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Tra Vittorio De Seta e il Minotauro. I temi della cultura meridionale in mostra a Catania grazie alla Cineteca della Calabria

Dopo una tournée festivaliera tra Basilicata, Sicilia e Campania, il film di Eugenio Attanasio arriverà in dicembre nelle sale calabresi

Pubblicato il: 01/12/2022 – 19:12
Tra Vittorio De Seta e il Minotauro. I temi della cultura meridionale in mostra a Catania grazie alla Cineteca della Calabria

CATANZARO Cultura da esportazione grazie alla Cineteca della Calabria e alla fiorente attività di circuitazione dei suoi lavori come il film “Figli del Minotauro/storie di uomini e animali” e La Mostra fotografica Vittorio de Seta Cinema di un maestro, curata da Eugenio Attanasio e Antonio Renda premiata al Festival del Cinema di Catania. La cineteca ha sede a Catanzaro dove opera attraverso la Casa del cinema, diretta da Davide Cosco e il Circolo del cinema Cinemazaro, presieduto da Domenico Levato. La lezione, ben appresa dai suoi discepoli, viene proprio dal maestro de Seta che ha creato una scuola dello sguardo, insegnando e ridefinendo il concetto di produzione, secondo i parametri dell’antropologia. Fin dalla sua costituzione nel lontano 1998 la Cineteca della Calabria si è impegnata a diffondere la conoscenza e la valorizzazione dei grandi meridionalisti del cinema come Vittorio de Seta e Luigi di Gianni che, quando negli anni ’50 si raccontavano le periferie urbane delle grandi città, scendevano a Sud per testimoniare la valenza, la forza e l’identificazione culturale della civiltà contadina. Sono concetti che in piena epoca virtuale e di metaverso, assumono anche nuovi significati, senza perdere di vista però gli obiettivi. De seta è stato l’ultimo grande cantore della società contadina e pastorale che è quella protagonista nel film “Figli del Minotauro”; il mondo degli allevatori transumanti di podoliche che sopravvive ancora nel terzo millennio e che rappresenta un perfetto equilibrio tra specie umane, animali e vegetali, ponendosi come modello per un’ecologia sostenibile. De Seta, come anche Pasolini hanno saputo iconizzare un mondo che, con l’avvento della società industriale sarebbe scomparso, che durava da millenni. Da tempo immemorabile, infatti, gli uomini seguono gli animali e stagionalmente li accompagnano verso i pascoli estivi in montagna, salvo poi discendere d’inverno verso le marine al cadere della prima neve. Come i pastori orgolesi, i mandriani calabresi praticano un’agricoltura eroica ed epica, immutata nei secoli, che riesce a mantenersi disdegnando l’allevamento stallino ed intensivo. La transumanza qui diventa la metafora di un percorso che uomini e animali compiono insieme, sin da quando il primo artista del mesolitico incise nella grotta del romito a Papasidero il profilo di un bos primigenius, con intenti ancora non perfettamente noti. Era quello un momento in cui l’uomo aveva timore delle forze della natura e traeva ispirazione da esse per le prime forme d’arte. Oggi che sembra avere vinto questa battaglia, l’essere umano si pone al centro di una terra che vede come risorse da sfruttare. Il cinema di Vittorio de Seta e dei suoi allievi rappresenta un forte contravveleno a questo sistema, imponendo delle riflessioni antropologiche sulle derive della società contemporanea, ma anche sulla sopravvivenza di culture, che una volta venivano definite arcaiche, ma che oggi sanno essere moderne, come quella del pastoralismo. Dopo una tournée festivaliera tra Basilicata, Sicilia e Campania, il film di Eugenio Attanasio arriverà in dicembre nelle sale calabresi.

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