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COLTIVIAMO CAPOLAVORI | Tenuta Morano, quando all’agricoltura si coniugano qualità, passione e innovazione

Patrizia Morano ospite de L’altro Corriere Tv: «Diciamo no al caporalato. La sfida è automatizzare l’agricoltura senza snaturarla»

Pubblicato il: 30/11/2022 – 8:07
COLTIVIAMO CAPOLAVORI | Tenuta Morano, quando all’agricoltura si coniugano qualità, passione e innovazione

LAMEZIA TERME Nuovo viaggio di “Coltiviamo capolavori”, l’approfondimento sul mondo dell’agricoltura, questa volta nella Locride e nei sessanta ettari della Tenuta Morano, che si estende nel comune di Portigliola.
Ospite di Saveria Sesto negli studi di Lamezia Terme, l’imprenditrice e ingegnere informatico, Patrizia Morano, che gestisce l’azienda insieme al padre e alla madre. Una tenuta incastonata nel parco archeologico di Locri-Epizefiri, quindi sottoposta a vincoli e prescrizioni della Soprintendenza dei beni culturali.

L’indirizzo produttivo

«Coltiviamo prevalentemente agrumi, ulivo e – racconta Patrizia Morano – grazie alle sperimentazioni di mio padre, anche pesche, albicocche, nespole, con trasformazioni di nicchia come le composte e i sottoli in extravergine lavorati artigianalmente».
Una superficie di circa dieci ettari, che produce «un centinaio di tonnellate l’anno è dedicata alla coltivazione di agrumi, clementine, pompelmi, tardivo di cianculli che è una tipologia di mandarino e mandarini comuni che vengono utilizzati per estrarre gli oli essenziali dedicati all’industria profumiera».
Le nespole, sottolinea, sono state una scommessa. «Il nespolo si trova ovunque in Calabria ma l’idea di iniziare la commercializzazione del frutto ci ha visti pionieri. Avevamo competenze sugli agrumi, per le nespole sono stati necessari degli studi per ottenere ad un prodotto di qualità».

La produzione aziendale prosegue con «pesche, albicocche e fragole in pieno campo per le quali non utilizziamo alcun tipo di pesticida, ma degli insetti che riescono a contrastare i patogeni che renderebbero le fragole con qualche difetto. Le fragole sono impiantate a settembre e le primissime vengono raccolte a dicembre».
«Quando la mia famiglia ha acquisito la proprietà, era disseminata di ulivi imponenti della “grossa” di Gerace – prosegue Patrizia Morano – e noi ne abbiamo rispettato la vocazione. La superficie olivetata è distribuita un po’ in tutta l’azienda e di ulivi della stessa cultivar ne abbiamo impiantati anche in aree collinari per contrastare l’erosione delle acque, insieme alla lavanda e lentisco, un’ottima pianta che compatta il terreno».
Dalle olive viene «estratto a freddo e non filtrato, l’olio extravergine, in modo tale che mantenga tutte le proprietà organolettiche. Una parte della produzione delle olive viene trasformata in conserve in salamoia, schiacciate sott’olio e nere al forno».

I mercati

«Una quota importante di produzione – spiega ancora Morano – viene inviata alla lavorazione e poi sui mercati che raggiungono il nord Italia. Una piccola parte è destinata alla commercializzazione in Calabria con il marchio “Dolcissima Tenuta Morano” che si distingue per il tenore zuccherino. I nostri prodotti raggiungono la Svizzera, l’Olanda, la Francia, la Germania e sono apprezzati perché la nostra mission e farli degustare appena raccolti e spediti con tempestività. Utilizziamo anche il commercio elettronico».

La trasformazione

«Abbiamo una piccola coltivazione di ortaggi – specifica Patrizia Morano – che in giornata vengono raccolti, lavorati in un laboratorio di Cittanova, tagliati e lavati a mano, mantenendo così la tradizioni conservaturiera calabrese. Produciamo varie composte di agrumi, bergamotto, arance, arance amare, mandarini, pesche, albicocche e fragole, composte di zucca, peperoncino; melanzane, zucchine e finocchi sott’olio, olive in salamoia e la passata di pomodoro. Anche questa senza conservanti, è un prodotto che ricorda la cucina tradizionale. Produciamo anche gli olii aromatizzati con gli aromi del nostro territorio».

«No al caporalato»

La manodopera dell’azienda è internazionale. «Abbiamo con noi indiani, ucraini, africani e cerchiamo di farli vivere dignitosamente in un modello di integrazione sociale applicata sul campo». Patrizia Morano è la presidente di Confagricoltura Donna Calabria ed ha aderito al progetto “No cap”, no al caporalato.
«Proprio perché non abbiamo filtri nel rapporto diretto con i lavoratori, stiamo avviando una partnership con un’associazione che ci aiuta ad assumere manodopera con una garanzia: che lavorino a loro agio e vivano in case accoglienti. Si tratta di un’altra sfida, perché questo comporta oneri, ma ci sentiamo di affrontarla: vogliamo lanciare un messaggio diverso ai lavoratori e a noi stessi».

Innovazione e digitalizzazione

«Provenendo dal mondo dell’intelligenza artificiale – dice poi Patrizia Morano – la sfida è automatizzare un comparto tradizionale come l’agricoltura ma senza snaturarne la sostanza. Abbiamo applicato molta domotica all’azienda e molte cose le facciamo con un “click”. Stiamo guardando con interesse alle energie alternative come quella solare ed all’irrigazione di precisione. È in fase sperimentale il progetto di irrigazione di precisione su un appezzamento in cui abbiamo avviato dei test: se c’è una minima escursione termica, le sonde inserite nella pianta elaborano i dati dell’umidità è stabiliscono quando necessita di essere irrigata. Poi per garantire la filiera di qualità, dalla pianta alla tavola, abbiamo pensato di inserire un Qr-code grazie al quale si segue quel determinato prodotto da quando viene raccolto, elaborato dal sistema informatico e agganciato alla cassetta che poi arriva sulla tavola del consumatore: così può seguire la tracciabilità di ciò che sta mangiando».
«E nei progetti futuri – conclude Patrizia Morano – mi piacerebbe sfruttare una pianta mediterranea selvatica e spontanea, il lentisco, per la farmaceutica e come mastice e collante, o produrne la materia prima che viene utilizzata anche per gli impianti odontoiatrici». (redazione@corrierecal.it)

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