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«Il ponte sullo stretto che non si è mai fatto è già costato 1,2 miliardi»

La giornalista Milena Gabanelli ricostruisce sul Corriere della Sera la storia del possibile collegamento tra la Calabria e la Sicilia

Pubblicato il: 05/12/2022 – 21:16
«Il ponte sullo stretto che non si è mai fatto è già costato 1,2 miliardi»

ROMA “Il ponte sullo stretto che non si è mai fatto è già costato 1,2 miliardi”. E’ quanto scrive la giornalista Milena Gabanelli in “Dataroom” la sua rubrica settimana sul Corriere della Sera. L’ex conduttrice di Report, ripercorre i vari momenti storici che hanno portato i vari governi nazionali a studiare la possibilità di un collegamento tra la Calabria e la Sicilia.  “Il primo a studiare la possibilità di un collegamento – ricorda Gabanelli – fu il ministro dei Lavori pubblici del governo La Marmora, Stefano Jacini, nel 1866. Un secolo dopo, nel 1965, il ponte divenne una copertina della Domenica del Corriere. Ma il vero conto, e dunque costo del Ponte, inizia nel 1968 quando l’Anas indice un concorso di idee internazionale denominato Progetto 80. Tra i vincitori c’è l’ingegnere Sergio Musmeci che pensa a un ponte a una campata con due piloni alti 600 metri sulla terraferma per evitare di dover lavorare sul disastroso fondo marino dello stretto: instabile e a forma di V. Lo stesso Musmeci però non lo considera fattibile perché non esistono ancora materiali adatti a garantire la sicurezza per sostenere quei 3 km. Troppe vibrazioni legate al vento”. La giornalista ricorda poi “il 1981 e il 1997” in cui “vengono spesi 135 miliardi di lire per vari studi più o meno di fattibilità. Ma è il governo Berlusconi – scrive – che passa ai fatti. Su progetto a campata unica con Pietro Lunardi ministro delle Infrastrutture, nel 2003, viene aperto un primo cantiere a Cannitello per spostare la rete ferroviaria che passa proprio dove viene fatto un buco grande come un campo da calcio e profondo 60 metri per l’ancoraggio dei cavi. Il conto totale in euro, al 2003, è già salito a oltre 130 milioni (fonte Corte dei Conti). Nel frattempo erano già morte sia l’Iri che la Democrazia Cristina che avevano avviato l’idea. La società Stretto di Messina finisce dunque dopo vari cambi per essere controllata nel 2007 all’81,84% da Anas (oggi parte di Ferrovie dello Stato) e partecipata da Rete ferroviaria italiana (Rfi), Regione Calabria e Sicilia. Con il ritorno a Palazzo Chigi di Prodi il progetto frena, per ripartire due anni dopo con il Berlusconi IV. Di pari passo c’è il braccio di ferro fra i sostenitori: porterà sviluppo al Mezzogiorno e sarà una grande attrazione turistica. E i detrattori: bisogna prima modernizzare i trasporti della Sicilia e Calabria. Sopra le parti una nutrita schiera di ingegneri pone l’annosa questione legata alla sicurezza dell’infrastruttura”.

Il costo del ponte oggi

“Tirando le somme – scrive sempre Gabanelli – se tutto andrà male (per i processi bisogna attendere il 2023) il conto del ponte che non si è fatto sarà di circa 1,2 miliardi. Il costo del ponte che oggi si vorrebbe fare, secondo il Ministro Salvini, è di 6-7 miliardi. Da dove arrivi questa stima non si capisce poiché di concreto ancora non si è mosso nulla. C’è invece un rimpallo di 50 milioni. Sono i soldi messi a disposizione dalla ministra De Micheli nel 2020 al gruppo di lavoro per valutare soluzioni alternative al ponte a campata unica. Lo scorso giugno l’allora ministro Enrico Giovannini aveva mandato l’esito del gruppi di lavoro a Rfi, chiedendo di fare un nuovo studio di fattibilità e trasferendo a loro i 50 milioni. Ora nella nuova legge di bilancio, all’art. 82 si legge che il ponte è un’opera prioritaria ed «entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge la Società Stretto di Messina rinuncia a tutte le pretese nei confronti della pubblica amministrazione, e viene revocato lo stato di liquidazione in deroga a quanto previsto dal codice civile, mentre Rfi e Anas (in quanto soci della Stretto di Messina) sono autorizzate a fare un aumento di capitale di 50 milioni per riorganizzare la società». In altre parole: si riparte da dove eravamo rimasti, e i 50 milioni che dovevano servire al nuovo studio di fattibilità vanno a resuscitare la Stretto di Messina che, ricordiamo, sta subendo le cause di Eurolink. Anche i problemi però sono rimasti ancora quelli di Musmeci: 3 km esposti a venti e correnti molto forti, fondale e V e su una faglia ad alto rischio sismico: fino a 7.3 gradi Richter, come nel terremoto del 1908, quello che ha distrutto Messina. La buona notizia è che nel frattempo con il Pnrr sono stati pianificati 500 milioni nella rete di treni e traghetti per collegare più velocemente Calabria e Sicilia”.

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