ACRI È una delle tradizioni più attese perché celebra un avvenimento che fa parte della dimensione religiosa ma anche culturale di ciascuno.
Grazie a esso molte comunità ritrovano lo spirito dello stare assieme, costruiscono rievocando il passato ma, in definitiva, vivono il presente con rinnovato spirito di collaborazione.
È il presepe vivente la cui origine affonda nel profondo della storia italiana e rimanda ad una delle personalità che ancora oggi è faro non solo per la dimensione cristiana ma anche e soprattutto per una modernità rilanciata, ad esempio, sui temi ambientali da Papa Francesco.
A dar vita al primo presente vivente fu infatti nel 1223 San Francesco d’Assisi che realizzò, in quel di Greccio e dopo aver ottenuto l’autorizzazione da Papa Onofrio III, una rappresentazione della Natività.
In quel primo ed originario caso la rappresentazione era perfettamente coincidente alla visione cristiana ed evangelica, presepe d’altro canto è parola che deriva dal latino “praesaepe”, letteralmente “mangiatoia” o più propriamente “recinto chiuso” per il ricovero degli animali.
A configurarlo invece con i tratti salienti e completi fu, sessant’anni dopo San Francesco, lo scultore Arnolfo di Cambio con un’opera conservata oggi nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.
Il presepe si modifica tra secoli XVII e XVIII quando artisti napoletani ne ampliano il significato inserendo scene di vita quotidiana e vissuta.
Da li in poi diventa il simbolo per eccellenza del Natale, tallonato sì dal ben più laico albero ma solido nell’essere, nella variante “vivente”, la dimensione più autentica delle festività natalizie.
In Calabria sono diverse le comunità che per settimane si impegnano nell’allestire rappresentazioni della natività che si segnalano per cura, passione, impegno, attenzione ai dettagli e capacità di costruire percorsi in grado di attrarre visitatori.
Ad Acri, in contrada Guglielmo, in queste settimane il lavoro e febbrile, le condizioni climatiche altalenanti rallentano ma certo non distolgono dall’obiettivo finale e cioè la definizione di un percorso presepiale lungo quasi un chilometro e costellato da venti postazioni dedicate ai mestieri tanto diffusi nelle comunità rurali calabresi.
Significativa quella dedicata alla lavorazione della Ginestra, fibra non pregiata come la seta ma autentico dono della natura calabrese ed elemento identitario dell’apprezzata e storica arte della tessitura.
Il presepe vivente, organizzato dall’Associazione culturale “Il Faro, Pietro Fusaro”, di fatto impegna tutti i componenti della comunità, 60 dei quali a rotazione saranno direttamente impegnati nelle postazioni.
Due gli appuntamenti in programma, il 26 e 27 dicembre dalle ore 15.30 alle 20.00.
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