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Beni confiscati nonostante l’assoluzione, il caso di un imprenditore reggino davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro

Francesco Gregorio Quattrone si era incatenato davanti ai tribunali di Reggio Calabria e Catanzaro. I legali: «Vittima di un equivoco giudiziario»

Pubblicato il: 01/12/2022 – 11:53
di Mariateresa Ripolo
Beni confiscati nonostante l’assoluzione, il caso di un imprenditore reggino davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro

REGGIO CALABRIA Si era incatenato davanti ai tribunali di Reggio Calabria e Catanzaro per contestare un provvedimento che lo aveva lasciato con soli «300 euro in tasca». Questo quanto l’imprenditore reggino Francesco Gregorio Quattrone aveva spiegato nel corso delle sue proteste pacifiche davanti ai palazzi di giustizia, con una catena al collo e un cartello dove raccontava tutta la sua odissea giudiziaria iniziata nel 2010. Adesso il caso del 65enne tornerà in tribunale. Il 15 marzo 2023 il collegio difensivo formato dagli avvocati Anselmo Mancuso e Maria Vazzana sarà davanti alla Corte di Appello di Catanzaro per la prima udienza della revocazione della confisca.

La vicenda torna in aula

Dopo l’indagine della Dia di Reggio Calabria a suo carico all’imprenditore reggino sono stati sequestrati 58 immobili, beni aziendali e altri beni del valore di 20 milioni di euro. Un provvedimento ancora in atto nonostante l’assoluzione dell’uomo, che si ritiene per questo «vittima di un equivoco giudiziario». Da qui la decisione di avvalersi, con i suoi legali, di consulenti esperti nel settore, professionisti a livello nazionale, per riavviare la revocazione della confisca. «Abbiamo prove nuove asseverate che dimostrano il contrario di quanto alla base del provvedimento ablativo, è stato effettuato un lavoro di precisione e ricostruzione dei singoli elementi, il nuovo corredo probatorio portato all’attenzione della Corte di Appello chiamata a valutare la revocazione de qua è articolato e asseverato da prova scientifica inopinabile», spiegano gli avvocati Mancuso e Vazzana che aggiungono: «Abbiamo prodotto la certezza e chiarito ogni equivoco sulla posizione del nostro assistito, che riteniamo dalla lettura delle carte che abbiamo avuto modo di valutare nonché dal corredo probatorio emerso, sia vittima di un equivoco giudiziario, che siamo ben lieti di poter chiarire definitivamente, e ridare giustizia giusta a quest’uomo ad oggi dilaniato da un provvedimento ablativo per comportamenti estranei allo stesso». I due legali di Quattrone si propongono di dimostrare «la totale estraneità dello stesso ai fatti contestati che hanno portato la conseguenziale confisca dei propri beni, quei beni che il Quattrone ebbe modo di costruire con anni di duro lavoro, con onestà. Ad oggi, il nostro assistito ha nuova speranza e fiducia nella giustizia, Quattrone si era incatenato per molti giorni davanti ai palazzi di giustizia, la sua pacifica protesta non terminò mai con l’arresa, ma si fermò provvisoriamente per la grande stima e fiducia che lo stesso, insieme al collegio difensivo che lo rappresenta, pone nella giustizia».

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