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«Addio a Gerardo Bianco, galantuomo e maestro della politica»

Gerardo Bianco è stato per me, come per tanti altri che hanno avuto la fortuna di incrociarlo nella loro esperienza politica, un maestro e un amico. Fine latinista prestato alla politica ma sempre…

Pubblicato il: 01/12/2022 – 17:52
di NICODEMO OLIVERIO*
«Addio a Gerardo Bianco, galantuomo e maestro della politica»

Gerardo Bianco è stato per me, come per tanti altri che hanno avuto la fortuna di incrociarlo nella loro esperienza politica, un maestro e un amico. Fine latinista prestato alla politica ma sempre con l’autorevolezza dell’uomo di solide radici, appassionato meridionalista, rigoroso custode dell’architettura parlamentare della Repubblica e quindi delle prerogative delle Camere, convinto sostenitore del ruolo dei partiti senza mai però chiudere gli occhi dinanzi alle distorsioni che avevano portato alla grande crisi del ’92 – ’94 e, come nella più alta tradizione della politica italiana, cultore degli studi classici, in particolare della letteratura latina che amava e citava con grande dimestichezza. La lunga consuetudine con lui, soprattutto negli anni complessi all’indomani della scissione di Buttiglione, dei primi passi del centrosinistra e di una riflessione – in realtà mai compiuta del tutto – sul “come esserci” dei cattolici nella politica italiana dopo l’esaurimento della esperienza della Democrazia cristiana sarebbero una fonte copiosa di ricordi, episodi e aneddoti. Ha attraversato per mezzo secolo le vicende italiane al vertice delle istituzioni, soprattutto parlamentari, ma non è mai stato un potente della politica. Eppure nel momento dell’attacco frontale è stato uno dei suoi più coraggiosi sostenitori. A me piace oggi ricordare proprio la simpatia e la fiducia che ha saputo trasmettere ai giovani in quella stagione di avversione ai partiti e ai loro gruppi dirigenti e nel contempo al manifestarsi dei primi arrembanti segnali di una politica giocata soprattutto sui canali della comunicazione fino a sfondare le barriere del marketing. Questo grande parlamentare era l’esatto opposto della “narrazione” che il berlusconismo stava imponendo, cercando di imporsi anche tra i giovani. Gerardo Bianco, che era arrivato a guidare il gruppo della Dc nel 1979 grazie ai “peones” che si ribellarono alle imposizioni dall’alto non ha mai fatto sconti ai vizi della Dc, alle incrostazioni di potere che erano divenute le correnti a livello centrale e periferico all’impoverimento della capacità di pensare il ruolo del Paese, del rapporto tra economia e società all’indomani dell’esaurirsi del grande sviluppo economico della ricostruzione. Fu un convinto assertore del peso sempre più decisivo dell’appartenenza alla famiglia europea, della riscrittura degli equilibri geopolitici per effetto delle scosse nell’est europeo dopo il crollo del Muro nell’89. Ma non ha ceduto di un millimetro rispetto all’idea, che pure trovava sponsor e sostenitori nel campo del centrosinistra, che i vizi dei partiti potessero essere curati dai leader carismatici, capi di partiti-azienda o partiti-personali. Gerry White per “i popolari di Bianco”, era un maestro così come per tanti giovani cattolici impegnati in politica. Un testimone di passione politica. Un protagonista della storia e della dignità del cattolicesimo democratico. Un galantuomo della politica che sapeva conversare con l’elettore più semplice e confrontarsi con autorevolezza con gli uomini di cultura. La politica come servizio, come riscatto per la parte meno garantita della società, come luogo deputato a costruire e cucire quegli equilibri necessari perché la società vada avanti nella giustizia sociale e nel contrasto alle diseguaglianze generazionali, territoriali, sociali: questo era per Gerardo Bianco la politica che quanti, motivati dalla fede, decidevano di impegnarsi nella istituzioni nazionali, internazionali, locali. L’ultima battaglia, a ridosso delle ultime elezioni, contro il presidenzialismo, che – ha sostenuto – non può essere imposto da una parte sola e soprattutto, ne era convinto, rischia di mettere in discussione, con il ruolo dell’Arbitro, l’autonomia e la dignità del Parlamento, per difendere le quali ha impiegato tutta una vita di impegno politico.

*Già dirigente della Dc e parlamentare del Pd

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