunicazione di notizie di reato ed informative al direttore del carcere), in relazione ai quali gli vengono contestati i delitti di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio e di calunnia.

Il tentativo di pressione del comandante su un altro agente

Nei giorni successivi lo stesso ufficiale avrebbe tentato di costringere, illegittimamente, un suo sottoposto a mostrargli delle relazioni di servizio relative alla sorveglianza dello stesso detenuto, e per tale motivo è stata formulata a suo carico anche l’ipotesi di reato di tentata concussione.

Indagini dopo la denuncia di altri detenuti

Le indagini, affidate dalla Procura di Reggio Calabria, alla Squadra Mobile, sono state avviate dopo la denuncia sporta dai familiari di alcuni detenuti, tutti di origine campana, a cui le persone recluse, nel corso di colloqui telefonici, avevano riferito di essere stati malmenati all’interno del carcere.
I successivi approfondimenti investigativi, anche attraverso l’escussione dei reclusi da parte del pubblico ministero titolare delle indagini, avevano permesso già in una prima fase di circoscrivere ad un solo detenuto le condotte violente, così come poi confermato dalla visione e analisi delle telecamere interne dell’istituto di pena.
«Va segnalato – si legge nella nota – che le gravi condotte contestate sono ascrivibili alla responsabilità personale solo di alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria, che presta servizio all’interno della struttura penitenziaria in questione con abnegazione, sacrificio e senso del dovere, e con pieno rispetto dei diritti e della dignità dei detenuti ivi ristretti».

Gli agenti indagati

I sei agenti di polizia penitenziaria in servizio nella casa di reclusione arrestati tra cui il comandante, Stefano La Cava, di 48 anni, sono: gli assistenti capo Fabio Morale, di 55 anni, Domenico Cuzzola (45) e Placido Giordano (51); il vice sovrintendente Pietro Luciano Giordano (55) e l’assistente Alessandro Sgrò (39).
I reati contestati nel provvedimento restrittivo sono tortura e lesioni personali aggravate. Altri due agenti, nell’ambito della stessa inchiesta, sono stati sospesi dal servizio e altri quattro risultano, al momento, indagati.

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